“Non avrai altro idolo all’infuori di me”

E’ uscito in questi giorni per Mimesis edizioni il nuovo libro di Gianni Vacchelli:Non avrai altro idolo all’infuori di me, che prosegue l’indagine iniziata con: L’inconscio è il mondo là fuori.

Chi, come me, segue da tempo il flusso del pensiero del professor Vacchelli, non può che sentirsi confortato da quel pensiero critico che, insieme a lui e ad altre appassionate e consanguinee menti non allineate al sistema, abbiamo in questi ultimi anni coltivato alacremente e fiduciosamente, al fine di stare a fronte alla deriva culturale, politica, spirituale e umana che stiamo vivendo.

Tutto cambia dopo il Covid, ma non l’idolo-capitalismo. O meglio ce lo teniamo, e continuamo ad “adorarlo” o a subirlo in una sua nuova variante. Il titolo di questo libello  riecheggia e parodizza un noto versetto biblico: Non avrai altro Dio all’infuori di me.

Ma mentre lì si vuol significare il primato dell’inquantificabile, dell’invisibile, dell’incapitalizzabile, qui il senso è capovolto e invertito. ” Non adorerai se non me che sono un idolo”. “Non avrai altro capitale all’infuori di me”, io che non sono dio mi faccio dio, il tuo dio, e tu mi adori e mi adorerai per sempre per sempre per sempre.”

Mentre il divino, il Mistero, la Vita ( o quale sia il suo nome ) è nel segno del dono, dell’abbondanza e dell’amore, l’idolo sta in quello della scarsità, del ricatto e della seduzione, travestiti da merito, da promozione e successo.

Mi piace qui ricordare – tra i tanti amici “presenti nel libro” anche se “mancanti”  – Ivan Illich e le sue parole: “speranza indica una fede ottimistica nella bontà della natura, mentre aspettativa è contare su risultati programmati e controllati dall’uomo…L’aspettativa attende soddisfazione da un processo prevedibile, il quale produrrà ciò che è nostro diritto pretendere . Oggi l’ethos prometeico ha messo in ombra la speranza. La sopravvivenza della specie umana dipende dalla sua riscoperta come forza sociale”.

Di fronte all’infuriare del capitalocene che è un regno della morte, un thanatocene, l’intelligenza della vita dentro e fuori di noi ci chiama a un risveglio, a una nuova radicale mutazione, a un passaggio profondamente trasformativo. A un nuovo “esodo” perchè, ci sussurra il grande Holderlin : dove c’è pericolo, cresce anche ciò che salva”.

” 50 appunti per un “esodo” dalla biocrazia capitalista”, cita il sotto titolo del libro.

Vacchelli ci offre infatti numerosi manicaretti, un appetitoso libro di ricette per corpo anima spirito polis e cosmos. Molti i temi affrontati, tutti legati indissolubilmente da quel vigore che senti se fai parte di qualcosa, di qualcosa nuovamente  innocente.  E’ proprio questa nuova consapevolezza, il valore incarnato dell’esperienza fatta in questi ultimi anni, che non può che portare al “non nuocere “, movimento mistico che non ti fa più stare fermo e zitto dinanzi alla imperante brutale e volgare omogeneizzante in atto.

Oggi più che mai riscoprire la nostra vera natura è fondamentale, in questo “passaggio d’epoca grandioso e tremendo” , scrive ancora Vacchelli : “oggi dove il livello di incoscienza, di brutale e irresponsabile rapacità dell’antropologia turbocapitalista non ha pari nella storia dell’umanità”.

“Siamo una nota unica nella sinfonia delle note uniche , una goccia personale nell’oceano delle gocce”, e ognuno di noi può essere e fare la differenza.

“Senza un cammino evoltivo cosciente, fatto di fede-fiducia, di speranza, di amore e di sofferenza volontaria, non solo abdichiamo al nostro destino e non assolviamo al nostro compito, ma anche arrechiamo un danno forse irreparabile alla catena dei mondi, almeno a quelli a noi più prossimi”.

Il libro riporta una essenziale bibliografia che ci può aiutare ad approfondire i temi trattati nel libro, parole di chi prima di noi si è perduto “nella selva oscura ” ed ha trovato nell’Io poetico l’unità e l’armonia infinitamente vive, e fertili nelle differenze costitutive.

Unità e armonia grazie alle differenze, direbbe Raimon Panikkar, che anche in questo libro è presente con una importante lezione accomunata a quella di Pasolini. “Non certo interessa qui un confronto tra le due figure ( che pure si conobbero come testimonia lo stesso Pasolini nel suo “L’odore dell’India )”  ma, scrive Vacchelli: ” riutilizzare le loro intuizioni euristicamente per leggere l’oggi, le cui radici, in modi simili e diversi, entrambi hanno intuito con straordinaria lucidità “.

Conoscere è amare e amare è conoscere, questo libro ci accompagna in una di quelle passeggiate filosofiche che non sappiamo più fare, dove sono le domande che fanno e danno la Vita, dove le risposte cedono ogni volta il posto a quella “beata ignoranza” che ci fa sempre incamminati verso l’umano: “poveri e unici”.

Vi lascio a questa lettura – di cui vi ho dato solo qualche spunto – riportandovi le parole nell’ultima di copertina: ” Il libro che ti appresti a leggere vuole essere un talismano, un amuleto, in tempi di tempesta e di psicosi di massa, o una scintilla, che possa accendere e fragrare dentro e fuori di te, irradiando nuovi bagliori, idee vive, immagini non stinte, disegnando iridi e petali sulle inferriate. Lo puoi portare con te, scendendo negli abissi oscuri del nostro tempo e risalendo alla luce, dove gli inganni dell’idolo sono finalmente smascherati. E tu sei vivo, attento, conoscente e amante “

di Patrizia Gioia

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