Luciana Castellina ricorda un grande uomo: Michail Gorbatchev

Gli anni Ottanta dello scorso secolo sono stati la vera cesura tra un mondo sostanzialmente ottocentesco, fatto di intrighi, guerre e guerricciole, di insurrezioni, risorgiment e,  anche,  di ideali e qualcosa di “nuovo”. l primo era, sicuramente, un mondo “bello” e picevole ma destinato all’estinzione. Ucciso dalla doppiezza delle Segreterie di Stato e di Partito, dalla voracità delle Multinazionali che hanno , di fatto, ridisegnato la geografia (e la storia) del mondo. Ucciso dalla dabbenaggine della popolazione, pochi esclusi a livello mondiale, che continuavano (continuavamo) a ragionare di un mondo “bello”, quando invece la porta di ferro era chiusa per sempre. Se ne era accorto Krutschev all’indomani della morte di Stalin in pieno dopoguerra, cercando di far capire che quel sistema, fatto di ordini, di “piramidi forzate”, di clientelismi…doveva finire. In Urss come – fu lui uno dei sostenitori della chiusura del Colonialismo – dappertutto nel mondo. Gli errori di Cuba e di Turchia, nei primi anni Sessanta, gli costarono il posto e lo portarono ad un prepensionamento forzato. Poi la “troika” di Breznev, Podgorny e Kassighyn, con il ministro del esteri Gromyko a fare da vero fil rouge. Anche Andropov, pur nella sua funzione di massimo conoscitore del KGB e di tutto l’insieme dell’avanterra e retroterra russo, se ne rese conto e cercò di mutare rotta, dopo la frenata della “troyka”. Ma non ci riuscì, anche per mancanza di tempo. Così il testimone, proprio ad inizio anni Ottanta, è passato a Michail Gorbatchev…ben conscio dell’immane lavoro da svolgere e degli innumerevoli problemi da risolvere. La contesa sui  missili, la difficile pace mondiale sempre minacciata, le Nazioni dell’Est europeo (giustamente) sempre più indipendenti. Infine “Chernobyl”. Una serie di schiaffi che avrebbero schiantato anche il politico più sgamato e garantito, figuriamoci un “coraggioso” in un mondo di squali, tale era – realmente – il “politburo” di allora, in cui ogni scusa era buona per criticare e mettere zizzania. Lui è andato avanti comunque. Ha capito che il “carrozzone” non poteva più essere salvato , se non con una revisione / ristrutturazione, radicale. E quella fece. Di questo, e altro, ci parla la nostra amica Luciana Castellina, a cui affidiamo volentieri l’Editoriale della settimana.  Un modo, significativo, di ricordarlo.

Dobbiamo chiedergli scusa

Il ricordo La guerra in corso è colpa di Putin, su questo non ci sono dubbi, ma le sue radici stanno nell’imbroglio che l’Occidente ha perpetrato ai danni di Gorby che aveva sperato
nella possibilità, abbattuto il Muro, di costruire un’Europa autonoma dai blocchi, una rete che via via avrebbe dovuto reinserire la grande Russia nel contesto storico di cui, nel bene
e nel male, è stata sempre parte.
L’ho conosciuto «Gorby», così lo chiamavamo. L’ho anche incontrato parecchie volte, naturalmente quando non era più presidente dell’Urss che del resto nemmeno esisteva più.
Aveva comunque tante cose da raccontare su cui era facile discutere, perché sebbene sia stato una figura così importante gli piaceva lo scambio e mi chiamava persino Luciana.
Merito di questi incontri, Giulietto Chiesa che era stato a lungo corrispondente a Mosca, prima dell’Unità poi della Stampa, che gli era amico e che ha avuto il merito, abbastanza raro, di farcelo conoscere bene, prima e dopo. E che così, nel 1993. divenne il rappresentante della Fondazione Gorbachov in Italia, con sede a Bosco Marengo, provincia di Alessandria, luogo un po’ decentrato come è evidente, visto il disinteresse della nostra capitale.

LA FONDAZIONE, che operò in tutta Europa e tuttora esiste in Russia, non aveva grandi mezzi. Fu finanziata da Gorby stesso con i pochi soldi che aveva guadagnato non ricordo più con quale pubblicità, visto che dopo esser stato defenestrato da Eltsin non gli era rimasto quasi niente, nemmeno più la amata dacia, giusto la sua abitazione di Mosca, dove ha continuato a vivere con l’amatissima Raissa, donna di grande intelligenza e simpatia, fin quando non è prematuramente scomparsa nel 1999.
IN QUESTI ULTIMI MESI, per via della guerra in Ucraina, ho ripensato molto a Gorby e alle conversazioni che avemmo le molte volte che è venuto in Italia grazie a Giulietto, coadiuvato da Popov, ex funzionario dell’Ambasciata in Italia. Con rabbia, per come è stato trattato dalla storia: in patria, dove il suo tentativo di riforma economica e politica del paese si è accompagnato, a differenza della Cina, con una radicale apertura alla democrazia fu, accolto con diffidenza. Fino a diventare uomo impopolarissimo: i russi non gli hanno perdonato di aver «degradato» il paese da grande potenza a entità marginale, per aver rinunciato in fretta alla presenza militare del patto di Varsavia oltre l’Elba, nel tentativo di porre fine alla guerra fredda, mentre la Nato, non solo non faceva altrettanto all’est ma addirittura, allo stesso tempo, avviava un rapido processo di rafforzamento che l’ha portata quasi subito a passare da 12 a 30 stati membri.
LA GUERRA DI OGGI è colpa di Putin, su questo non ci sono dubbi, ma le sue radici stanno proprio nell’imbroglio che l’Occidente ha perpetrato ai danni di Gorby che aveva sperato
nella possibilità, abbattuto il Muro, di costruire un’Europa autonoma dai blocchi, una rete che via via avrebbe dovuto reinserire la grande Russia nel contesto storico di cui, nel bene
e nel male, è stata sempre parte.
VORREI PERÒ che in queste ore non fossimo solo presi dal compianto, ma pronti all’autocritica che anche noi, sinistra, dobbiamo farci: perché non solo non siamo stati sufficientemente attenti ai processi che si sono innescati dall’89 in poi e che hanno via via portato a questa guerra che rischia di coinvolgere il mondo e già si prevede che durerà chissà quanto. Se li avessimo denunciati per tempo, forse avremmo potuto evitare che diventassero terreno di cultura del peggior nazionalismo russo, cavalcato da Putin che ne ha fatto la sua pedana di lancio. Avremmo dovuto soprattutto – e questo era specifico compito nostro, della sinistra – intensificare i rapporti con quella Russia che usciva disorientata dalla sconfitta dell’Urss, moltiplicare le iniziative comuni affinché le nuove
generazioni trovassero un supporto da quella parte dell’Occidente che aveva qualcosa da insegnare. Non lo abbiamo fatto, né i sindacati, né le Ong, né i grandi movimenti mondiali no global, né i partiti, né le istituzioni culturali.
VORREI CHIEDESSIMO SCUSA a Gorbaciov e ci impegnassimo d’ora in avanti a fare quanto è necessario anche in questo drammatico frangente della guerra. La pace non si conquista solo con il dialogo diplomatico, anche con l’egemonia culturale.

 

– Luciana Castellina, 01.09.2022
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