I primi dolori del giovane Letta

Confesso di essere disorientato. Come primo vero atto del nuovo corso piddino, Enrico Letta fa giungere forte e chiaro un suo giudizio fortemente critico su uno dei primi CdM del neo premier Draghi. “Assolutamente insufficiente il risultato ottenuto in sede di consiglio dei Ministri”. Così si espresso a caldo e allo stesso modo ha ripreso il concetto una volta contattato da agenzie e giornali. In sostanza si è lamentato di una incapacità nel gestire alcune questioni delicate, sfociate poi nel Decreto Ristori o – secondo la nuova dizione – “Sostegni”. Molti dei denari pattuiti vanno alle imprese che, in questo modo, incamerano denaro fresco a copertura di tutto quanto (più o meno) hanno prevedibilmente perduto nel corso del 2020 e nel corrente 2021. Il perché di questa scelta lo vedremo tra poco. Ma non è finita qui. Altro motivo di preoccupazione per il nostro Enrico è il fatto che circa due miliardi di euro dovranno essere coperti in altro modo, visto che il “condono di fatto”, operato sulle cartelle esattoriali parzialmente o non del tutto riscosse fino ad una media di cinquemila euro, non risulta essere particolarmente popolare. Specie a chi le tasse le ha pagate normalmente e senza fiatare. Una imprevista svolta moderata “modello Lega” che va ad inficiare ciò che ha appena dichiarato (e scritto (1)) il già Ministro Claudio Martelli sull’ “Avanti”. Certo Martelli non  è la “vox populi, vox Dei” che forse vorrebbe interpretare,  ma prova ad interpretare l’esistente e, tranne per la cantonata “a sinistra” rispetto al Governo Draghi, il suo discorso non fa una piega. Non si tratta, affatto, di un governo “più a sinistra di quello precedente” ma semplicemente  di un consesso di portatori di interessi che si cominciano bene a definire. Enrico Letta e il deal del PD post Zingarettiano, fa bene a metterlo sotto lente. C’è un aumento – con stimoli opportuni – alle produzioni a carattere militare. Ci sono segnali nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che parlano chiaro e vale la pena riprendere. Letta ha ben presente il “Piano Colao” dello  scorso anno e ci vede più di una ripresa. Rispetto all’era Conte non molti cambiamenti ma un imprinting più internazionale e un maggiore collegamento con le riforme, quelle che contano e non solo di facciata.

E’ chiara l’intenzione di stringere i tempi e anche la convinzione di non poter fare molti cambiamenti rispetto all’impostazione del precedente esecutivo. Sembra sempre più chiaro che l’obiettivo  di Mario Draghi e della sua squadra di fedelissimi – a prescindere dalla gestione sanitaria – sia quello di portare a casa i fondi europei per i prossimi 5 anni, convincendo la Commissione UE che… l’Italia ce la può fare. Su questo Letta non eccepisce e ben sa quale sia stato l’impegno in tal senso di Gentiloni.

D’altra parte un primo assaggio degli “impegni prioritari” del governo Draghi lo ha fornito il ministro dell’Economia e delle Finanze, Daniele Franco, che più di tutti avrà parola sul piano finale insieme  al Comitato interministeriale per la programmazione economica. Durante l’audizione presso le Commissioni Bilancio, Finanze e Politiche dell’Unione Europea hanno garantito massima priorità e accelerazione sul #NextGenerationItalia per accedere il prima possibile a una parte delle risorse tramite i prefinanziamenti che sono quantificati nella cifra di 25 miliardi di euro. Forse sta tutta qua la pax salviniana  che sta contraddicendo l’immagine del “secondo Matteo de noantri”. Enrico Letta e molti altri erano  abituati ad un gigione sempre pronto alle dichiarazioni e ai colpi di mano, invece oggi si ritrovano un diplomato del Liceo Manzoni di Milano attentissimo ai movimenti e alle parole, anche solo sussurrate. D’altra parte la demarcazione della parte politica di appartenenza può attendere visto che la “fetta di torta” è consistente e, finalmente, il tavolo si è allargato . Una “diminutio” studiata per partecipare alla strategia di rilancio in corso e anche per mostrare a imprese e cittadini capacità gestionali e abilità nei rapporti interpersonali. Una occasione unica che sta cementando amicizie fino a ieri impensabili.E anche di questo, presumibilmente, si è lamentato Letta.

Per la verità non si tratta dell’unica occasione di interscambio favorita dalla gestione draghiana. Infatti, una delle principali differenze del “metodo Draghi” rispetto a chi lo ha proceduto è l’attività di raccordo con i decreti già in attuazione e le riforme chieste dall’Unione Europea per avere pieno accesso ai prestiti. I decreti funzionano, praticamente, come base preesistente per poi poter incardinare i progetti specifici che, sembra, siano meno di quei cinquecento che si erano visti l’anno passato e sui quali erano sorti molteplici dubbi da parte delle parti sociali e dei commentatori (si ricordino le numerose proposte dedicate alle singole amministrazioni per decine di milioni ad hoc). Anche questo passaggio è ben noto alla direzione PD, ma prima di forzare la mano si vuole “andare a vedere”.

Le risorse, una volta definite, dovrebbero essere piazzate in base alle singole riforme che l’UE ha esplicitamente chiesto di portare avanti e che hanno un respiro molto più ampio. Dal tema della lentezza processuale civile, al necessario ammodernamento delle pubbliche amministrazioni , alla scuola e alla sanità pubbliche. Si tratta di un impegno che sa di scalata impossibile, come se ad una vecchietta oversize si proponesse una camminatadi otto ore sul Cervino. Anche questo Letta lo sa bene e sta a vedere senza farsi troppo coinvolgere. Infatti si dovrebbe arrivare al 100 % di progettualità  sulla base delle risorse stanziate entro il 2024, contestualmente all’istituzione di un comitato tecnico-scientifico per la valutazione dei progetti medesimi e della loro efficacia. Letta accenna un sorrisino…ma si contiene. Ma non solo. Già entro la fine di quest’anno (2021, lo vogliamo scrivere per rendere più chiara l’informazione)  “saranno approntati percorsi trasparenti ed efficaci di monitoraggio e attuazione delle misure previste” (2). Con, sullo sfondo, obiettivi ancor più ambiziosi ma, a quanto pare, gli unici a poter garantire la continuità del flusso di denaro sempre più indispensabile alla nostra asfittica economia. Entro il 2026 dovranno esserci in media 60.000 imprese che acquisteranno in modo ufficiale e tracciabile “beni strumentali ad alta tecnologia”, con un incremento annuo – a partire dal 2022 del dieci per cento circa. Nientepopodimeno…

Senza infrastrutture, però, questi traguardi da miraggio sahariano rischiano di restare, per l’appunto, miraggi. E proprio su questo tema Enrico Letta e il gruppo di lavoro che ha messo in piedi in fretta,  registrano importanti novità. Continuando un trend iniziato una decina di anni fa, anche il governo Draghi ha intenzione di puntare molto sul potenziamento della copertura della banda ultralarga fino a 1 Gbit/s per sostenere la realizzazione di reti in aree strategiche. In particolare, secondo il citato PNRR, i progetti previsti saranno suddivisi in sette aree prioritarie di intervento:

. Piano Italia 1 Gbit/s. Per una maggiore diffusione delle nuove reti in fibra sul territorio nazionale, grazie alle risorse del Recovery Fund, sarà raggiunto circa il 30 % delle unità residenziali di 8,6 milioni di unità ancora in dissesto digitale rispetto alla società dei gigabit. Il restante 70 % delle risorse necessarie sarà raccolto da altre fonti di finanziamento.

. Completamento del Piano Scuole. L’obiettivo è fornire a tutte le strutture scolastiche italiane servizi di connettività a banda larga fino a 1 Gbit/s in download, al fine di soddisfare le esigenze di connettività per la realizzazione e la realizzazione del sistema di insegnamento per studenti e insegnanti, in particolare per quanto riguarda i requisiti che emergeranno all’inizio dell’anno accademico 2020-2021.

. Piano delle strutture sanitarie. L’obiettivo del progetto è interconnettere oltre 12.000 strutture sanitarie, personale sanitario e pazienti, rafforzare la resilienza e la corposità del sistema sanitario.

. Piano in fibra per i parchi naturali. In pratica una copertura in fibra ottica con postazioni di consultazione e osservazione da armonizzare con le strutture – parco.

. Piano (anche qui in fibra ottica) per musei e siti archeologici. L’obiettivo del progetto è fornire a tutti i musei e ai siti archeologici del territorio italiano una rete Wi-Fi gratuita, gratuita e ampiamente distribuita (cfr. Componente sul Turismo e la Cultura).

. Diffusione della rete 5G in tutti i centri urbani potenziando, soprattutto, gli impianti sportivi pubblici (sia per l’interconnettività, sia per l’eventuale ritrasmissione degli eventi su supporti di alta potenza)

. Fibra per il 5G lungo le vie di comunicazione extraurbane. Le dorsali in fibra ottica saranno realizzate integrando le dorsali esistenti e installando nuove infrastrutture sulle strade provinciali, per favorire la diffusione delle reti e dei servizi 5G a sostegno della sicurezza stradale, della mobilità, della logistica e del turismo nelle zone extraurbane.

Una strategia che Enrico Letta aveva già studiato nel suo Centro di Formazione parigino e che qui trova conferme.  Si tratta del Green New Deal, progetto ad ampio respiro europeo (e ad altissimo budget)  punto di origine di quasi tutto quanto viene promosso oggi in Unione Europea. Se andiamo a vedere quali sono gli obiettivi di quel progetto, vedremo molti dei capisaldi riproposti dal duo Cingolani – Draghi. Si va dalla trasformazione dell’insieme del comparto industriale incentivando la progettazione, la lavorazione e la successiva compattazione o riuso dei prodotti in chiave ecologica, fino all’impegno di decarbonizzare completamente il settore energetico,  oggi responsabile del 75% delle emissioni inquinanti.

Sempre secondo il piano europeo citato, anche la mobilità dovrà essere ripensata in termini di sostenibilità. I trasporti sono – infatti – responsabili per il 25% delle emissioni inquinanti nel continente (tutti dati desunti dal PNRR citato). Sarà fondamentale ripensare i mezzi di spostamento nei Paesi UE per impattare al minimo sull’ambiente. Questo non detto da una qualsiasi associazione ambientalista ma dalla principale Commissione Europea di Indirizzo Politico. Inoltre, il progetto coinvolgerà anche l’edilizia, favorendo la costruzione di nuovi edifici abitativi e la manutenzione di quelli esistenti in un’ottica di risparmio energetico.

Tutti i Paesi saranno coinvolti in questa rivoluzione verde. Il significato del Green New Deal, infatti, è iniziare un cammino comunitario verse le emissioni zero. E questo Conte, ma soprattutto Draghi, lo hanno capito e, forse con eccesso di fiducia, provano a proporre in terra italica. Non solo. E’ proprio da uno studio di “Ecole de Science-Po” (Institut d’Etudes politiques de Paris) provengono gli input che porteranno il “deal europeo” citato ad essere così importante.
Non a caso gli investimenti totali saranno di 1.000 miliardi di euro in 10 anni (fino al 2035). Saranno attivati diversi fondi, necessari alle varie regioni europee per iniziare la riconversione economica, produttiva e del mondo del lavoro. Saranno…saranno…saranno… una formulazione al futuro che convince poco ma che, di fatto, è scritta a caratteri cubitali negli accordi europei di indirizzo.

Il motore finanziario del progetto dovrebbe essere il Meccanismo di transizione equa, che si baserà su tre canali di finanziamento principali. Innanzitutto ci sarà un fondo specifico proveniente dalle casse dell’UE, che stanzierà 7,5 miliardi. Gli Stati potranno beneficiare di questo denaro, integrandolo con i contributi provenienti dal Fondo Sociale Europeo Plus, dal Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (i ben conosciuti FESR)e da eventuali risorse nazionali. Ma non è finita qui. E questo è il motivo fondamentale per cui il centrosinistra nostrano con le sue varie compagini, con il PD a fare da apripista, non pestano più di tanto l’acceleratore, lasciando molta libertà di manovra al prsidente Draghi.  Come previsto, un ruolo importante nell’erogazione di investimenti lo avrà InvestEu, un programma comunitario già esistente che potrà muovere fino a 279 miliardi di euro tra fondi pubblici e privati da indirizzare esclusivamente a progetti ambientali e climatici. Il Meccanismo di transizione equa, infine, includerà un sistema di prestito a favore del settore pubblico con il sostegno della Banca Europea per gli Investimenti (BEI), per muovere risorse tra i 25 e i 30 miliardi di euro. Ursula Von der Leyen sullo specifico è stata lapidaria:  “L’imponente impegno finanziario e in termini di investimenti mette in evidenza cos’è il Green New Deal e quale sia il suo significato per l’intero continente. Il progetto, se riuscirà nei suoi intenti, potrà realmente dare una svolta al sistema Europa”. Le vogliamo credere ma già la disparità fra le poste di bilancio riguardanti l’Italia e la Germania ci fanno pensare: Italia 364 milioni di euro a fronte della Germania  con 800. Ma, come esplicitato, per il momento il neo segretario Letta si limita a critiche di routine, conscio del fato che si tratta di un primo stanziamento tra i molti previsti. I numeri sono quelli. I tempi pure, e stretti. La nuova direzione piddina scommette su un azzardo fidandosi del genio Draghi. Ci auguriamo che abbia ragione.

.1. crf. “Claudio Martelli, Enrico Letta e l’eredità di Zingaretti” a cura della Redazione di CF. Qui a fianco.

.2. “PNRR. Opportunità per superare i ritardi” in https://www.eunews.it/2021/03/08/risorse-ue-fine-estate-ministro-franco-opportunita-superare-ritardi/144004

1 Commento

  1. Tra i lavori da finanziare con i fondi del recovery si parla del “ponte sullo stretto” considerando le forze presenti in parlamento (IV a favore?)e la scarsa compattezza delle forze teoricamente contrarie è molto probabile che esista una maggioranza a favore. I verdi cosa ne pensano?
    Nicola Parodi

Rispondi a Nicola Parodi Annulla risposta

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*