Nucleare da fissione. Una strada vecchia da non ripercorrere

Da “Il Foglio” ci viene un appello accorato al ritorno della produzione di energia da fissione nucleare con la malcelata speranza che la nuova “era Draghi” sia l’occasione giusta per superare steccati ideologici ritenuti antiquati. Anzi “è l’ora dell’ambientalismo efficace, senza utopie e propaganda” come predicava già il Foglio ad inizio febbraio di quest’anno, subodorando un prossimo cambio di passo. La posizione del giornale diretto da Claudio Cerasa è chiara e la si può ritrovare nel – non proprio indipendente – recente intervento di Umberto Minopoli (2) tutto proteso a magnificare bontà e sicurezza della filiera di fissione. Parte, nella sua analisi, da una discutibile affermazione riguardante la non sufficienza delle tecnologie rinnovabili in vista di una transizione green significativa al 2050.

Il pathway della transizione climatica appare, piuttosto, accidentato. Non è ipotizzabile che esso possa essere assicurato, esclusivamente, dal dispiegamento delle sole tecnologie rinnovabili (solare, eolico, biomasse, geotermico)”. Siccome questa fake news (sfidiamo i lettori a contestarmi) continua a girare, anche in ambito di coalizione  di centro-sinistra, saremmo felici di mettere a confronto dati veri, tecnologie non taroccate e autentica situazione di insieme,  in un confronto che dovrebbe avere nella Commissione parlamentare competente il suo luogo di elezione. Si invitino i massimi rappresentanti delle Università italiane in tema di studi energetici, i vari centri di analisi energetica, più o meno targati, che trattano seriamente l’argomento e poi, a fronte di un serrato e aperto dibattito, si traggano le conclusioni. Poca cosa la ripetizione del refrain, basato su dati bloccati a cinque anni fa riferiti alle “rinnovabili”, secondo cui “realizzare al 2050 il 45% di riduzione delle emissioni attuali di CO2, imporrebbe l’aggiunta di capacità elettrica da fonti rinnovabili al tasso di un fattore dieci ogni anno. Purtroppo irrealistico.” Il dott. Minopoli con quel “purtroppo” finale fa la più classica delle “excusatio non petita” facendo intendere che di questa impossibilità non può che essere felice. I suoi sponsor, quelli che in qualche modo lucrano sul sistema attuale, che mantengono accise al 15 per cento in media più alte che nel resto d’Europa, che non diminuiscono il prezzo del carburante quando il petrolio ha valori in calo, che non permettono all’industria italiana di investire sul serio su solare, vento e biomasse (costringendo all’acquisto estero), gli suggeriscono quella strategia. Quella stessa che ci ripete che “va allargata la tastiera (sic) delle fonti no-carbon” e che “l’opzione nucleare è considerata ineludibile dalla stessa Ipcc (Intergovernmetal Panel on Climate Change).”  Non specificando che la stessa Ipcc più volte invita alla moderazione e alla massima attenzione, dato che “sono noti i problemi collegati, dovuti ai rischi da incidente e al trattamento dei rifiuti radioattivi” (3). Ma per Minopoli e, temiamo, per la maggior parte dei partiti che costituiscono l’ossatura del Governo Draghi, le priorità sono altre e collimano in pieno con i desiderata dell’AIN (presieduta dal Minopoli medesimo). Tante volte ci siamo sentiti dire che l’offerta del nucleare energetico è un mercato in transizione, che è destinato a passare dagli attuali impianti  di grande potenza ai modelli di “reattori avanzati” di nuova concezione: impianti di piccola potenza (da 10 a 300 MW), modulari (fabbricabili in serie), “intrinsecamente sicuri, che operano da integratori delle reti rinnovabili, ottimali per la produzione di idrogeno e di facile localizzazione”.  L’ultima, è di nuovo di Umberto Minopoli che si dice sicuro che, entro il 2026, arriveranno sul mercato numerosi modelli “small modular reactors” (sic) con la conseguente apertura di una competizione commerciale senza precedenti.. Gli Stati Uniti, secondo la AIN, hanno in portafoglio una dozzina dei modelli in competizione e si proporranno, sui piccoli reattori avanzati, il recupero della leadership tecnologica, persa allo stato con Russia e Cina. Ma la sfida commerciale è più ampia. Sui reattori avanzati sono in campo nuovi players: India, Argentina, Sud Corea, Sud Africa, Francia (con Orano) e GB (con Rolls Royce). Un vero e proprio circo nucleare che non aspetta altro che di essere liberato da orpelli e limitazioni. Sicuramente l’eventuale redditività e maggiore affidabilità, per i decisori politici, di altre fonti non fossili e non di fissione, costituirebbe un handicap non tollerabile…per cui c’è da aspettarsi di tutto. Terminiamo ribadendo la disponibilità, ripetuta più volte ai massimi livelli da Bonelli dei Verdi, da Fornaro di LeU e dallo stesso neosegretario Letta, ad esaminare la questione in modo equilibrato e non taroccato ai massimi livelli possibili. Saremmo i primi a volere l’energia perpetua che si autogenera, non produce scorie, non causa pericolo o altro, ma sappiamo che è una pia chimera. Così come lo sono i tentativi per arrivare a ricreare l’energia del Sole sulla Terra, il cosiddetto nucleare da fusione. Dai tempi del progetto Superphoenix e dell’impianto sperimentale del Brasimone sull’Appennino tosco-emiliano, sono passati ormai cinquant’anni, in cui si sono spesi milioni di milioni di dollari in studi che hanno, prima, provato e riprovato l’impossibile, poi hanno certificato l’impossibilità con le tecnologi attuali a confinare il plasma a milioni di gradi, per poi terminare (sempre altri studi profumatamente pagati dal contribuente) che “comunque bisogna continuare la ricerca perché si è sulla strada buona” (4). Si sono vinti due referendum sul Nucleare e si è visto che i problemi relativi all’uso di quel tipo di tecnologia non sono diminuiti, anzi. Le preoccupazioni del movimento ambientalista per una energia il più possibile pulita erano basate sulla pericolosità per la salute, sui dati economici falsati da conteggi parziali, su interessi di parte e sulla poca considerazione degli interessi veri della Nazione. Si è iniziata una nuova strada che vede l’Italia leader per l’utilizzo (non per la produzione) di componentistica energetica collegata a solare, vento e idroelettrico moderno e che le permette di avere posti di prim’ordine nello specifico settore tanto a livello europeo che mondiale. Vediamo di non sprecare tutto.

.1. “Cosa può fare l’Italia per non restare fuori dalla partita mondiale del nucleare” UMBERTO MINOPOLI*  03 APR 2021.  “Il Foglio”.

.2. Umberto Minopoli. Presidente dell’ “Associazione Italiana Nucleare”. Suo un panegirico del recente documento governativo “CNAPI” sulla definizione del sito nazionale di confinamento delle scorie radioattive italiane. Tutto da leggere (per farsi un’idea): https://www.startmag.it/energia/deposito-rifiuti-radioattivi-verita-e-bugie/

.3.The report also specifies that the current deployment pace of nuclear energy is “constrained by social acceptability in many countries” due to concerns regarding the risk of accidents and radioactive waste management.
“Though comparative risk assessment shows health risks are low per unit of electricity production, and land requirement is lower than that of other power sources, the political processes triggered by societal concerns depend on the country-specific means of managing the political debates around technological choices and their environmental impacts,” adds the IPCC report. (https://www.orano.group/en/unpacking-nuclear/all-about-the-ipcc-report-on-climate-change#:~:text=All%20the%20IPCC%20scenarios%20require%20more%20nuclear%20power&text=The%20use%20of%20nuclear%20power,%2B501%25)%20by%202050

.4. Fonte ENEA: https://www.enea.it/it/Ricerca_sviluppo/nucleare/fusione-nucleare

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