Come se ne esce? Prima puntata.

Già…come se ne esce? Qualcuno, di recente, proprio nella nostra città silenziosa, piegata e tristemente assolata, ha definito il percorso che ci divide dalla linea del 25 settembre…”una pazza corsa contro un muro” (1). Potrebbe avere ragione e, forse, si sarebbe trattato, comunque, di una corsa suicida anche imbarcando gli amici “pentastellati”, perchè il problema sta a monte e l’implosione del centro-sinistra, del riformismo serio in politica, ha radici lontane. Parte dagli anni Settanta dello scorso, ancora in piena “Prima Repubblica” con il mondo regolato dai blocchi USA-URSS e con Democrazia Cristiana, Partito Socialista e Partito Comunista a fareil bello e il cattivo tempo in Italia. La “questione sociale” non trova un suo equilibrio nelle prncipali realtà industriali italiane, gli scioperi aumentano e Confinsutria e collegati non fanno altro che proporre ristrutturazioni e delocalizzazioni. Tutto il comparto industrale viene smembrato o snaturato, non si sanno applicare proposte di revisione del lavoro in fabbrica, migliorandolo, provenienti anche dal mondo sindacale e, piano piano questo irrigidimento va ad allargarsi a macchia d’olio ad altri comparti. Anche agricoli e zootecnici con lo zampino della Comunità Europea di allora, ben decisa ad intervenire duramente negli equilibri produttivi anche del settore agroalimentare. Non si è capita la gravità della situazione e si sono cominciati a perdere i pezzi. Culminando, poi, con l’estrema lotta dei “61” alla Fiat di Torino e la conseguente marcia dei Quarantamila. Siamo nel 1980 e il mondo comincia  a cambiare, a correre più veloce, ad avere nuovi punti di  riferimento, anche nuovi protagonisti. “Tasse più alte per chi ha di più, meno per chi ha meno” così diceva Enrico Berlinguer proprio in quel periodo e, sicuramente, aveva ragione. Si cominciava allora a fare attenzione a campi fino allora negletti…l’approvvigionamento energetico, le risorse naturali, le importazioni di materie prime, l’importanza di caratterizzarsi – noi italiani – per cultura e ricezione turistica, la centralità dell’Unione Europea. A ben vedere gli stessi temi che ci troviamo di fronte oggi e a cui non sappiamo dare risposte credibili. Per questo iniziamo una carrellata di opinioni, non lasciando indietro nessuno, sulle scelte possibili e sostenibili, sulle alleanze a disposizione, sulla scelta delle candidature per le prossime tornate elettorali. 

Primi interlocutori sono tre rappresentanti del mondo politico, più o meno direttamente coinvolti nel “lavoro politico esclusivo”, che può essere vissuto anche part-time ma che trova la sua piena affermazione solo con un impegno assiduo e continuativo. Hanno anche un altro profilo che li accomuna…quello dell’eterodossia, dell’essere imprevedibili, autonomi nelle scelte e nelle azioni, tutti aspetti di grande interesse in un panorama di grigiore e “cerchiobottismo”. 

Giovanni Barosini, presidente del Consiglio Comunale di Alessandria, chiave di volta nell’operazione di trasferimento voti dal centro destra al centro sinistra che ha portato alla vittoria Giorgio Abonante

Marco Lacqua esponente acquese di Italia Viva, ora, ma da sempre ambientalista, impegnato in lotte per i diritti civili, per la difesa dell’ambiente e il territorio, Verrebbe da aggiungere “Verde” da sempre, con una attenzione particolare alla discussione democratica e al rispetto delle persone.

Monica Frassoni parlamentare europea dal 1999 al 2009, nel 2010 ha co-fondato la European Alliance to save Energy, della quale è l’attuale Presidente, un’organizzazione composta da importanti imprese e organizzazioni della società civile con l’obiettivo di promuovere e sostenere il risparmio energetico e un nuovo modello energetico. È anche membro del comitato direttivo della Coalition of Energy Savings.

Dal 2013 presiede il consiglio di amministrazione del Centro europeo d’assistenza elettorale (ECES), una fondazione privata no-profit creata nel 2010 per realizzare progetti di assistenza elettorale in tutto il mondo.

È inoltre membro del Board of Trustees di “Friends of Europe”, uno dei principali think-tank impegnato a promuovere una Europa più inclusiva, sostenibile e lungimirante. Nel 2018 è eletta per la coalizione Ecolo-Greens al Consiglio comunale di Ixelles (Regione di Bruxelles-Capitale), che presiede dal 2020.

… 

Chi saranno i prossimi…lo vedremo. Forse anche insieme, perchè si accettano candidature di appassionati alla politica, di “positivi” comunque che abbiano voglia e tempo di mettersi in gioco.

Cominciamo con Barosini.

Siamo con Giovanni Barosini, in quota ad Azione, Presidente del Consiglio Comunale di Alessandria e con lui proviamo a capirci qualcosa nella evoluzione continua che sta caratterizzando questa prima fase di campagna elettorale.

Seguirà poi il breve dialogo con l’amico Marco Lacqua di Acqui, esponente di Italia Viva (quindi “renziano”) e, infine, si presenta una lunga intervista telefonica avuta con una delle fondatrici dei Verdi, l’on. Monica Frassoni. Tutti siamo consapevoli della necessità di un impegno complessivo e non conflittuale dei candidati che si andranno ad indicare in modo da opporsi nella maniera migliore alle forze di destra-centro, specie in presenza di segnali continui che danno come primo partito Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Molte cose a caratterizzare, in modo anche netto le varie forze politiche di quello che un tempo era il centro-sinistra e anche sul concetto di “centro”, “sinistra” e “destra” , sul delicato tema dell’”atlantismo” e sulla “scelta europea” ci sono sfumature che vanno conosciute. E di questo ne riparleremo a fine interviste. Quindi, mettetevi comodi e provate a seguire i discorsi non solo per i concetti espressi ma per i modi che verranno esplicitati. Si capiranno molte cose.

Cominciamo con Giovanni Barosini.

Dom. Il “modello Alessandria”, quello che ha portato alla guida della città il Sindaco Abonante, non sta funzionando a livello nazionale. Ci si presenta disuniti nelle formazioni e con programmi a volte molto diversi. Qual è la tua opinione?

Bar. Non dico cose nuove se faccio riferimento al fatto anomalo che, in qualche modo, porta a questa situazione ambigua. Il motivo è la legge elettorale, il “Rosatellum”. In qualche modo resa ancor più stringente, quasi “connotata” dalla diminuzione del numenro dei parlamentari a 600 complessivi. 400 alla Camera e 200 al Senato, con le correzioni conseguenti a livello di collegi. Una situazione che, pertanto, comporta la costruzione di alleanze, anche anomale, almeno per quello che l’insieme oggi ci sta offrendo . E’ anche vero che la “politica” è una combinazione di pragmatismo e idealità, per cui ci possono stare combinazioni stonate. D’altra parte questa legge elettorale così particolare l’hanno voluta gli stessi partiti che oggi la criticano. E che, ricordiamolo, non si sono attrezzati per modificarla, a fronte di proposte serie depositate in Commissione. Una legge più efficace e meno pasticciata sarebbe potuta essere “licenziata” in poco più di una settimana, se ci fosse stata la volontà.

Dom. Bene. Passiamo ora ai fatti… Sembrava tutto fatto tra Calenda, Bonino, DellaVedova, i Civici, Nencini, Fornaro e Letta, poi qualcosa è saltato… Solo l’insistenza con cui Letta, rispondendo ad una parte della base tradizionale di CentroSinistra, ha cercato e alla fine trovato  SI e Italia Viva…oppure c’è dell’altro?

Bar. Concordo sul fatto che sia stata una parte della base a “portare” ad alleanze tecniche anche con Europa verde e Sinistra Italiana, forse per riequilibrare l’insieme . D’altra parte, e questo lo ha anche detto Calenda, il Partito Democratico ha sempre avuto bisogno di costruire a sinistra una sponsa di credibilità o con forze sue con autorevoli rappresentanti della c.d. “società civile”. Con la necessità, quindi, di caratterizzarsi “anche” a sinistra.

Dom. Tutto qui, un modo per riequilibrarsi a sinistra?

Mah…. Su questo ci sono ipotesi differenti. C’è chi dice che all’inizio il tavolo di concertazione non prevedeva l’allargamento a Fratoianni e Bonelli e, se vogliamo, la lettura di quell’ “atto di impegni” , perché di un atto si è trattato, può anche essere interpretato in quel modo. Ma, appunto. Può essere interpretabile. E’ comunque chiaro che la sottoscrizione di quell’accordo nella sua forma originale dava l’impressione di un asse “riformista”, “liberal democratico” che è stato un po’ annacquato (in verbo usato è proprio questo n.d.r.) dal successivo accordo con Fratoianni. Sicuramente è successa una cosa anomala…

Dom. Ma secondo te, perché non è stato fatto subito l’accordo anche con SI e EV?

Bar. Semplice. Perché si preferiva, e questo lo ha ripetuto Calenda, che ci fosse un peso specifico diverso di chi sostiene  idee riformiste, atlantiste e liberal democratiche, rispetto a chi anche nelle strategie ha molte difformità. Dobbiamo decidere – e qui cito Calenda – se dobbiamo parlare in modo chiaro di “nucleare”, dobbiamo decidere su che atteggiamento tenere rispetto ai “rigassificatori”, trattandone in modo franco e attento a costi e benefici. Dobbiamo decidere se stare convintamente dalla parte dell’Europa, rafforzando il Patto Atlantico, oppure no. Letta, in un primo momento, si è impegnato su questi fronti, questioni di scelte industriali e di contenuti forti. Non come gli impegni per i mille euro di pensione minima o per altre  proposte di vetrina. Forse si è stati fin troppo trasparenti e si è voluto dar risalto al coraggio nell’affrontare i c.d. “temi veri”.

Dom. Stiamo in sostanza, ancora una volta, verificando la necessità di “comitati scientifici” o comunque formati da tecnici preparati e competenti visto che si va – giustamente – a discutere quali possano essere le scelte migliori…Quindi anche Calenda ha un syo “comitato scientifico” o qualcosa del genere?

Bar. Beh, tutto quello che dice e afferma è il risultato di contatti con realtà scientifiche importanti ed una delle sue battaglie riguarda proprio l’importanza della competenza  e della capacità . Di lì il suo nervosismo, per esempio, nei contronti di Luigi DiMaio. “Azione”, se si muove, è perché tutto ciò che propone è suffragato da elementi scientifici. Soprattutto dal coraggio di avere una visione di prospettiva, innovativa e non più condizionata da retaggi del passato. Ad esempio….se di “nucleare” dobbiamo parlare, dopo avere superato quella fase emotiva in cuiil nucleare veniva visto in negativo…

Dom. Mi tocca interromperti qui ribadendo che, parte mia, la scelta “nucleare” porta più danni che benefici…Comunque andiamo avanti.

Bar. Riprendo per ribadire il concetto base… Parliamone, discutiamone, riapriamo un dibattito serio sulle fonti energetiche possibili oggi. Perché non siamo più nel 1990, c’è una evoluzione tecnico scientifica continua che, a parer mio, è più rassicurante. Questa è la nostra visione. (*) Una visione generale  che era già leggibile nel suo libro di qualche anno fa “Orizzonti selvaggi”.

Si tratta di una proposta molto “pragmatica” che, secondo Calenda, non poteva contenere nella stessa coalizione chi affermava una serie di percorsi possibile da approfondire e chi, invece, li negava in partenza.

Letta, con una certa abilità, ha cercato di contenere nella stessa “coalizione” impostazioni politiche (ma anche tecnico – scientifiche) diverse, sicuro – come siamo noi di Azione – che alla fine i temi, i contenuti debbano essere prevalenti.

Dom. Ultima domanda…E i contatti con Renzi e i renziani a che punto sono?

Bar. So poco di più di quello che esce dai “media”. E’ evidente che ci potrebbe essere un avvicinamento che, se concretizzato, andrebbe a costituire il nocciolo di un nuovo “polo politico”. I contatti ci sono, molte delle idee di Italia Viva sono anche  dei “renziani”…. Stiamo a vedere (2)

Marco Lacqua.    Italia Viva .  Acqui Terme.

Dom.  Caro Marco…Come siamo arrivati a questa situazione di stallo…?

L’ Italia aveva bisogno di tutto, tranne che di elezioni anticipate. Chi ha causato tutto ciò ne risponderà direttamente davanti agli elettori. Con l’emergenza dei cambiamenti climatici in atto, con la difficile risoluzione del conflitto armato in Ucraina a causa dell’ ingiustificabile invasione russa, con il percorso da portare ancora a compimento per un’ adeguata suddivisione dei fondi del PNNR, portare il Paese alle urne prima della fine della Legislatura è stato un atto altamente irresponsabile che le Destre di Meloni, Salvini e Berlusconi ma anche i populisti del M5S di Conte si porteranno sul gruppone per i prossimi anni.

Dom. Rispetto alle operazioni in atto, soprattutto da parte del PD, qual è la posizione di Italia Viva?

Come ITALIA VIVA confermiamo il nostro intento di creare un Terzo Polo Riformista e Liberale con un approccio sui temi ambientali non ideologico ma improntato sulla concretezza e sulla pragmaticita’ della quotidianità e sulle evoluzioni che le tecnologie di smaltimento dei rifiuti hanno ottenuto nel corso di questi ultimi due decenni. Non siamo stati invitati al tavolo del cosiddetto “Campo Aperto” dal Segretario nazionale del PD Enrico Letta e, soprattutto per il teatrino che gli attori in causa stanno inscenando in questi ultimi giorni con posizioni prese e dopo qualche ora smentite, ne siamo altamente fieri. Abbiamo raggiunto un accordo con la Lista Civica Nazionale di Federico Pizzarotti (già Sindaco di Parma) per un programma di governo che ricorda l’esperienza positiva del Governo Draghi, con annessa l’autorevolezza delle proprie decisioni anche in ambito europeo.

Dom. Mi pare di capire che sarà un vostro obiettivo impostare la campagna elettorale su questioni contenuto…. E’ così?

Che si chiami agenda Draghi o diversamente poco importa, gli intenti per rialzare la testa al nostro Bel Paese sono risaputi ed intendiamo proseguire su questa strada. Se altri vorranno condividere il nostro percorso politico saranno ben accetti, l’importante sarà non anteporre veti sulle persone o sui candidati (come già visto su altri tavoli) ma fondamentale sarà privilegiare i principi ed i programmi che ne conseguiranno. Al servizio di chi vorrà darci una mano…ma servi di nessuno. È un’ occasione storica quella del Terzo Polo Riformista e Liberale che può far nuovamente diventare il Centro come l’area politica fondamentale per governare BENE l’ Italia. <Marco Lacqua, Italia Viva>

………………………………………

On. Monica Frassoni

Dom. Dove ti trovi in questo momento? Sempre impegnatissima…

Arrivo a Nairobi in vista delle elezioni presidenziali del 9 agosto; l’organizzazione che presiedo, European Center for Electoral support (ECES) gestisce qui un progetto di assistenza elettorale finanziato dalla UE che si chiama “ProPeace Kenia” e ha lo scopo di aiutare a prevenire e mitigare i possibili conflitti elettorali.

Mi accolgono i sorrisi di vari poliziotti, un Aereoporto efficiente, il divieto di portare sacchetti di plastica e la notizia che Carlo Calenda ha mollato l’alleanza con Letta.

Ho ascoltato la sua intervista in tv, che mi ha portato, oltre a una preoccupazione reale per quello che succederà, a quattro considerazioni: la prima è che in politica,

almeno nella politica italiana, la determinazione e la fiducia in sé stessi sono molto più importanti ed efficaci delle idee, almeno in apparenza, poi vedremo se anche nei seggi elettorali. Calenda ha una faccia di “tola” gigantesca che da’ credibilità alle cose che dice, che sono spesso superficiali, scorrette e anche offensive. Dall’alto del suo 5% nei sondaggi ha detto che lui pensava di avere fatto un accordo di governo alla pari con il PD e che gli altri potevano anche esserci, ma se ne dovevano stare zitti e buoni. Si è fatto un film che prescinde totalmente dalla realtà di un sistema elettorale bislacco, ma che non si è voluto cambiare, e che dice che se non si costruiscono alleanze elettorali ampie si perde di sicuro. Calenda ha rotto per l’ansia di contare quanto vale, e muoia Sansone con tutti  i filistei. L’Agenda Draghi, che Draghi stesso ha detto di non sapere che cosa sia, c’entra fino a un certo punto.

Dom. Le altre questioni?

La seconda considerazione era che questo è il risultato anche delle ambiguità del PD e di una pressione mediatica alla quale non si è saputo resistere. Quello che ci voleva, qui, non era una alleanza di governo ma un accordo elettorale; si doveva riuscire  a organizzare una corsa leale e rispettosa dei contenuti altrui, unita su alcuni elementi chiave fino al 26 settembre. Questo ha fatto la destra e questo non ha saputo dire Letta con chiarezza fin da subito a Calenda e ai media. Solo cosi si poteva ovviare al giogo del sistema elettorale, spiegando in tutta trasparenza agli elettori ed elettrici che questo sarebbe stato il modo non solo di avere  una chance di battere la destra (l’agenda contro), ma anche di evitare blocchi navali, foto con Orban, ambiguità sul sostegno all’Ucraina, vittoria di tutte le corporazioni possibili, rischi di tenuta del sistema finanziario e sociale, riforme istituzionali bislacche, regressione sui diritti ed eco-negazionismo totale (agenda “per”), mantenendo però una competizione interna da gestire con intelligenza  su temi importanti, dal salario minimo ai termini veri della  transizione ecologica, che Calenda pensa di poter fare con nucleare e gas.

La terza considerazione è che su un punto ha ragione Calenda: perché diavolo imbarcare  Fratoianni e chiudere i ponti con i Cinque Stelle di Conte che  contrariamente a quello che  dice Calenda non hanno mai votato la “sfiducia” a Draghi? La caduta del governo Draghi è dovuta secondo me allo scontro fra la forzatura di Draghi (perché mettere la fiducia sui pieni poteri a Gualtieri e altre cose super controverse?) quella dei 5stelle e quella della destra, che a dispetto della loro boria, vanno a elezioni totalmente impreparati  ad affrontare un autunno bollente. Il passo di Calenda obbliga tutti ma soprattutto il PD a un supplemento di riflessione che non è semplice, ma che a meno di entrare in un cupio dissolvi collettivo, deve essere fatto subito. Forse ancora più urgente è anche agire subito al governo e in Parlamento per cogliere anche la minima possibilità di allargare coalizione e partecipazione alle elezioni, sostenendo subito in parlamento e al governo la raccolta online di firme per nuove liste, come proposto da Marco Cappato, con la sua lista Democrazia e Referendum.  Come dimostrano la grande attenzione intorno al lavoro dello stesso Marco Cappato e della Associazione Luca Coscioni sul fine vita, l’appello degli scienziati per il clima che sta raccogliendo migliaia di firme in tempi brevissimi, ma anche la grande mobilitazione a favore dell’accoglienza dei profughi ucraini e l’interessantissimo lavoro nelle Agora Democratiche volute da Enrico Letta, c’è nella parte più avanzata della società italiana una voglia di partecipazione, che purtroppo, a meno di miracoli, anche stavolta rischia di non trovare tutti gli spazi di rappresentanza possibili e che invece bisogna potere coinvolgere.

Dom. Mi pare che l’ultima considerazione riguardi l’alleanza con Sinistra Italiana,  quasi un errore per te….

La quarta e ultima è che ieri sera (6 agosto) ho avuto la dimostrazione chiara del perché ho sempre pensato che l’alleanza di Europa Verde con Sinistra Italiana sia stato un errore molto grave. Sono anche le scelte di Fratoianni che oggi permettono a Calenda di sfilarsi bellamente perché non vuole stare con gente che “ha votato contro l’entrata di Svezia e Finlandia nella NATO”;  Europa Verde oggi subisce la maggiore radicalità e visibilità di Fratoianni su contenuti e metodi che non credo siano tutte  condivise dagli ecologisti, a partire da tutti i 55  voti contro Draghi: sono  scelte che mi sembra siano state subite dai Verdi, che peraltro avevano già accettato di ridurre la proposta ecologista alla buccia di un frutto estivo.

Questa alleanza, che è arrivata per molti come un fulmine a ciel sereno, è stata fatta a mio modesto avviso per comodità elettorale, contraddicendo passati anatemi, interdizioni, commissariamenti verso chiunque dei Verdi osasse avvicinarsi alla Sinistra;

una scorciatoia alternativa al lavoro di riunificazione dello spazio politico ecologista, che ha un potenziale di gran lunga maggiore del 2% attuale di Europa Verde o della somma tra EV e SI. Sarebbe forse stato più faticoso, e più rischioso per un gruppo dirigente che sta li da anni, che operare per tempo, e cioè immediatamente dopo le elezioni europee del 2019, a favore di un soggetto politico dichiaratamente verde, europeo, attento ai diritti e con una ambizione chiara di governo, aperto e inclusivo che fosse in grado di coinvolgere e unire il variegato e ancora frammentato fronte ecologista, dai Friday For Future agli esponenti della green Economy. Un lavoro che oggi avrebbe senz’altro pagato e sarebbe forse stato più efficace che l’alleanza con un piccolo partito comunista per realizzare la giusta e legittima ambizione di tornare in Parlamento.  Peraltro ho notato anche che nella sua intervista precedente al patatrac di Calenda, Bonelli aveva parlato di elementi positivi nell’agenda Draghi (sempre lei). Dichiarazioni molto diverse dalle posizioni che hanno portato mesi fa alla incomprensibile rottura con Rossella Muroni e il gruppo parlamentare di Facciamo Eco, basata appunto sul  diverso atteggiamento verso il governo Draghi, e la costante indisponibilità di trovare interlocuzioni più ampie nel mondo sensibile all’urgenza di agire contro i cambiamenti  climatici, che, ripeto, Europa Verde non è in grado  da sola di coinvolgere, visto che la crisi climatica ormai sotto gli occhi di tutti e i sondaggi la danno sempre intorno al 2%.

Bene. Registriamo le “prese di posizione” e… andiamo avanti, possibilmente non contro un muro.

(1) https://ilponte.home.blog/2022/08/07/la-teoria-del-muro/?fbclid=IwAR3F7m02VYa0Q0S4ZPyaqX6E9A4X-QUt3um8iN1-1fCa0fX6qxmXVJptlJE 

(2) Molto interessante l’intervista dell’amico Barosini  che ci ha fatto capire, anche dalla ripetizione dei concetti che uno dei temi su cui ci si confronterà a breve, sarà quello energetico. E qui bisogna essere chiari. Tutti gli scienziati, tutti i centri di ricerca, tutte le università ci certificano che, se considerate dal momento della costruzione e degli incentivi di partenza, fino al circa ventennale utilizzo e al decommissioning finale (cioè lo smontaggio finale per assorbimento di radiazioni di vario tipo) il bilancio economico (lasciando stare quello ambientale per il momento) non è positivo e va da perdite del dieci per cento in più rispetto ai guadagni generati dalla vendita di energia, fino all’ottanta per cento di deficit complessivo rispetto alle entrate. Non si sono trovate ancora soluzioni valide e inoppugnabili per le scorie, l’impatto su atmosfera e fiumi interessati dall’area larga della centrale non è pari a zero e, per finire sono controversi i dati sugli aumenti direttamente imputabili alla routine delle centrali che anche senza incidenti, comunque producono scorie e aerosol con tracce radioattive.

Ma il problema è più grande. Semplicemente “planetario”, in quanto  il gas russo, quello algerino o libico, il petrolio irakeno o saudita dovrebbero essere considerati non come beni unici di quegli Stati, ma “mondiali”. beni non rinnovabili, come l’acqua – se inquinata – o il legno (di cui, come “pellet” si pensa di incentivare taglio e utilizzo energetico. Un discorso delicatissimo che riguarda l’impatto degli impianti idroelettrici, anche quelli innovativi, i geotermici (spesso obsoleti) e le stesse “rinnovabili” “sole e vento” se gestite male. Ragioniamo in termini nuovi, pensando ad una popolazione prossima di dieci miliardi di abitanti e alla necessità di azzerare tutto quanto è possibile “toccare” per bloccare i “cambiamenti climatici estremi”.

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