Quanto pesa l’Egitto?

L’orribile morte del giovane ricercatore Giulio Regeni ha riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica (meno degli ambienti imprenditoriali e di governo) il “problema” dei rapporti con l’Egitto ossia con un grande Paese, erede di una fra le più grandi civiltà, purtroppo segnato da un regime politico intollerante, oggi punto nevralgico di confluenza di tre importanti entità geopolitiche e culturali: Islam, Mediterraneo e Africa.
Tre “mondi” che rappresentano il futuro delle relazioni dell’Italia e dell’Europa.
E’ prevedibile (taluni l’hanno già messo in conto) che Il Mediterraneo possa tornare a svolgere una funzione di vitale importanza per l’economia, per gli scambi commerciali e tecnologici, per progetti alternativi nel settore energetico, ecc, da mettere al servizio della cooperazione pacifica fra i popoli interessati. Perciò tutti si muovono verso questo mare. Ognuno con i propri interessi economici e geo-strategici. La Turchia, buon ultima, é partita alla conquista della sua quota di “patria blu”, sognando i fasti del vecchio impero ottomano.
Certo, bisogna fare di tutto per accertare e perseguire le responsabilità in ordine all’orrendo delitto, senza dimenticare, però, che il problema dei diritti umani non si pone solo per l’Egitto, ma, in misura e intensità diverse, in quasi tutti i Paesi di tradizione islamica (specie nelle “dittature amiche” del Golfo che nessuno disturba) e nei territori palestinesi occupati dagli eserciti israeliani.
Purtroppo, in questa delicata materia c’é dove si vede troppo e dove si vede poco o nulla!
Per certi aspetti, il problema comincia ad avvertirsi anche in casa nostra, dove si fanno strada, anche per effetto della pandemia, tendenze liberticide e provvedimenti che cozzano con i principi democratici della nostra, ancora vigente, Costituzione.
Ma torniamo all’Egitto.
Dalla nazionalizzazione del Canale di Suez del 1956 (per ottenerla ci volle una guerra contro l’aggressione congiunta di G.B, Francia e Israele), il peso internazionale dell’Egitto si é accresciuto enormemente sul piano politico e culturale. In quella drammatica contingenza Nasser ottenne il sostegno dichiarato, politico e militare, delle due superpotenze: Usa e URSS. Il che vuol dire qualcosa, anche per l’oggi.
Dopo questa clamorosa vittoria, il ruolo, l’influenza dell’Egitto di Nasser crebbero, soprattutto nei Paesi di tradizione islamica. Sul piano interno lo scontro si focalizzò su due tendenze autoctone contrapposte: il nasserismo e il fondamentalismo dei Fratelli musulmani. Tale schema sopravvisse, seppur con molte contraddizioni, fino alle dimissioni di Moubarak.
Nell’ultimo decennio, in un contesto arabo-mediterraneo segnato da preoccupanti tensioni e nuovi protagonismi nazionalistici, la realtà politica egiziana é mutata.
E non tanto per effetto dell’effimera “primavera” che semmai favorì il disegno dei “Fratelli musulmani” che vinsero le elezioni legislative e presidenziali (Morsi) mettendo in discussione i capisaldi che, per oltre mezzo secolo, avevano caratterizzato la politica interna ed estera egiziana.
E’ cambiata perche sono cambiati i referenti internazionali nel Medio oriente, dove si affacciano nuove alleanze e strategie basate su sorprendenti convergenze fra petromonarchie del Golfo, Israele e USA. Pertanto, il ruolo attuale dell’Egitto, divenuto più complesso, difficile da decifrare. non é dato soltanto da certe immagini-standard quali le piramidi, il Nilo, il fiorente mercato delle armi, i nuovi giacimenti petroliferi, ma, soprattutto, dal fatto che il governo egiziano (oggi il gen. Sissi, ieri i suoi predecessori) controlla il Canale di Suez attraverso cui passa un crescente flusso di merci nel 2017 corrispondente al 9% del commercio mondiale.
Merci che, in gran parte, viaggiano da Nord verso Sud ed Est ossia dall’Europa verso i grandi mercati arabi, cinese, indiano, giapponese, ecc.
L’eventuale chiusura del Canale (dal 2015 raddoppiato) o la limitazione dei passaggi sarebbero un disastro economico per l’Europa e, in senso inverso, per le potenze petrolifere del Golfo, per la Cina e per l’India, ecc, ecc.
A conferma, riporti pochi
dati di fonte confindustriale militare:
“Nei primi 9 mesi del 2017, sono transitate attraverso il canale 667,8 milioni di tonnellate di merci (+9,8% rispetto allo stesso periodo del 2016). Da notare che aumenta significativamente il traffico nella direzione Nord-Sud (+18,9%), cioè dal continente europeo all’Asia, ma è in crescita, seppure in maniera minore, anche quello nella direzione opposta (+1,4%).” (Il Sole 24 ore)
“Nel 2018, con un indice di 70,3, l’Egitto è risultato al 18° posto al mondo (la Cina è al primo). E’ il terzo tra i Paesi MENA e secondo tra quelli del Sud del Mediterraneo. L’espansione del Canale di Suez ha contribuito al miglioramento della competitività marittima dell’Egitto (nel 2015 l’indice era pari a 61,5).
– Il Canale di Suez si conferma uno snodo strategico per i traffici marittimi mondiali mercantili; oltre il 9% del commercio internazionale del globo utilizza questa grande via di passaggio.
– La crescita delle merci in transito registra valori importanti, confermata anche nel 2018, anno in cui è stato segnato il doppio record, in termini di numero di navi (oltre 18 mila, +3,6%) e di cargo trasportato (983,4 milioni di tonnellate, +8,2%).
Tutto ciò spiega perché la Francia, che ha interessi assai vasti e multiformi in Egitto e dintorni, ha insignito della “Legion d’honneur” anche il generale Sissi così come tantissimi altri personaggi simili o difformi.
Ma quanti “legionari” ci sono in giro per il mondo?
di Agostino Spataro
Articolo connesso” Petrolio e dittature”: http://www.infomedi.it/petrolio-dittature.htm

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*