Perché demolire la Boida?

La decisione di demolire integralmente l’ex cascina Boida per edificarvi, al suo posto e al posto dei terreni che la contornano, un supermercato, con annesso parcheggio, suscita più di una perplessità. Anche perché il nuovo proprietario dell’area sulla quale è insediata la cascina per ampliare la propria attività, anziché ristrutturare l’attuale e adiacente sede commerciale, la abbandona e ottiene dal Comune di abbattere l’antica struttura, anche consumando una significativa parte di suolo, da sempre impiegato nella coltivazione di grano e mais.

Scelta certamente legittima da parte del nuovo proprietario, mentre convince meno il fatto che i competenti Uffici comunali, in sede di istruttoria, non abbiano preso in considerazione una diversa soluzione urbanistico-edilizia invece della totale demolizione del complesso.

Complesso, è giusto ricordarlo, del quale esistono notizie sin dal 1486, molto prima dell’urbanizzazione del territorio. La “casina della Boida” è, ad esempio, rappresentata nella cartina del taglio al Tanaro dell’Ing. Battista Clarici, datata 1593, e in quella dell’assedio alla città di Alessandria da parte dei francesi, del 1657. In particolare Francesco Gasparolo, riferendosi a documenti presenti nell’Archivio di Stato, si è occupato dell’acquisto della “masseria Boida” avvenuto, da parte del marchese Ghilini, il 15 novembre 1729.[1] La masseria consisteva “in un corpo di case civili e rustiche con chiesa e cassina cintata di muro all’intorno”. All’epoca dell’acquisto era di 52 moggia e con Vittorio Amedeo e Ambrogio Ghilini si ampliò, superando i duecento. Più di recente, nel 1807, gli abitanti del “Cristo” chiesero e ottennero dal Vescovo di officiare la chiesa, pregando i Ghilini di aprirla al pubblico. Il locale della chiesa, in seguito destinato ad altri fini, è tutt’ora presente e – lo abbiamo verificato – si trova come sostiene il Gasparolo, “quasi nel centro delle loro abitazioni”.

Alla luce di una consistente, e qui solo accennata, documentazione scientifica sulla storia della cascina appare sorprendente che, in sede di stesura del Piano esecutivo convenzionato (PEC)[2], di cui all’oggetto, gli Uffici comunali non abbiano istruito nessuna relazione storico-artistica e preso in considerazione l’eventuale valore del bene, che rappresenta un’evidente matrice identitaria per l’attuale quartiere “Cristo” della città di Alessandria.

A sollevare l’insieme di questi temi alla competente Sovrintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio è stata, nelle scorse settimane, la segnalazione di un giovane ricercatore universitario alessandrino, studioso della protezione dei beni culturali. Il quale ha, altresì, allegato significative sentenze del Consiglio di Stato relative all’interesse culturale di beni storici analoghi al caso in questione. In risposta la responsabile della Sovrintendenza ha inoltrato la segnalazione ai funzionari referenti di zona per il Comune di Alessandria competenti sia per la tutela architettonica e paesaggistica che per quella archeologica.

Visto che dalla segnalazione, 10 maggio, e dalla sollecita risposta, 11 maggio, sono trascorse diverse settimane, sarebbe interessante conoscere quali accertamenti sono stati svolti dalla Sovrintendenza e con quali risultati. Anche per evitare di intervenire quando risulterà inutile.

Renzo Penna

Associazione Città Futura

Alessandria, 29 giugno 2023

  1. Francesco Gasparolo: “Vittorio Amedeo Ghilini secolo XVIII”
  2. Piano esecutivo convenzionato S.A.I. S.R.L. Corso Acqui

1 Commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*