Il PNRR….questo sconosciuto. Le proposte di Legambiente

Ringraziamo Rolando Terazzan, professore e architetto. Attento alle questioni ambientali, sociali , dei diritti umani e non solo. Partendo dalla sua militanza – autenticamente – verde, ci presenta ciò che Legambiente, in più occasioni, ha provato a proporre ai vari Governi nazionali di quest’ultimo decennio, concentrandosi su quanto espresso a margine del redigendo PNRR. Proposte importanti, di grande rilievo, spesso disattese (anche nell’interpretazione italiana del Recovery Fund) che , però, non soddisfano appieno l’autore ed i veri ecologisti. Nell’ultima parte del suo articolo, Terazzan ne spiega il perchè. (n.d.r)

Il Recovery Fund come dovrebbe essere. Le proposte di Legambiente discusse con gli invitati al Convegno Web svoltosi il 30.03.2021

Il convegno web del 30 marzo scorso organizzato da Legambiente ha voluto presentare le  proposte che l’associazione porterà avanti fino alla scadenza del 2030, indicate all’interno del PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza – la cui presentazione è in scadenza il 30 aprile prossimo in sede europea.

La spina dorsale della proposta di Legambiente si basa essenzialmente su 10 Opere Faro facenti da guida principale, accompagnate da altre azioni specifiche: 23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da finanziare e 5 riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica e rendere la Penisola, a parer loro, più moderna e sostenibile. Per avere una idea più dettagliata su quanto indicato ci si può collegare al sito di Legambiente (www.legambiente.it).

Brevemente, giusto per evidenziarne i contenuti, i dieci interventi in questione riguardano diverse aree problematiche sotto il profilo ambientale del nostro Paese, quali il distretto industriale di Taranto e Brindisi (ILVA e territori limitrofi da bonificare), l’abbassamento delle emissioni per contrastare l’inquinamento atmosferico sulla Pianura Padana e i più grandi capoluoghi di Provincia, La bonifica della Terra dei fuochi e di altre aree similari, la creazione di alcuni parchi eolici off-shore marini, una riduzione del rischio idrogeologico per la Campania, Calabria e Sicilia, realizzazione di impianti per riciclo controllato dei rifiuti (economia circolare per il centro sud), connessione ecologica, digitale e cicloturistica sull’Appennino, ricostruzione e recupero delle aree terremotate del centro Italia, recupero delle infrastrutture ferroviarie abbandonate per Calabria e Sicilia ed infine, lo sviluppo del biologico e dell’agroecologia nelle Alpi, Appennini e aree rurali interessate dai biodistretti nazionali.

L’area generale privilegiata da questi interventi riguarda principalmente il centro sud, a parte alcuni capoluoghi del Nord e le zone alpine. Gli obiettivi strategici europei indicati dal Recovery Plan e da inserire nel PNRR saranno: Digitalizzazione e innovazione, Transizione ecologica, Inclusione sociale.
Sei, invece, le mission in cui si dovranno articolare i progetti: Digitalizzazione, innovazione e competitività, Rivoluzione verde e transizione ecologica, Infrastrutture per la mobilità e le telecomunicazioni, Istruzione e formazione, ricerca e cultura, Equità sociale, di genere e territoriale, la Salute dei cittadini europei.

Questi i tempi che si dovranno rispettare: entro il 2026 i Paesi beneficiari dovranno avere realizzato tutti i progetti: i fondi saranno erogati al raggiungimento degli obiettivi intermedi e finali. Entro il 2022 i Paesi dovranno impegnare il 70% delle risorse loro assegnate, entro il 2023 il restante 30%.

Secondo Legambiente se l’Italia sarà in grado di dotarsi di una visione strategica, potrà contare su ulteriori risorse per diventare più verde, innovativa e inclusiva. Ai 209 miliardi di euro del PNRR si sommeranno altri 43 miliardi di euro dalla programmazione dei Fondi europei 2021-2027 e 35 miliardi dalla politica agricola e di sviluppo rurale. Importanti gli interventi in rappresentanza del Governo dei ministri invitati nel convegno web. Il richiamo iniziale da parte di molti è stato sulla necessità di snellire le procedure amministrative per facilitare l’esecutività dei progetti previsti e sulla necessità di formare una classe dirigente che sappia spendere bene i soldi messi a disposizione dall’Europa. Lo stesso ministro Di Maio introducendo l’incontro ha ribadito la necessità di dare risposte “eco-energetiche” che possano servire realmente al Green Deal post Covid.

Un richiamo forte è stato rivolto da Ermete Realacci agli ambientalisti affinché si concentrino di più sugli obiettivi piuttosto che sulla catechesi ecologica, soprattutto cercando e coinvolgendo forze nuove nella componente giovanile di questo Paese. Sono stati fatti riferimenti importanti sull’economia USA che, nonostante l’era di Trump, ha conosciuto un nuovo periodo di sviluppo proprio grazie agli investimenti sulle fonti rinnovabili. L’interlocutore ha anche ricordato come parlare di economia circolare non vuol dire occuparsi solo di raccolta differenziata dei rifiuti. Inoltre ha indicato come il ricambio industriale non sarà così facile come qualcuno ha prospettato, rammentando che “la conversione ecologica si affermerà solo quando questa sarà diventata socialmente desiderabile” (Cit. A. Langer -1994).

Il ministro Di Maio nell’aprire il dibattito ha inoltre detto che con il cambiamento al vertice della amministrazione americana si apriranno nuove prospettive di partnership con gli USA e il loro patrimonio tecnologico. Collaborazione da parte del Governo con la finanza green e che verranno stanziate ingenti risorse per la realizzazione dell’idrogeno verde. Il ministro auspicava anche una maggiore solidarietà tra le diverse generazioni.

A questo riguardo si sottolinea l’intervento della rappresentante dei FFF Italia nel quale ha ribadito un fermo basta alle false promesse finora fatte sull’ambiente. Viene prospettata una transizione ecologica che si caratterizzerà ancora una volta su uno sfruttamento delle persone e una continua deforestazione, conseguentemente rimangono scettici sulle proposte presentate a tutt’oggi da parte del Governo. A loro avviso non si parla sufficientemente di crisi climatica, si preferisce rimandare i problemi piuttosto che agire per risolverli. Per i giovani della Next Generation vuol dire non più aspettare, ma fare adesso! Con le risorse già presenti si potrebbe iniziare a cambiare qualcosa già da ora…

Il tema delle risorse già presenti e che possano servire per iniziare il cambiamento è un tema ribadito da molti dei convenuti all’incontro. Come un altro tema importante e riproposto spesso nel corso dell’incontro riguarda la necessità di una ridefinizione generale del sistema economico del nostro Paese. L’ambiente si inizia a curare anche attraverso il cambiamento dei modi e dei sistemi con i quali si è lavorato finora.

Legambiente attraverso il suo presidente Ciafani ha ribadito tre interventi primari: rispondere alla crisi climatica con un nuovo piano energetico nazionale indirizzato al controllo dei gas serra, la semplificazione degli iter amministrativi per velocizzare le procedure di intervento ed infine ascoltare e valutare le contestazioni che provengono dal basso, dai territori.

Proprio il ministro della transazione ecologica Cingolani, ha messo in risalto una serie di questioni. Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) è in aggiornamento. Sulle fonti energetiche alternative rinnovabili è stato installato solo il 10% di quanto programmato. Questo a causa principalmente della lentezza burocratica che, molto spesso, tramite le catene dei permessi necessari, frena gli imprenditori, i quali  andranno a cercare nuovi luoghi più accattivanti per fare i loro investimenti. Ribadisce inoltre che per parlare di fonti rinnovabili è necessario anche investire e potenziare nelle strutture di accumulo e conservazione energetica, l’obiettivo sarà raggiungere l’accumulo del 70/72% dell’energia prodotta.

L’importanza quindi di un lavoro sull’ambiente non calato dall’alto, ma condiviso in tutte le sue parti dalla Società civile è stato un tema sottolineato da diversi degli intervenuti. Il passaggio dal sistema industriale attuale a quello di una sorta di Bioeconomia circolare dovrà diventare un obiettivo di interesse comune, coinvolgendo la Società tutta mentre il PNRR potrebbe diventare lo strumento per facilitare questo passaggio.

In rappresentanza della Novamont la dott.sa Bastioli nel suo intervento ha indicato tre progetti sistemici per risolvere i problemi ambientali: l’applicazione del biologico al cibo, ma non solo ad esso; lo sviluppo di infrastrutture per il recupero del rifiuto rigenerante; la connessione tra l’acqua e il suo impiego in agricoltura.

L’ENEL attraverso il suo portavoce ha ricordato che la produzione energetica attraverso le rinnovabili attualmente si attesta sui 1000 MW annui. Installando 7000 MW di nuove rinnovabili per anno si arriverebbe a coprire un’offerta del 72% in dieci anni. Obiettivo questo che richiederebbe uno sforzo e un contributo non indifferente da parte di tutti, pubblico e privato. Vi saranno grossi problemi da risolvere, sia nella produzione come nella gestione della domanda, nonché la questione che ci troveremo ad avere produttori di energia che al tempo stesso saranno anche utenti e, parallelamente, la necessità di rigenerare molti dei vecchi impianti di distribuzione dell’energia elettrica sostituendoli con dei nuovi.

 Anche l’introduzione delle Comunità energetiche possono rappresentare una novità normativa che potrà permettere lo sviluppo anche in piccole realtà locali di un nuovo sviluppo energetico. Quindi sarà opportuno facilitarne l’approccio attraverso un disegno normativo più veloce dell’attuale e dall’altra, ripensare ad una gestione collettiva dei rifiuti facilitata proprio da una nuova e diversa normativa di riferimento.

Pensare ad investire ad esempio in un rafforzamento degli impianti per la raccolta differenziata attraverso la produzione di biometano e la formazione di compost naturale. Molti degli intervenuti si sono lamentati della mancanza di Decreti attuativi che permettano di far funzionare a regime l’economia circolare dei rifiuti.

Lo stesso Edo Ronchi nel suo intervento ha fatto rilevare come l’Italia abbia perso posizioni rispetto alla Comunità Europea proprio a causa della sua mancata visibilità e attenzione all’Economia circolare del rifiuto. Sorge, più in generale, la necessità di nuove misure per un cambiamento nei metodi di produzione e, conseguentemente, per raggiungere una neutralità climatica. I nostri investimenti su questo tema rispetto ad altri paesi europei sono in calo, anche se il modello di economia circolare adottato in Europa potrebbe offrire un nuovo sviluppo economico e un maggiore incremento occupazionale. Nuove scelte innovative rispetto all’uso degli inceneritori diventano di primaria importanza per il cambiamento climatico insieme al riciclo delle plastiche miste e gli investimenti sull’idrogeno verde.

I temi presi in esame dai convenuti hanno riguardato anche l’uso e il riuso degli imballaggi, una seconda vita nel caso delle plastiche così come il riciclo degli oli esausti.

Il Ministro Giovannini intervenendo ha indicato la necessità di una leva fiscale per cambiare la mobilità, arrivando anche ad una sorta di Carbon Tax alla frontiera, toccando diversi aspetti della mobilità, su gomma, elettrica e navale, con le relative conseguenze di inquinamento che queste scelte hanno comportato e comporteranno.

Il prossimo futuro prevede molte opere finalizzate al cambiamento, ma siamo preparati a coinvolgere le persone nelle scelte che si andranno a compiere? Il dibattito pubblico è importante, ma non solo perché è democratico, ma perché può dare risposte migliori e maggiormente condivise con i cittadini.

Legambiente ha anche affrontato nel dibattito il tema della mobilità urbana in modo critico e sostenibile, proponendo forme pulite di mobilità dolce ed elettrica all’interno delle città, sull’abbandono definitivo dell’auto privata a vantaggio di una mobilità più vivibile e sana. La risposta non può che trovarsi nell’ampliamento e in un maggiore uso di autobus elettrici, metropolitane, tram e nuovi treni, oltre che in una maggiore, più facilitata e sicura mobilità a piedi o in bicicletta. Per quanto riguarda il Sud, invece di pensare al Ponte sullo Stretto, sarebbe meglio indirizzare maggiori investimenti al potenziamento della rete ferroviaria esistente, sia per quanto riguarda i mezzi disponibili che la loro velocità, maggiore elettrificazione dei sistemi e riordino della rete, coordinando la sfida ambientale con quella digitale.

Per le città sono previste circa 5000 chilometri di ciclabili interne in più mentre per il cicloturismo è in previsione un ampliamento delle rete di collegamento tra le città principali del Paese di circa 10.000 chilometri. Il tutto dovrebbe essere accompagnato da una revisione generale del Codice della Strada garantendo Sicurezza soprattutto alla mobilità dolce, ciclabile e pedonale.

Le risorse ci sono, ma non sono infinite, sarà quindi importante dirottarle soprattutto subito verso future energie rinnovabili.

Il ministro Patuanelli è intervenuto su alcuni temi generali riguardanti la nuova PAC (Politica Agricola Comunitaria) richiamando la necessità di chiudere l’accordo con le parti interessate al più presto. Per quanto riguarda l’Idrogeno non si deve fare l’errore di sviluppare il tema senza pensare ad una struttura economico produttiva di supporto. Le risorse, a suo avviso, non saranno da frammentare in troppi progetti, ma invece direzionarle verso alcuni, ma che abbiano a breve una valida risposta e un alta produttività. Una proposta per la produzione di energia rinnovabile riguardante l’ambiente agricolo potrebbe essere quella di ricoprire tutte le coperture agrotecniche esistenti con pannelli fotovoltaici. Inoltre razionalizzare meglio la logistica nella distribuzione delle merci e impostare un passaggio controllato dal biometano al biogas.

Per il ministro Orlando il Recovery è una grande opportunità per migliorare il rapporto uomo e natura. E’ importante anche per un miglioramento occupazionale della mano d’opera, che dovrà essere più preparata e qualificata. Per questo scopo sarà necessario investire maggiormente in innovazione e nella ricerca, punto nevralgico per sostenere un nascente ricambio nell’economia green. Questo passaggio sarà anche una sfida sulla formazione e nella scuola, soprattutto per quanto riguarda il coinvolgimento di certi settori dell’istruzione quali il tecnico e l’universitario.

La On. Muroni anch’essa intervenuta nel dibattito ha ribadito come le osservazioni siano state tante pur con pareri diversi. Il condizionamento del nostro futuro green sarà dato essenzialmente da due fattori: il clima alterante entro il 2030 e il 2050. Eni, Snam e i paesi produttori dell’Est spingono per delle scelte mirate al gas fossile come energia verde e pulita. Abbiamo invece bisogno di un piano energetico veramente green che ci accompagni nel prossimo futuro per raggiungere gli obiettivi di contenimento energetico evidenziati dall’Europa.

Legambiente ha ricordato la necessità di avere al più presto una legge per l’Agricoltura biologica, attraverso e regolamentando la formazione dei Biodistretti. Solo in questi ultimi vent’anni si sono persi per cause diverse qualcosa come 6 milioni di ettari coltivabili, da ciò la necessità di un “nuovo” ritorno alla terra, con una agroecologia libera dalla dipendenza chimica.

Nel suo intervento Landini della CGIL ha richiamato l’attenzione su una necessaria  transizione ecologica che sia giusta e pulita. Bisognerà accompagnare la riconversione di certi luoghi del nostro Paese, come ad esempio il polo metallurgico del Sulcis (Carbone). Necessita in questo senso una partenza di nuovi investimenti per rispondere in tal senso. Per far crescere l’occupazione servono le riforme, quella fiscale e del mercato del lavoro da un lato, la Giustizia e la Pubblica Amministrazione dall’altro. Molte delle grosse imprese del nostro Paese sono a capitale pubblico come quelle nel settore siderurgico (ILVA) e necessitano di una revisione e innovazione del loro processo produttivo. Per realizzare il cambiamento sarà più che mai necessaria la presenza dello Stato nella realizzazione di nuovi sistemi e nuovi prodotti, come per le ferrovie, che non dovranno però essere solo ad alta velocità, ma sarà necessario anche un recupero delle vecchie linee, pendolari e regionali. E nell’edilizia, soprattutto con un impiego di nuova manovalanza specializzata, preparata all’uso di materiali più naturali ed ecocompatibili e da un maggiore controllo sui piani di costruzione nazionali e locali. Il cambiamento potrà avvenire solo se sarà accompagnato da una tangibile ricaduta sul sociale. Viene inoltre auspicato un intervento più incisivo del Pubblico anche per quanto riguarda il controllo dell’intervento privato nel Libero Mercato, in questo senso sarà necessario un nuovo modello per salvare il Pianeta. Per cambiare l’attuale sistema sarà fondamentale avere il supporto di una Intelligenza Collettiva.

Anche il WWF tramite il suo rappresentante intervenuto nel dibattito ha annunciato l’urgenza di dover agire per preservare le biodiversità visto che siamo oramai al limite della terza estinzione di massa. Servono linee ed impegni nuovi per contrastare efficacemente questa situazione e nel PNRR si è evidenziata una sostanziale carenza di fondi stanziati per contrastare il fenomeno. Ci vorranno progetti concreti che riguardino tutte le aree protette del Paese, sia di terra come di mare. L’Italia è un paese delicato sotto diversi punti di vista, in particolare per l’idrogeologia che in diversi luoghi dovrà essere messa in sicurezza permanente. Inoltre sarà urgente prevedere la salvaguardia degli insetti impollinatori, questo si potrà realizzare solo spostando verso il biologico la maggioranza dell’agricoltura italiana. Il piano previsto dall’Europa non fa alcuna menzione alla salvaguardia delle biodiversità presenti nei singoli territori europei.

Per ultimo, l’intervento della COOP Italia per ricordare come la pandemia avrebbe potuto cancellare tutto ciò che si era manifestato per l’ecologia e il cambiamento climatico, invece ha dato delle indicazioni nuove e forti per cambiare stile di vita. Chi fa impresa oggi deve rispondere alle esigenze emergenti dalle famiglie con risposte vere. La sfida è collettiva, non si vince da soli. Le filiere del cibo sono tra i massimi consumatori d’acqua, sarà necessario lavorare a fianco dei produttori. Per l’agricoltura il cambiamento è in atto, dal 2019 non è più in uso il glicosolfato, mentre molti dei pesticidi in uso sono stati ridotti e anche nell’allevamento si fa meno uso degli antibiotici. Per il cambiamento in agricoltura si dovrà intervenire sul biologico, investire in tecnologia buona e con un’agricoltura di precisione. Senza però dimenticare la presenza delle Ecomafie nella gestione dell’ortofrutta nazionale e dei rifiuti.

In conclusione quali considerazioni possiamo cogliere dalle proposte messe in campo per il PNRR da parte di Legambiente e dall’organizzazione di questo dibattito web sugli obiettivi del Piano, sicuramente importante e coinvolgente, guardando anche il peso dei personaggi scesi in campo per portare il loro contributo in termini di pareri e proposte?

La prima cosa che ci sentiamo di dire riguardo i presupposti generali, che questi sono sicuramente lodevoli nelle intenzioni anche se tuttavia qualche dubbio rimane… Quando i politici parlano di ambiente partono e si concentrano sempre su singole problematiche o specifiche parti territoriali, rincorrendo a situazioni da recuperare, impegni da intraprendere e ottimizzare, ma mai partendo da una visione d’insieme del problema ambientale. Il più delle volte è uno dei tanti argomenti da inserire nel programma politico elettorale del momento. Da questo punto di vista parrebbe che anche Legambiente nell’elencazione dei suoi dieci punti obiettivo ci sia cascata. Se il problema sarà la salvaguardia del Pianeta e quindi riportarlo ad una condizione eco-ambientale ragionevole per la vita di tutti gli esseri viventi  bisognerà affrontare la questione risolvendo il problema generale che ne è stato la causa, cioè l’Economia globale. Quella stessa economia che nel corso di questi ultimi due secoli ci ha portato ai nostri attuali problemi ambientali, all’inquinamento generalizzato dei terreni, dell’acqua e dell’aria. Una economia liberista fondata sull’accumulo di capitale ad ogni costo, senza riguardo per niente e per nessuno, solo quando saremo in grado di toglierci da questo sistema costrittivo allora automaticamente tutto potrà andare a posto,  aria più pulita, un assestamento dei cambiamenti climatici, un ritorno dei boschi e delle foreste, una mobilità terracquea più pulita e sicura, una agricoltura naturale accompagnata un mangiar più sano e salutare.

Ma non si è neanche sentito parlare, al di là delle intenzioni e se non in una forma appena accennata, di una economia integrata a zero emissioni e a zero rifiuti.

Nessun accenno a forme di economia alternative come quella della ciambella proposta dall’economista inglese Kate Raworth, ma nemmeno raccogliendo le indicazioni post pandemiche espresse dalla dott.ssa Mariana Mazzucato e indicate nel suo utile libro “Non sprechiamo questa crisi”. Una brutta sensazione che ci pervade e che ci fa sospettare che né i nostri politici né altri esponenti dell’associazionismo ecologico si siano mai avvicinati a queste letture per prospettare un nuovo modo di intendere e applicare l’economia del futuro più attenta ai bisogni del Pianeta e delle persone, più disposta ad un benessere collettivo che individuale, contro gli sprechi e più rivolta alla ricerca di un altro tipo di stile di vita più umano rispetto all’attuale. Pronti poi a rimettere in mano il tutto, dopo una pulizia di facciata (greenwashing), nuovamente a quegli stessi strateghi dell’economia e ai loro capitani d’industria che ci hanno portato a dove siamo arrivati tuttora.

Sono bastati un paio di decenni a farci dimenticare quello che Alexander Langer ci ha lasciato scritto sul rispetto dell’ambiente e i problemi socio umanitari ad esso connessi.

Dalle diverse indicazioni emerse nel dibattito delle varie rappresentanze coinvolte nessun accenno ad esempio sul come si opererà per ridurre il trasporto commerciale su gomma e se questo invece continuerà anche per il prossimo futuro nello stesso modo, come verranno trasformati sotto il profilo energetico i motori di questi “bisonti della strada” visto che poco si è detto sul ritorno a privilegiare il trasporto su rotaia o navale per i container.

Necessitava forse anche un maggiore approfondimento sull’uso massiccio della plastica e il futuro di questo materiale, problema questo che per la sua risoluzione dovrà sicuramente coinvolgere la pulizia e la raccolta dell’esistente, ma innanzitutto la ricerca in primo luogo di nuovi materiali sostitutivi e una nuova industria di trasformazione, cancellando di fatto così una delle principali cause dell’inquinamento ambientale globale terrestre e marino.

Ma soprattutto nessuno degli intervenuti è stato in grado (o non ha voluto) entrare nel merito sulle indicazioni più adeguate da dare alle persone per cambiare in chiave ecologica i loro usi e comportamenti per accompagnarle ad un nuovo sistema di vita quotidiano più rispettoso dell’ambiente in cui esse vivono e dove un domani vivranno i loro figli e nipoti.

(*) Rolando Terazzan – Associazione ALEx APS – Moncalieri (TO)

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