Paolo Sylos Labini, economista eterodosso.

Forse tra cinquant’anni, quando sarò appollaiato su una nuvoletta, mi daranno ragione. Ma per adesso vengo ritenuto un anomalo, un eterodosso.
Paolo Sylos Labini, Un paese a civiltà limitata. Intervista su etica, politica ed economia, Editori Laterza, Bari 2001, p. 41.

Il professor Paolo Sylos Labini (Roma, 30 ottobre 2020 – Roma, 7 dicembre 2005), tra i più insigni economisti italiani del secolo scorso, il 30 ottobre avrebbe compiuto cento anni. In occasione del centenario della sua nascita vorrei dedicargli un paio di ricordi personali. Il primo, riguarda l’opportunità che ebbi di incontrarlo la prima volta, rimanendone affascinato. È stato durante uno dei Convegni di economia matematica organizzati ad Urbino dalla Fondazione CIME (Centro Internazionale Matematico Estivo) [1] e diretti dal matematico Bruno de Finetti, ai quali, nei primi anni ’70, ho avuto l’opportunità di partecipare, assieme ad un paio di amici novesi, divenuti in seguito professori universitari.[2] Il secondo, per me molto più coinvolgente, è stato vent’anni dopo quando, nell’ottobre del 1992, l’allora Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Genova ha conferito al professor Paolo Sylos Labini la Laurea Honoris Causa.[3]

Avevo da poco ottenuto in affidamento da quella stessa Facoltà l’incarico di insegnare Teoria e Politica dello Sviluppo Economico, e mi ero appassionato nel leggere un paio dei suoi libri che avevano per oggetto i temi del progresso tecnico e dello sviluppo economico,[4] argomenti che sarebbero diventati nel tempo predominanti nella mia attività di ricerca. Alla fine della cerimonia del conferimento della Laurea, tenutasi nel Salone del Maggior Consiglio del Palazzo Ducale a Genova, il compianto professor Giorgio Dellacasa[5] mi chiese se la mattina seguente fossi stato disponibile ad accompagnare il professor Sylos Labini e la di lui consorte, signora Maria Rosaria Azzone[6] in una breve visita al centro storico della città.

Accolsi con grande entusiasmo quell’invito, emozionato com’ero di poter trascorrere un’intera mattinata con l’insigne economista, e fu così che, all’ora stabilita, mi presentai di buon grado nel salone d’ingresso dell’Hotel nel quale erano alloggiati. Durante le due ore della visita, il ritorno in areo era prenotato per il pomeriggio, la conversazione fu assai gradevole, anche se, con un pizzico di malizia, più che illustrare la bellezza delle Chiese e dei Palazzi del Centro Storico di Genova, colsi l’occasione per parlare della grave crisi economica che, dall’inizio degli anni ’70, la Liguria stava attraversando.

Avendo partecipato, nei primi anni Settanta, alla ricerca sulle piccole e medie imprese in Liguria e, nella seconda metà di quegli anni, al gruppo di ricerca attivato dall’ILRES ̶ l’Istituto Ligure di Ricerche Economiche e Sociali, diretto dal professor Lorenzo Caselli ̶ avevo maturato una certa esperienza sui temi delle localizzazioni industriali.[7] Tema che avrei poi approfondito in una mia ricerca condotta presso la London School of Economics and Political Sciences.[8] Forte di tali esperienze mi sentivo abbastanza sicuro di quanto andavo raccontando, a tal punto da essere invitato dal Professor Sylos Labini a farne oggetto di apposite pubblicazioni.[9]

Fin qui i miei ricordi. Altra storia è l’approfondimento dell’approccio eterodosso di Sylos Labini all’economia e di come egli intendesse il “mestiere dell’economista”, per non tacere delle sue posizioni politiche, da me spesso condivise, vicine a quel gruppo di intellettuali che diede vita all’esperienza della Sinistra Indipendente. Tutti aspetti della vita professionale e politica di Sylos Labini che sono già stati da altri brillantemente ed esaurientemente approfonditi. [10]

In questa sede accennerei solo brevemente ad un argomento, oggetto di alcune mie ricerche, con riferimento al quale lo stesso Sylos Labini così ebbe ad esprimersi: “se gli economisti non debbono spiegare come e perché cresce la produttività, se ne possono anche stare a casa. (…) La produttività è determinata da quattro variabili”. Tali variabili possono essere così sintetizzate: 1) l’effetto smithiano dell’espansione del mercato; 2) la questione ricardiana della meccanizzazione; 3) la riorganizzazione del lavoro al fine di ridurne il costo e 4) l’effetto progresso tecnico incorporato nei nuovi investimenti in seguito alla ‘ricerca’. [11]

Tutte queste concause concorrono, giustamente, a determinare il livello della produttività del lavoro. Tuttavia andrebbe anche osservato che ciascuna di esse risente del ciclo economico. Infatti, nella piena consapevolezza che, nonostante i limiti ancora recentemente rammentati dal Nobel Joseph E. Stiglitz – per il quale occorre “Misurare ciò che conta” [12]-, il PIL pro capite, l’indicatore del grado di benessere utilizzato dagli economisti nei confronti internazionali, si può esprimere come il prodotto di questi tre fattori: a) il prodotto per addetto, b) le ore lavorate per lavoratore, e c) il tasso di occupazione. Sta di fatto che, sia i primi due, indicatori della produttività, sia il tasso di occupazione, sono legati al ciclo economico. Ne segue che il tasso di crescita della produttività del lavoro è endogeno, vale a dire che in buona parte dipende dal tasso di crescita dell’economia. Pertanto, contrariamente a quanto comunemente si pensa, è la crescita dell’economia che fa aumentare la produttività del lavoro e non il contrario come sostengono gli economisti neoclassici.

L’esistenza dei ‘rendimenti crescenti’ all’interno del settore manifatturiero e la relazione esistente tra il tasso di crescita della produttività del lavoro ed il tasso di crescita dell’economia – nota nella letteratura economica come “legge di Verdoorn-Kaldor”-, sono al centro di quel “processo circolare di causazione cumulativa” su cui si basa la teoria post-keynesiana della crescita economica, teoria che assume una certa importanza sia nella spiegazione sia delle differenze internazionali tra i tassi di crescita[13], che dei fattori dai quali dipende la divergenza/convergenza tra le regioni italiane.[14]

Concluderei questa breve nota in ricordo del professor Paolo Sylos Labini, in occasione del centesimo anniversario della sua nascita, con una breve citazione tratta dal libro del figlio Francesco, laddove sintetizza in maniera eccellente il modo con il quale l’«economista eterodosso» Paolo Sylos Labini, intendeva il ‘mestiere dell’economista’: “Il compito di prevedere il futuro per assicurare la sussistenza del popolo, affidato nella società maya ai sacerdoti-astronomi, è oggi assegnato a chi si propone di interpretare i grandi movimenti della società, organizzare la sua economia e orientare di conseguenza la sua politica. Questo dovrebbe essere, dunque, il compito degli scienziati sociali e degli economisti in particolare”.[15]

di Bruno Soro
Alessandria, 30 ottobre 2020

  1. Sul fascino esercitato su di me, da pochi mesi laureato, da Urbino e dal luogo nel quale si tenevano i Convegni del CIME, faccio mie le parole del matematico Benedetto Matarazzo, laddove scrive: “Quando mi recai a Urbino, in settembre, mi imbattei in una realtà per me nuova. Innanzi tutto l’ambiente, con gli ampi spazi del Collegio universitario del Colle dei Cappuccini, da poco realizzato dall’architetto De Carlo. Immerso nel verde delle colline intorno a Urbino, ricordava l’atmosfera dei grandi colleges americani”. Cfr. B. Matarazzo, Da Urbino a Roma in auto con de Finetti, in Il “dossier de Finetti”, “Lettera Matematica Pristem”, a cura di Gian Italo Bischi. n. 61. http://matematica.unibocconi.it/definetti/dossier/definettihome.htm .
  2. Si tratta del professor Lorenzo Rampa, classe 1946, già Professore Ordinario di Economia politica presso la Facoltà di Economia di Pavia, attualmente Professore a contratto di Analisi economica del diritto presso il Dipartimento di Giurisprudenza, e del Professor Lorenzo Robotti, classe 1945, già Professore Ordinario di Scienza delle Finanze nel Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali dell’Università Politecnica delle Marche.
  3. Per pura coincidenza, il 19 ottobre scorso, data nella quale ventotto anni fa ebbi la fortuna di trascorrere un’intera mattinata in compagnia del professor Sylos Labini e la signora Maria Rosa Azzone, ho cercato inutilmente di recuperare in rete la data del conferimento a Sylos Labini della Laurea Honoris Causa. La presenza di quella indicazione all’interno del contributo di Anna Maria Lazzarino al volume che raccoglie gli Atti del Convegno per i quarant’anni della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Genova, mi è stata segnalata dall’amica e collega Marina Milan, già Professore Associato di Storia Contemporanea e tuttora Docente a contratto di Giornalismo Internazionale nel Corso di laurea in Scienze Internazionali e Diplomatiche del Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Genova.
  4. P. Sylos Labini, Oligopolio e progresso tecnico, Einaudi, Torino, 1964 e, dello stesso autore, Problemi dello sviluppo economico, Universale Laterza, Bari 1970.
  5. Dall’anno accademico 1991-92 avevo ricevuto dal professor Giorgio Dellacasa la proposta di tenere in vita l’insegnamento opzionale di Teoria e Politica dello Sviluppo, istituito qualche anno prima dalla Facoltà di Scienze politiche e rimasto scoperto in seguito alla scomparsa della professoressa Rosita Pampaloni Violi (1926-1988). Dopo aver mutato la denominazione, dall’anno accademico 1995-96, in Economia dello Sviluppo, ho mantenuto tale insegnamento fino a quando, superato il concorso a Professore Associato, la Facoltà di Giurisprudenza mi ha conferito in affidamento, dall’anno accademico 2000-01, l’insegnamento di Politica Economica nei corsi di Laurea in Giurisprudenza, in Scienze Giuridiche e in Operatore Giuridico d’Impresa. Insegnamento che ho mantenuto fino al mio “collocamento a riposo per raggiunti limiti di età” il 1° novembre del 2015.
  6. Per la cronaca, la signora Maria Rosa Azzone è la madre dei due figli di Sylos Labini, Stefano e Francesco. Apprezzato Geologo, ricercatore presso l’Enea e studioso di Economia ambientale ed energia, nonché cultore di economia industriale, moneta e finanza, Stefano Sylos Labini ha pubblicato con Giorgio Ruffolo, Il film della crisi. La mutazione del capitalismo, Einaudi, Torino 2012, mentre Francesco, è fisico teorico presso il Centro Enrico Fermi e l’Istituto per i Sistemi Complessi del CNR, nonché fondatore della rivista “Roars.it”, autore, tra l’altro, del bel libro Rischio e previsione. Cosa può dirci la scienza sulla crisi, Editori Laterza, Bari 2016.
  7. L’elezione dei Consigli Regionali del 1970 e la successiva fase dell’approvazione degli Statuti aveva dato vita ad un intenso dibattito, all’interno delle Regioni Settentrionali, in merito al tema della Programmazione regionale, con particolare riguardo alle politiche di intervento sulle localizzazioni industriali, tema da me approfondito in una monografia curata per conto dell’ILRES. Cfr. B. Soro, Politiche regionali sulle localizzazioni industriali in alcune regioni italiane, ILRES, Genova, 1981.
  8. Cfr. B. Soro, Politiche regionali di intervento sulle localizzazioni industriali nell’esperienza inglese. Una rassegna critica, EDA, Torino 1983.
  9. Mi duole rammentare il fatto che tutte le mie pubblicazioni erano state presentate alla Commissione giudicatrice del primo concorso a Professore Associato -̶ concorso bandito a seguito del DPR 382 del 1980 che aveva innovato le norme dell’accesso alla carriera universitaria -̶ , Commissione della quale il Professor Sylos Labini faceva parte, dalla quale fui ritenuto non idoneo.
  10. In primo luogo ricorderei il volume Paolo Sylos Labini. Economista e cittadino (a cura di F. Sylos Labini), Sapienza Editrice, Collana Maestri della Sapienza 4, 2015. Inoltre, due efficaci sintesi dell’enorme contributo offerto dal Professor Paolo Sylos Labini all’evoluzione del pensiero economico nel contesto delle Scienze Sociali, all’Economia Politica e alla Politica economica, meritano di essere ricordate: quella dell’intervista di Giuliana Arena a Paolo Sylos Labini, “Il mestiere dell’economista tra analisi teorica e impegno sociale”, Working Paper Series, No. 52, July del Dipartimento di Economia Politica Università degli Studi di Milano – Bicocca, 2002 e quella di Marcella Corsi, “Il mestiere dell’economista secondo Paolo Sylos Labini”, Economia & Lavoro, Anno XLI, 2007, pp. 15-21. Il nome del Professor Sylos Labini ricorre inoltre spesso nella ricostruzione storica dell’esperienza della Sinistra Indipendente, la cui storia è stata recentemente ricostruita nel libro di G. Sciré, Gli indipendenti di sinistra. Una storia italiana dal Sessantotto a Tangentopoli, EDIESSE, Roma 2012.
  11. P. Sylos Labini, Un paese a civiltà limitata. Intervista su etica, politica ed economia, Editori Laterza, Bari 2001, pp. 54 e 56.
  12. J.E. Stiglitz, “Misurare ciò che conta”, le Scienze, ottobre 2020, pp. 46-53.
  13. A proposito della teoria post-keynesiana, che vede tra i suoi massimi precursori Tony Thirlwall, allievo e legatario degli scritti di Lord Nicholas Kaldor, mi sia consentito citare il mio articolo: “L’approccio Post-keynesiano alle differenze internazionali tra i tassi di crescita”, Rivista Internazionale di Scienze Sociali, Anno CV, Luglio-Settembre 1997, pp. 339-380.
  14. Per un breve, ma ben documentato articolo divulgativo sull’attualità della Legge di Verdoorn-Kaldor, si rinvia a E. Millemaci e F. Ofria, La Legge di Verdoorn-Kaldor è attuale?”, Economia e Politica, http://www.economiaepolitica.it, 2016.
  15. F. Sylos Labini, Rischio e previsione. Cosa può dirci la scienza sulla crisi, Editori Laterza, Bari, 2016, p. 65.

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