Nota su privatizzazione sanità da Rifondazione Comunista della Provincia di Alessandria

Ci risiamo. Qualcuno forse ricorda che nello scorso mese di febbraio, poco prima dell’inizio dell’emergenza coronavirus, tenne banco nel dibattito pubblico la proposta di privatizzare i pronto soccorso. L’intemerata dell’Assessore regionale alla Sanità del Piemonte, di cui si sono per ora perse le tracce, era in realtà un chiaro ammiccamento a settori privati affinchè potessero pensare di gestire non tanto l’attività di emergenza urgenza in quanto tale, piuttosto alcune esternalizzazioni specialistiche ben più lucrative.

Sono passati alcuni mesi, settimane drammatiche per molti cittadini alle prese con la crisi sanitaria e sociale, ed ecco che, come se nulla fosse nel frattempo accaduto, rispunta nuovamente l’ipotesi di cedere pezzi di sanità pubblica al privato. A margine delle trattative sul ridisegno della rete ospedaliera e del rinnovo del contratto di lavoro per la sanità privata, l’Assessore Icardi ha scelto di mandare chiari segnali a questo settore, subito ripresi ed esaltati dal Presidente dell’AIOP, non proprio il primo passante in strada, che si è entusiasticamente messo a disposizione per iniziare la stagione della sanità “ibrida”, quella in cui secondo lui: “non si distingue la provenienza dell’offerta”. Sulla base di queste considerazioni il medesimo Presidente si è detto pronto a gestire l’ospedale di Tortona.

Le gravi insufficienze ed errori mostrati dal sistema sanitario piemontese di fronte al coronavirus sono ormai acclarati e noti a tutti. Basta ricordare, tra i molti esempi possibili, le “scelte gemelle” effettuate appunto in tandem con la Lombardia: la delibera che ha permesso l’ingresso di pazienti Covid nelle RSA e l’istituzione di un nuovo ospedale dedicato alle OGR di Torino (simile per dispendio di risorse e scarsa utilità a quello fatto in Fiera a Milano).

Mentre ci si aspetterebbe una tangibile revisione di modello, in grado di sanare le scelte sbagliate compiute negli anni da giunte di centro destra, ma anche di centro sinistra, ecco che invece arriva immancabile il richiamo, quasi pavloviano, al privato provvidenziale.

Ancora un ballon d’essai come è sembrato nel caso della proposta di privatizzazione dei pronto soccorso? O questa volta si vuole fare sul serio? Con quali attori davvero in campo?

Credo sia utile ricordare, ancora una volta, che ormai da qualche anno il funzionamento del sistema sanitario è sottoposto a vincoli stringenti di vario tipo (assistenza ospedaliera, standard di posti letto, attività…) ed è un sistema che non cresce. Far di converso crescere il privato in queste condizioni, significa peggiorare l’equilibrio del pubblico per cui permangono i costi fissi. I meccanismi in atto dicono che, se bisogna operare tagli, questi andrebbero fatti esattamente nei confronti del privato a fronte di un pubblico che potrebbe invece produrre di più. Accanto a ciò va sottolineato il fatto che ormai il grosso del profitto privato deriva dalle attività in solvenza, insomma il privato puro, che per stare all’esempio lombardo riesce ad assommare circa 8 miliardi.

Questo tipo di margini sono possibili a fronte di un fatto grave, su cui occorrerebbe riflettere attentamente proprio mentre si discutono nuove operazioni che dovrebbero valorizzare i privati: i Livelli Essenziali di Assistenza (L.E.A.), cioè le prestazioni che devono essere assicurate ed esigibili per le persone sono in contrazione. Mettere “le mani in queste tasche” può essere allettante, così come può pure essere che la scelta di puntare sull’ospedale di Tortona abbia come retroterra l’interessamento di qualche istituto di credito. In ogni caso, nulla di buono per i cittadini.

Chi ha creduto nello slogan “nulla sarà come prima”, chi ha creduto cioè che la vicenda del coronavirus potesse di per sé, quasi come un antidoto naturale, far mutare idee e modelli di organizzazione della sanità è servito. Sarà solo un nuovo pensiero collettivo, una qualche mobilitazione consapevole di cittadini e operatori a poter imporre un effettivo comune della salute su un terreno di controllo partecipativo. Non sarà facile, ma, com’è del tutto evidente ormai, non esistono scorciatoie.

Alberto Deambrogio

Villanova Monf. 19 luglio 2020

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