Parlando di Città

Riprendiamo integralmente l’intervento dell’amico Mariano Santaniello. Davvero un bel contributo. (n.d.r.)

Nelle ultime settimane sono comparsi in rete due interventi scritti da personalità di rilievo del panorama politico-culturale alessandrino su temi che hanno riportato l’attenzione all’aspetto del governo del territorio e dell’urbanistica, temi che sono pressoché scomparsi da tempo dall’agenda pubblica non solo qui in periferia, ma anche a livello nazionale. Gli interventi di Giorgio Abonante, scritto insieme a Luca Zanon, e di Renzo Penna hanno posto l’attenzione su questioni rilevanti in merito alle ipotesi di localizzazione futura del nuovo ospedale e del nuovo polo universitario alessandrino, evidenziandone criticità e rischi, mostrando possibili fattori di valorizzazione urbana.

Sarà l’avvicinarsi della scadenza elettorale delle amministrative di primavera, ma il salire alla ribalta di questi argomenti mette in risalto, qualora ce ne fosse necessità, come il governo dei processi di trasformazione urbana, con tutto il suo portato di condizionamento degli aspetti rilevanti connaturati alla valorizzazione della rendita territoriale, rimanga sempre uno degli strumenti prioritari – se non effettivamente l’unico – di esercizio del potere da parte delle amministrazioni locali.

Entrambi i contributi propongono riflessioni ragionate e puntuali, stimolanti e aperte al confronto e al dibattito, cosa auspicabile per l’intera comunità alessandrina, soprattutto in considerazione proprio del prossimo confronto elettorale.

Il mio non essere un cittadino alessandrino residente, credo mi consenta di avere uno sguardo forse più distaccato, ma – da operatore del settore e soprattutto da professionista impegnato da anni nel mondo della pianificazione territoriale e urbanistica – interessato a tentare di portare un modesto e certamente meno puntuale e approfondito contributo al confronto pubblico su questi temi. Mi permetto pertanto di provare a suggerire alcune suggestioni su cui provare a confrontarsi e a ragionare.

Partiamo da un presupposto che credo basilare: Alessandria, come molti altri centri urbani della provincia, necessita di un nuovo PRG, di un nuovo strumento politico-amministrativo e tecnico che sia in grado di poter far fronte alle sfide che il futuro prossimo ci pone.

Trattasi di un operazione complessa, articolata, che richiede l’impegno di significative risorse, ma fondamentale per cercare di governare i processi e gli indirizzi di sviluppo che la città e il territorio nella sua vasta definizione, si troverà ad affrontare anche alla luce dei mutamenti epocali di transizione sociale, culturale ed economica che stiamo vivendo.

Lo strumento del Piano, in una dimensione di programmazione priva di velleità ideologiche di controllo dei processi, è e rimane l’unico attrezzo utile di cui il potere pubblico e la politica, nella sua accezione più alta e nobile, dispongono per contrastare le spinte speculative e particolaristiche.

Prima suggestione che mi sento di proporre è la pandemia e come questa drammatica vicenda, che ci ha coinvolto tutti a livello planetario, abbia significativamente modificato il nostro essere, il nostro agire, il nostro muoverci. Non solo le esigenze strettamente collegate alla dotazione di servizi sanitari e socio assistenziali sono state prepotentemente suggerite al dibattito pubblico, ma anche gli aspetti legati alla qualità degli spazi abitativi, al comfort e alla sostenibilità ambientale delle residenze.

È emerso chiaramente come sia opportuno ripensare e rivedere le modalità di progettazione dello spazio pubblico nella sua accezione più ampia, ciò anche in ragione delle mutate esigenze interrelazionali che sono intercorse e che hanno significativamente modificato i rapporti tra gruppi sociali e persone.

Le nostre città necessitano di una profonda rigenerazione degli spazi pubblici, delle piazze, delle strade, dei parchi e del verde attrezzato, dei teatri, delle scuole, degli ospedali, ecc. Un approccio innovativo, attento alla sostenibilità, alle opportunità che la rivoluzione digitale in atto fornisce, alla qualità dello spazio e alla sua quantità.

É  necessario affrontare il tema dello spazio pubblico come una vera e propria sfida per far crescere il livello di qualità urbana e di servizi che una città del XXI° secolo deve fornire ai propri abitanti.

Altro argomento che mi permetto di suggerire è una riflessione critica sulla trama urbana. Alessandria, come decine di altri centri urbani più o meno grandi, è stata oggetto nei decenni scorsi di un’impetuosa crescita e di un incremento significativo di suolo urbanizzato. Questo fenomeno si è svolto in maniera tumultuosa, spesso disordinata, e oggi, alla luce anche di fenomeni vistosi di decremento demografico e mutamento delle dinamiche socio-economiche, necessita di una rilevante opera di riconnessione urbanistica, di ricucitura che potrà essere sia infrastrutturale, che formale e morfologica, di quella che in gergo viene chiamata forma della città (forma urbis).

Quest’opera potrà avvenire mediante l’attivazione di processi di rigenerazione urbana, di trasformazione, di gentrificazione; Renzo Piano ha suggestivamente definito questo tipo di operazioni interventi di “rammendo urbano” e credo che questa definizione ben descriva il senso di quanto ho cercato di indicare. L’uso del verde, non in maniera decorativa ma strutturale, può essere uno degli strumenti con cui attuare tali pratiche, uno strumento peraltro, non particolarmente costoso e ampiamente vantaggioso a lungo termine.

In quest’ottica ad esempio ritengo sarebbe interessante ragionare sul tema delle area dell’attuale ospedale “SS Antonio e Biagio” in prospettiva di una sua demolizione e di restituzione alla città di quegli spazi agli usi che si converranno più utili.

Trovo questa un’occasione importante per cercare di riconnettere la città contenuta all’interno degli spalti con quella disposta al suo aldilà, di riannodare un pezzo di città con alcune sua parti marginali e sfrangiate, utilizzando appunto gli spazi pubblici, il verde attrezzato e le emergenze monumentali e architettoniche presenti: non posso qui non ricordare la presenza in quella zona la concentrazione di alcune delle principali opere architettoniche di Ignazio Gardella, patrimonio dell’architettura razionalista del ‘900 italiano.

In maniera analoga anche sull’area dei quartieri Cristo e Pista credo andrebbe cercare di individuare percorsi per integrare e raccordare meglio la città, utilizzando sempre i medesimi strumenti, facilitando l’accesso alle decisioni con processi partecipati di condivisione delle scelte, riattivando così quel fenomeno di sinecismo che ha caratterizzato la città di Alessandria sin dalla sua fondazione, favorendo in tal modo la consapevolezza della cittadinanza di far parte di una progetto condiviso di comunità.

La presenza dell’Università in Alessandria è una grande opportunità di sviluppo, di crescita, di valorizzazione del tessuto sociale, economico e culturale della città e dell’intero territorio provinciale. Il suo radicamento in città deve essere accolto come un grande beneficio per tutta la collettività. La città nel suo insieme dovrebbe quindi svolgere una forte azione di condizionamento verso una maggior pervasività della presenza di UniUPO all’interno del tessuto urbano e cittadino.

L’ipotesi di grande insediamento universitario, comprensivo di un campus e di residenze per studenti, in un’area marginale e defilata rispetto al contesto urbano consolidato, temo possa ottenere un effetto di estraniazione e di scarso coinvolgimento dell’intera cittadinanza rispetto al progetto di far diventare l’Università uno dei soggetti protagonisti della sua crescita e pienamente integrati nel tessuto cittadino.

Personalmente credo che una maggior diffusività di presenza e di sedi nel tessuto urbano, alla luce anche delle dimensioni modeste della città e quindi non dispersive, porterebbe un maggior valore aggiunto all’intera operazione insediativa con evidenti ricadute dal punto di vista della valorizzazione delle aree urbane, del tessuto e soprattutto delle dinamiche sociali.

Alessandria è una città ricompresa tra due fiumi: è cosa nota, drammaticamente nota. Gli aspetti della sicurezza idraulica, quindi, sono e devono essere assolutamente prioritari in qualunque atto, azione trasformativa o intervento che si ritiene di poter mettere in atto. Un surplus di attenzione va quindi riposta ogni qualvolta che ci si propone di insediare strutture e servizi di utilità pubblica e generale. Quindi le perplessità evidenziate pubblicamente da Penna e Bruno Soro mi auguro siano oggetto riflessione comune e dovranno ottenere una risposta rassicurante e certa.

Ciò non toglie il fatto che Alessandria, pur sorgendo tra due fiumi, non abbia con essi alcuna relazione, quanto meno di tipo urbano. Il Tanaro è vissuto, comprensibilmente, come una presenza infida e pericolosa, da cui proteggersi e difendersi; la Bormida, per contro, scorre in maniera defilata e quasi clandestina, non ci si relaziona con essa se non nel caso delle sgambate sugli argini di qualche runner e in occasione di alcuni fenomeni esondativi che, peraltro, rischiano ciclicamente di mettere in difficoltà l’accesso ad alcune aree divenute, oggi, rilevanti per il tessuto economico e la mobilità cittadina (Panorama e piattaforma Amazon, n.d.r.).

La città, in tempi recenti almeno, non ha cercato di tessere con il fiume una relazione, un rapporto; non è riuscita a trasformare le aree rivierasche in opportunità di riqualificazione urbana e ambientale, di valorizzazione funzionale introducendo funzioni di natura sportiva o , molto più banalmente, di loisir. Forse cercare di riannodare i legami che la città ha – o meglio potrebbe avere – con i suoi due fiumi mediante interventi e opere  di connessione e valorizzazione delle lo sponde, potrebbe ottenere come risultato il migliorare la qualità della relazione degli alessandrini con i due corsi d’acqua che potrebbero essere vissuti sempre più come parte integrante della città e meno che portatori di pericoli e rischi.

La pietra nello stagno è stata lanciata da Giorgo Abonante e da Renzo Penna. Io ho provato a stimolare ulteriori approfondimenti. Avanti un altro!

Mariano Santaniello

(per gentile concessione da “Il Ponte”)

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