Massimo Scalia. Tecnico di vaglia con sensibilità politico-sociale non comune

Ormai anche le Liste Verdi, Europa Verde, Futuro Verde Europa o come vorranno chiamarsi, sono succubi di due “must” della politica attuale: il “dirigismo” (o vita politica “a piramide”) e il culto della “competenza”. Niente di particolare… si tratta di convocare in “panel” o siparietti abbastanza prive’ da non dare nell’occhio, per agganciare futuri “portatori di idee” anzi, potenziali portatori di voti. Perché quello serve al “dirigente”, colui o colei che sta in cima o a metà della piramide…a prescindere dal contenuto espresso. Serve un vincente in vetrina, qualcuno da poter manovrare e che mantenga viva l’attenzione…a prescindere dalle proposte. Anzi … più è “mainstream”, più è “comune” e accettato dal senso etico/politico comune (per quel che resta) meglio è. Il gioco si farà nelle aule consiliari a qualsiasi livello, nei corridoi, per telefono, fax (si usa ancora?) cellulari antichi o modernissimi con sensori particolari, che parlano, bisbigliano, ti frugano, … basta che sia tutto pronto quando si dovranno prendere le decisioni che, a quel punto, saranno già state assunte. Ci si limiterà a qualche frase di cortesia, a qualche generico impegno “per l’ambiente”, “uh… che meraviglia la resilienza”, a qualche complimento a questo o quel personaggio artefice dieci o quindici anni fa di imprese mirabolanti che, a distanza, cambiano poco in bene o in male. Tutto già pronto, tutto già preconfezionato con i “competenti” (eccoli…) a preparare il menu finale, che sia per le energie rinnovabili o per la scelta del partner migliore per il comparto rifiuti o per celebrare la pace…un esperto si trova sempre, colei o colui che ha le competenze, con le stelline universitarie giuste, che dice – con una certa supponenza – ciò che si dovrebbe fare e non fanno gli altri… (sempre “gli altri”, i cattivoni).

Il “competente” per antonomasia sa tutto (quel che si deve sapere), arriva sempre al momento giusto e sempre con i toni più adatti. Sa tirarla alla lunga pronunciando per due ore le ciaculatorie imparate all’Università su botanica, flora autoctona e alloctona, welfare animale e/o “carne sintetica” o sul classico dei classici: il cambiamento climatico. Chiacchiera e prende in giro fino a quando ce ne è bisogno. Intanto arrivano i rinforzi, se necessario, e così si mantiene l’egemonia culturale, non quella “gramsciana”, ma quella della Confindustria. Sì, perché gran parte delle soluzioni proposte”per rimettere in piedi l’Italia” dopo decenni di scontri politici “inutili”, di “ribellismo fine a se stesso”, di debiti contratti – quasi obbligatoriamente- per far fronte a un Sindacato perennemente “bambino”, sono quelle fornite da Foro Bonaparte o dalla direzione di Confindustria (1). Loro sono il faro vero e loro vengono citati, a ben vedere (sia ascoltando bene i discorsi “tecnici”, sia consultando le note di apparato ai loro interventi) come via, vita et veritas.  Sono le “sorgenti di sapere” (quindi i punti di riferimento di chi “ha competenze”) di chi vuole rilanciare la filiera nucleare italiana, panacea energetica di ogni male futuro…. “Ah … l’avessimo fatto a inizio anni Sessanta dello scorso secolo quando eravamo all’avanguardia negli studi nucleari e nelle applicazioni del c.d. atomo di pace”. Sono quelli che sanno già benissimo quale sia la miglior strategia per superare la dipendenza energetica da petrolio e gas ma non muovono un dito, non esprimono verbo…”Non sta a loro aprire le porte” perché far valere la verità degli studi mondiali già realizzati potrebbe disturbare qualcuno. Qualcuno che domani potrebbe dare un incarico al tuo studio, coprirti di soldi, farti diventare “uno che conta”. E lo stesso dicasi per le normative sulla tutela dei territori, sulle modalità di uscita da un sistema industriale chiuso, per i provvedimenti che riguardano gli animali, la pesca, l’agricoltura …. and so on. Ci si muove a comando, utilizzandole competenze tecniche, oppure si tengono segrete…perchè “devo fare gli interessi miei e del mio gruppo….non siasmo qui per beneficenza”.

Bene. Massimo Scalia non era quel tipo di esperto, di “competente” che si muove come un coccodrillo nella palude e si fa forza della conoscenza che ha per far fuori gli altri. Non era quello, come non lo è Gianni Mattioli, altro professore di Fisica, nuclearista in gioventù che, ad un certo punto, si accorge che la “macchina” non convince, non è la panacea che tutti dicono e che molti continuano a millantare. La filiera nucleare “civile” man mano ha gettato la maschera ed è divenuta riconoscibile per quello che è: un tentativo ardito, forse coraggioso ma non concretizzabile con gli strumenti degli anni Sessanta, così come quelli degli anni Novanta dello scorso secolo e, con qualche variante (passando da “nucleare di fissione” a “fusione nucleare”) non lo è la tecnologia di inizio XXI secolo.

Gianni Mattioli lo potrebbe ripetere, riportando il labiale che gli suggerirebbe il fantasma di Massimo Scalia: “Ci piacerebbe che fosse vero, che non è inquinante, che riesce a contenere senza problemi plasma a otto milioni di gradi, che rende il doppio, il triplo, il decuplo di quanto consuma, che “finalmente” ci libererà da qualsiasi dipendenza… Ci piacerebbe”. Ma non è così e, allo stato degli studi attuali, sarà ancora così per molto. Ci dispiace dal profondo del cuore ma questa è la realtà.

Bene. Ma chi era Massimo Scalia? Laureato in Fisica nel 1969 presso la “La Sapienza” di Roma, con una tesi di Fisica Teorica Nucleare, ha continuato le ricerche in tale disciplina negli anni immediatamente successivi. Al suo attivo, per esempio, uno studio sulle possibili rappresentazioni tramite le “algebre di Lie” delle “simmetrie” dei decadimenti beta, quelli a media incidenza radioattiva.  E poi, ancora, giusto per la felicità dei suoi denigratori che più volte lo hanno apostrofato con termini del tipo “ambientalista fallito”, “tecnico da parrocchia” (2), lo studio de “La “materia nucleare”, nel formalismo delle espansioni ipergeometriche.
Dalla metà degli anni ’70 dello scorso secolo si è orientato verso la ricerca sulla stabilità e sull’’analisi qualitativa dei sistemi dinamici, in particolare la generalizzazione della biforcazione di Hopf, secondo le classiche teorie sviluppate a partire da Poincaré e da Lyapunov e, piano piano, anche per aver lavorato direttamente alle centrali sperimentali di Latina e del Garigliano, con sempre maggiore freddezza riguardo alle possibilità concrete di produrre energia dal nucleare di fissione.
Dal 1980 si è, inoltre, interessato delle interazioni tra campi elettromagnetici e sistemi biologici (bioelettromagnetismo), degli effetti dei “campi deboli” e del ruolo del “rumore termico” nei materiali biologici. Su queste tematiche partecipa, insieme a ricercatori di altre università e istituti italiani, a un programma di ricerca dell’Unione Europea di allora , denominato FP VII.
Proprio in quel periodo diventa titolare di un programma di ricerca dell’AST sulla teoria dei sistemi dinamici non lineari e sulle applicazioni alla Matematica, alla Fisica e alla Biologia, arrivando anche ad ottenere un incarico di responsabilità come quello di coordinatore dell’accordo bilaterale di collaborazione scientifica con il Politecnico dell’Università di Kiev (KPI).
Fino a quando ha insegnato, e lo ha fatto anche nei periodi di maggiore impegno in Politica, è stato docente del corso di Modelli di Evoluzione nelle Scienze Applicate per Matematica e del corso di Fisica Ambientale per Scienze Ambientali. Una persona, quindi, la cui competenza è fuori discussione e che ha saputo impiegare tali conoscenze nel proporre percorsi concreti di miglioramento dell’ambiente, dei sistemi di produzione energetica e di gestione dei rifiuti. Il suo impegno in Parlamento lo ha portato ad essere, con Edo Ronchi, uno dei proponenti prima e dei garanti, poi, di quella legge che, ancora oggi, stabilisce alcuni punti saldi per quanto riguarda il comparto rifiuti. Fra questi la segnalazione della necessità (e della concreta possibilità) di arrivare al 65 per cento di raccolta differenziata con conseguente minor quantità di prodotto in discarica o in impianto di incenerimento. Anche su questi ultimi, detti anche, in modo forzato, termovalorizzatori, ha contribuito ad una regolamentazione del loro funzionamento, del massimo di livello inquinante consentito e del loro progressivo superamento.

E’ stato tra i fondatori, oltre che di Legambiente (allora Lega per l’Ambiente), una delle più grandi associazioni ambientaliste italiane, anche del Comitato Controllo Scelte Energetiche, nato all’indomani del PEN (Piano Energetico Nazionale) di inizio anni Ottanta. Un piano che prevedeva una decina di nuove centrali da 2000 MW di tipo Westinghouse, disseminate per tutta la penisola. Una scelta fortemente voluta dall’allora Governo di CentroSinistra con il sostegno, su questo punto specifico, di tutti i partiti, tranne Democrazia Proletaria ed i nascenti Verdi (con la federazione delle Liste Verdi di allora). Sempre pronto a partecipare a riunioni, confronti, congressi, assemblee, dibattiti radiofonici e televisivi, ben sapendo che la posta in gioco era altissima, soprattutto consapevole della pericolosità e dei costi proibitivi che, alla lunga, avrebbero condizionato questa scelta poco lungimirante. In sostanza questo gruppo di tecnici e ingegneri (e oltre al già citato Gianni Mattioli, ricordiamo gli ingegneri Silvano Ravera, Loris Colombati e Giovanni Semeraro, Angelo Tartaglia, Martignetti e molti altri) seppero organizzare una opposizione diffusa in tutte le aree minacciate dai nuovi impianti, fondata su basi scientifiche, conoscenze tecniche e dati inoppugnabili. Alla fine, il referendum del 1987 sancì la chiusura di questa parentesi negativa, portando l’Italia – progressivamente – ad affrancarsi dalla filiera nucleare. E di quel periodo, di una quindicina d’anni in tutto, possiamo ricordare che: 1. La quantità di produzione elettrica effettiva aggiunta fu minima, 2. I costi man mano lievitarono fino a rendere praticamente impossibili ed antieconomici gli “smantellamenti” delle centrali dismesse. Così a Trino, Caorso, al Garigliano, a Latina, abbiamo “monumenti” praticamente off limits di cui non sappiamo cosa fare. E i rifiuti nucleari, come dimostrato dai recenti problemi legati all’indicazione di un sito per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi, sono una questione seria per tempi e modalità di smaltimento (o forse sarebbe meglio dire “confinamento”).

Massimo l’abbiamo apprezzato più volte ad Alessandria e nella Bassa Valle Scrivia. L’abbiamo sostenuto a Trino, a Saluggia, a Caorso nei suoi interminabili tour informativi. Ci ha sempre detto che l’impegno sociale e politico è “parte sostanziale” della vita e che in quello bisogna moltiplicare ciò che si conosce per migliorare gli altri e se stessi. “Ma l’uomo è mediocre” diceva spesso nei momenti di scoramento e la deriva dei Verdi, Europa Verde, Liste Verdi Civiche di vario tipo lo stanno a confermare. Noi, con lui, avevamo ed abbiamo un concetto ben diverso del far politica e i tecnici, cari amici che spero leggiate queste poche righe, non vanno utilizzati solo come “pezzi da vetrina” per raccogliere qualche voto in più…possono essere parte di un progetto, ma di un progetto democratico e non piramidale.

.1. Frasi sentite a Cernobbio dall’autore del presente editoriale nei confronti del Movimento sindacale, in riferimento al periodo storico delle “dismissioni industriali” e delle “vendite al miglior offerente”. 6 settembre 2021.

.2.   Fu Felice Ippolito in più occasioni tra il 1981 e il 1987 ad apostrofare così il nostro Massimo Scalia (prima in un dibattito televisivo organizzato dal CNEN – nel 1981 –  poi a margine della campagna referendaria del 1987)

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