Non vi sarà sfuggito che il povero Trump è nei guai con l’FBI. Si sa che quando i G-men (i federali) ti entrano in casa e la perquisiscono da cima a fondo, le cose per te non si stanno mettendo proprio bene. Ma io adesso non voglio parlare di questo. No, io voglio parlare di Mar-a-Lago, ebbene sì, la residenza, la magione, la megavilla trumpiana in Florida, Palm Beach, occupata abitualmente da uno spaparanzato 45° presidente degli Stati Uniti nuovamente in campagna elettorale per provare a scalzare gli odiati democratici dalla Casa Bianca, nonché noto aspirante golpista il 6 gennaio del 2021 (è per questo che lo perquisiscono ovviamente). Perché io sono rimasto estasiato dalla visione di Mar-a-Lago, da questa summa teologica del kitsch architettonico, come immortalata in prima pagina dal New York Times in tutto il suo mirabolante cattivo gusto. Che già avevo intravisto altre volte sui media, ma senza mai porvi molta attenzione.
Vediamo subito una imponente esedra copiata dai mercati di Traiano, nientemeno, giusto per essere umili. Con, incastrata davanti in qualche modo, una grande scalinata in stile Villa Farnese del Vignola. E ancora prima verso di noi davanti alla curva dello scalone manierista una fontana ovale, ispirata naturalmente alla Barcaccia dei Bernini. E poi l’immancabile grande piscina ispirata, questa volta, all’esibizionismo più scontato e allo spreco di preziose risorse idriche, con la spiaggia a poche decine di metri ma è un elemento di sfarzo contemporaneo che nella magione di un tycoon non può mancare, per i party serali con il bel mondo dei moderni “masters of the universe” o per le “cene eleganti” (perché comunque noi abbiamo anche avuto l’onore di precederli anche in questo). Tutto è sormontato da una loggia in stile rinascimentale che percorre tutta la lunghezza del grande fabbricato. E sullo sfondo sul corpo di fabbrica si staglia un grande torracchione giallo in stile art nouveau (basta fare un giro a Torino, peraltro, e se ne possono vedere a bizzeffe e di maggiore interesse architettonico, o nel bellissimo quartiere Coppedé a Roma). Gli interni però, o almeno una parte, sono in gotico fiorito (perlomeno, da quello che si vede nelle foto degli interni con Donald tronfiamente in primo piano). Poche volte si è visto qualcosa di più pacchiano di questo informe ammasso di costose riproduzioni di capolavori architettonici italici.
Ma non voglio qui biasimare gli architetti Wyeth e Urban, evidentemente impegnati a soddisfare l’ego sconfinato dei loro committenti e divertendosi a dare sfogo con mezzi illimitati alle loro conoscenze classiche. Mar-a-Lago non è stato costruito, infatti, da Trump ma dall’ereditiera dei cornflakes Marjorie Merriweather Post fra il 1924 e il 1927 e dal marito. Una dinastia che ha fatto i miliardi con la colazione dei campioni. Che quando noi eravamo ancora un paese povero e agricolo loro erano già devoti al dio della pubblicità e dell’iper-consumismo: in questo ci hanno preceduti alla grande, anche se sia pure con diversi decenni di ritardo ne siamo diventati dei fedeli devoti. La quale ereditiera Post tentò anche di lasciarla a sua volta in eredità, la villona, al governo degli Stati Uniti come residenza invernale del presidente USA. Il Congresso però, dopo pochi anni, visti i costi iperbolici di manutenzione, la restituì ai proprietari. Ma Trump che ne è entrato in possesso, erede a sua volta di una dinastia di grandi costruttori, ne rappresenta in pieno lo spirito e quindi da 45° presidente vi si stabilisce sfidando il protocollo e la tradizionale decenza presidenziale.
Di questa megalomania da miliardari americani che bramano ricostruire grandi magioni e castelli e collezionare opere d’arte si è occupato varie volte anche il cinema. Ricordiamo il celeberrimo Citizen Kane di Orson Welles ispirato alla vita di William Randolph Hearst e recentemente Tutti i soldi del mondo di Ridley Scott sul sequestro avvenuto in Italia nel 1973 del giovane John Paul Getty III da parte della ‘ndrangheta. Il cui nonno John Paul Getty, petroliere e fondatore del Getty Museum, noto trafugatore di opere d’arte, nelle scene del film camminando insieme al ragazzo fra le rovine della villa di Adriano a Tivoli gli rivela di essere la reincarnazione del grande imperatore e che dunque tutto questo gli appartiene, se non fosse che le autorità gli mettono i bastoni fra le ruote… (e infatti il Getty Museum di Malibù è una copia fedele della villa di Tivoli).
Perché con tutti i soldi del mondo ti senti padrone del mondo, di più, ti senti un immortale, e chi se non un imperatore romano può starti alla pari? E quindi queste autorità che si frappongono fra Trump e i suoi sogni di potere, di vendetta e di rivincita, che vorranno mai? La sintomatica pacchianeria di queste residenze faraoniche (anche se il Getty Museum almeno ha il merito di far conoscere l’arte classica antica a chi sta al di là dell’Atlantico e non la può apprezzare da vicino) ci fa però pensare: noi che siamo orgogliosamente dei “normali”, non abbiamo “tutti i soldi del mondo” e non vogliamo essere “masters of the universe” abbiamo il privilegio che loro non hanno, possiamo caricare la bici su un treno regionale e andare a visitare tutte queste meraviglie dell’arte e dell’architettura, malamente copiate dagli spendaccioni ultra-miliardari che ce le invidiano (perché sono nostre, patrimonio pubblico italiano oltre che dell’umanità) spendendo poco e niente. Alle volte, per chi vive in una città d’arte, basta mettere il naso fuori di casa e farsi un giro a piedi in città. O al limite, una scampagnata.
Anzi sarà meglio approfittarne finché siamo in tempo prima che i nostri “politici” (qui le virgolette ormai sono obbligatorie) insieme ai loro amici banchieri (senza virgolette) svendano davvero tutto ad Amazon, o agli oligarchi russi, o ai fondi sovrani del Qatar (il sindaco di Milano, Sala, con il suo predecessore Pisapia si sono già bene avviati al proposito…) … ché tutto oggi si può cartolarizzare e farne un bel pacchetto di derivati, anche il Colosseo e la Fontana di Trevi. Totò all’epoca non lo poteva immaginare che Tremonti e i suoi successori alle finanze avrebbero realizzato la sua idea, mancava solo un po’ di “competenza” ma oggi dopo 30 anni di governi “tecnici”, guidati da insigni e competenti economisti (senza virgolette) non eletti siamo ormai all’avanguardia. E del resto in Grecia, ci stanno bagnando il naso, dobbiamo recuperare. Perché un miliardario non potrà comprare la Fontana di Trevi, ma un fondo avvoltoio sì, anche con un bel voto delle società di rating e chissà, Renzi e Calenda diranno che è il progresso, del resto la fontana rimarrebbe lì, è solo una piccola operazione finanziaria… si tratta solo di poterne sfruttare un po’ l’immagine, affittandola per feste di alto livello, serate di gala, presentazione dei libri di Veltroni e cene eleganti…
Filippo Boatti
10 agosto 2022
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