Una polemica inutile e forse dannosa

“Le parole sono importanti sia per quello che dicono, sia anche, però, per quello che non dicono, cioè nascondono dietro quello che dicono. (…) Si può lavorare per suicidarsi collettivamente correndo tutti insieme verso il baratro, oppure per arricchirsi a danno della collettività o per distruggere i beni pubblici a vantaggio di interessi privati, ad esempio.”

G. Zagrebelsky, Sulla lingua del tempo presente, Einaudi, Torino 2010.

In coda alle polemiche sulle cause della disastrosa alluvione della Romagna, tra cui spicca la cementificazione su aree a rischio idrogeologico, leggo su “Il Manifesto” di ieri 18 maggio, questa frase attribuita al collettivo degli scrittori di Wu Ming, riportata sul sito di Città Futura:

“Forse proprio il concetto di ‘dissesto idrogeologico’ non rende più nemmeno l’idea. La cementificazione e l’incessante valanga di grandi opere inutili hanno causato sia la distruzione cieca delle risorse idriche, cosa che aggrava l’impatto dei periodi di siccità, sia l’impermeabilizzazione del suolo, cosa che aggrava l’impatto delle precipitazioni, come vediamo in questi giorni”.

Qui da noi, invece, divampa la polemica sulla scelta della localizzazione per la realizzazione del nuovo Ospedale. Una scelta che, come si evince dalla tabella comparativa della Regione Piemonte (che esclude dalla comparazione l’area ubicata tra il Cristo e Casalbagliano, recentemente rilanciata dal presidente del Consiglio Giovanni Barosini), si concentra su tre sole aree, due delle quali, l’Area 1, ubicata nell’area attualmente occupata dell’aeroporto e l’Area 2, individuata nell’area agricola del quartiere Galimberti, sono state indicate nel corso della riunione del 13 marzo scorso, dal Presidente della Regione Alberto Cirio e dall’Assessore regionale Luigi Genesio Icardi, e la terza, l’Area 3 in zona Europista, preferita, invece, dai tecnici dell’Amministrazione comunale di Alessandria. Dalla tabella comparativa della Regione (riportata con abbondanza di particolari dagli articoli apparsi nei servizi su RadioGold del 18 maggio scorso) si evince chiaramente che tutte e tre le aree risulterebbero incluse (ancorché con maggiore o minore rischio idrogeologico) all’interno della Fascia B del Piano delle Fasce Fluviali dell’Autorità di Bacino del Fiume Po, e pertanto a rischio idrogeologico, per ridurre il quale occorrerebbe approntare dei lavori per la messa in sicurezza di quelle stesse aree stimati (dai tecnici dell’Amministrazione comunale, e a mio avviso sottostimati in quanto non è stato considerate, ad esempio, il costo delle barriere anti-rumore sulla tangenziale) in 16 milioni di euro.

Sia ben inteso: non intendo in alcun modo partecipare alla polemica tra le diverse opinioni (da parte della Regione, dei tecnici dell’Amministrazione comunale, e di alcuni esponenti politici sia appartenenti ai partiti della minoranza che della maggioranza) riportate sui servizi di RadioGold. Vorrei solo far presente a tutti che, vista dal di fuori, la sensazione che si prova con riguardo a quella polemica ruoti attorno “al rischio di perdere il finanziamento di 300 milioni di euro stanziati dall’Inail”, ignorando del tutto quanto sta accadendo nella regione romagnola e quanto quella drammatica esperienza ci sta insegnando.

Una esperienza che ricorda, a chi l’ha vissuta 29 anni fa, l’altrettanto drammatica (e ormai da molti dimenticata) alluvione del 6 novembre 1994, che ha provocato una settantina di morti in tutto il Piemonte e quattordici vittime tra gli abitanti dei quartieri degli Orti e dell’Osterietta, ed ha allagato metà del centro storico cittadino e tutta l’area evidenziata dalla Fascia C del Piano delle Fasce Fluviali che delimita l’area a rischio inondazione nel caso di un evento catastrofico.

Mi chiedo, e chiedo ai politici e agli amministratori comunali e provinciali, unitamente a quanti ‒ tra cui alcuni medici ospedalieri e parte del personale, ma anche il Magnifico Rettore dell’Università del Piemonte Orientale (al quale mi permetto di rammentare che la sede ortolana dell’UPO, è stata costruita, non a caso, su pilotis), che preferirebbero l’ubicazione del nuovo Ospedale “vicina all’Infantile, al Disit e al futuro campus universitario degli Orti” ‒, di meditare su quanto sta accadendo nella Regione Emilia-Romagna, in conseguenza di una visione politico-amministrativa, a dir poco limitata, in favore dell’utilizzo di fondi, ma con lo sguardo rivolto all’immediato presente. Il tutto, in un contesto in cui i rischi derivanti dai sempre più frequenti eventi legati ai mutamenti climatici (che si pensavano “futuri”), comportano il rischio, in un prossimo futuro, il sacrificio di altre vite umane oltre che ingenti danni.

Sono a chiedere pertanto a tutti quanti, cittadini e amministratori (questi ultimi sempre molto attenti soprattutto al “rischio elettorale”), di valutare opportunamente anche altre possibili opzioni, come ad esempio, quella di utilizzare quell’enorme spazio, peraltro centralissimo, dell’ex Caserma Valfré, del tutto privo di rischio idrogeologico e parzialmente utilizzato durante la pandemia, ma, soprattutto, l’opzione ritenuta “forse ideale”, da qualche accreditato urbanista alessandrino, della ristrutturazione dell’intero attuale complesso ospedaliero, utilizzando, sia per la ristrutturazione, sia per le future scelte in materia sanitaria, tutto lo spazio dell’ex-Ospedale psichiatrico.

Bruno Soro

Alessandria, 20 maggio 2023

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