E’ morto Milan Kundera. Ci ha lasciati ancora più soli

 Patrizia Gioia

Con lui se ne va un altro pezzetto di noi tutti, almeno di quelli che, leggendo nel 1984  la sua “insostenibile leggerezza dell’essere” non sono stati più gli stessi.

L’arte del romanzo Kundera sapeva come praticarla, un arrembaggio la vita e noi tutti pirati, con una benda su un occhio per rammentarci l’insidia della cecità, attraversavamo sorreggendoci alle sue parole gli ultimi anni prima che l’omogeneizzante mercato globale ci rendesse miseri e soli.

Tereza, Sabina, Tomas, Franz, eravamo noi, mercanti di un amore che non sapevamo fermare in alcun luogo, credevamo d’essere eterni, perchè le insurrezioni del corpo non ci facevano ascoltare la voce profetica dell’anima. La necessità e l’urgenza erotica: “la bombetta nera ” per raccontare le composizioni musicali che ci fanno incontrare e perdere.

Kundera ci colse impreparati, non avevamo previsto nè carrarmati nè confini, i nostri orizzonti erano in pieno sole e senza cittadinanza, il sorriso non era ancora riso, credevamo nella rivoluzione e nella resurrezione.

Soprattutto eravamo certi che “uno che aveva una libreria come quella non avrebbe potuto farci male “.

Ma gli intellettuali, nuovi consapevoli schiavi, si stavano già offrendo al mercato, il profitto diventava la meta e il popolo, che una volta scendeva nelle piazze, iniziava a compiacersi d’essere prodotto, violentato ai finti bisogni dove la firma non è mai nome.

Kundera e la satira violenta e dolorosa della realtà cecoslovacca degli anni del culto della personalità , ci avvisava, con la trappola della storia, gli aspetti penosi dell’amore: il rimpianto e l’oblio.

“La vita è altrove “, “Il valzer degli addii”, “Il libro del riso e dell’oblio ” e , dopo “L’insostenibile leggerezza dell’essere “,” L’immortalità “, “La lentezza”, “L’identità” , “L’ignoranza” e nel 2013 un libro memorabile :” La festa dell’insignificanza”, la nostra.

Ci vuole un altro per farci vedere cosa e come siamo diventati e nessuno meglio di lui ci è riuscito, lui che il dolore l’aveva attraversato con l’irreparabile perdita di ogni credibilità politica e profumo umano.

Kundera e il kitch, Kundera e il suo indice che ci mostra la perdita di ogni senso dell’umorismo della nostra epoca, divenuta comica.

L’ho molto amato, nei libri che allora scrivevo come “copie dal vero” mi ero immaginata una sua prefazione, andandolo a trovare nella sua casa parigina e lasciandogli sotto la porta un foglio bianco:   parole a chi e di chi ancora sapeva sognare.

Vi lascio con le sue parole che porto nel cuore:

 ” Le domande veramente serie sono quelle che possono essere formulate da un bambino. Sono domande per le quali non esiste risposta “.

 Patrizia Gioia

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