La bruttezza del presente ha valore retroattivo.
Karl Kraus, Detti e contraddetti, Adelphi, Milano 1972, p. 212
Conoscendo la mia passione per gli aforismi, in occasione del lontano Natale del 1986 l’amico Franco Contorbia mi ha fatto dono del bellissimo libro di Karl Kraus citato in epigrafe.[1] Il titolo scelto per questo scritto, invece, è una perifrasi del titolo di un delizioso pamphlet dello stesso Karl Kraus, quasi interamente dedicato ad una feroce critica del potere politico, e della stampa che lo ha sostenuto, negli anni che hanno preceduto la prima Guerra Mondiale. Una critica ben sintetizzata dall’incipit della dotta Introduzione della curatrice, Irene Fantappiè, che ben si addice alla situazione attuale: “La guerra si capisce solo comprendendo il modo in cui se ne parla”. [2]
Volendo attualizzare il pensiero di Karl Kraus, merita poi una attenta riflessione un brano tratto dall’Introduzione di Paola Sorge a un altro libro di Kraus[3], nella quale si legge che questo libro rappresenta “la più feroce, la più profonda analisi del nazismo che mai sia stata scritta”. Scrive Paola Sorge che “Con la sua satira di portata universale Karl Kraus ha incarnato l’autorità morale e al tempo stesso intellettuale della sua epoca. Ha lottato contro il potere crescente dei mass media che condizionano l’opinione pubblica, contro l’invadenza della pubblicità sempre più dilagante, contro il sistema giudiziario arretrato e pieno di pregiudizi e quello politico dotato di una capacità quasi illimitata di corruzione, contro gli effetti del progresso che, come recita uno dei suoi aforismi, «celebra la vittoria di Pirro sulla natura». Pacifista a oltranza, bollò la guerra, tutte le guerre, con il suo dramma Gli ultimi giorni dell’umanità.”[4]
Ho preso lo spunto da questi tre capolavori di Karl Kraus non per guardare al passato, ma con lo sguardo rivolto al presente. Sulla guerra di Putin, infatti, capita spesso di leggere resoconti o commenti dai quali non si capisce bene se chi scrive stia con l’aggressore o con l’aggredito. Questo non è il caso di Papa Francesco, il quale, nel brano tratto dal suo nuovo libro[5], oltre a condannare tutte le guerre, scrive: “non esiste occasione in cui una guerra si possa considerare giusta. Non c’è mai posto per la barbarie bellica. Tanto meno quando la contesa acquisisce uno dei suoi volti più iniqui: quello delle ‘guerre preventive’. La storia recente ci ha dato esempi, perfino di ‘guerre manipolate’, nelle quali per giustificare attacchi ad altri paesi sono stati creati falsi pretesti e sono state contraffatte le prove. (…) Vedo contraddizione tra quanti rivendicano le loro radici cristiane ma poi fomentano confitti bellici come modi per risolvere gli interessi di parte. No! un buon politico deve sempre puntare sulla pace; un buon cristiano deve sempre scegliere la via del dialogo. Se arriviamo alla guerra è perché la politica ha fallito. E ogni guerra che scoppia è anche un fallimento dell’umanità”.
Sono parole dure, giudizi pesanti, quelli di Papa Francesco, che non risparmiano gli interessi legati al “commercio internazionale di armamenti destinati a guerre e conflitti”, nonché alla produzione “delle armi denominate di uso personale” e, con riguardo alla pandemia, agli interessi legati alla produzione e alla distribuzione dei vaccini. Egli sottolinea, inoltre, la necessità di “creare istituzioni con cui affrontare le grandi sfide, sempre più urgenti, che ci si prospettano, come il cambiamento climatico o l’uso pacifico dell’energia nucleare”. Ovvero, facendo riferimento alla sua lettera enciclica “Laudato sì”, occorre urgentemente promuovere una “ecologia integrale”. Una ecologia che richiede una ristrutturazione degli organismi internazionali, i quali dovrebbero ispirarsi al concetto di “sicurezza integrale”. Un concetto che implica la necessità di non limitare l’attenzione esclusivamente agli armamenti e alla forza militare, dal momento che “in un mondo giunto a un livello di interconnessione come l’attuale, nel quale è impossibile possedere, per esempio, una effettiva sicurezza alimentare senza quella ambientale, sanitaria, economica e sociale”. Infine, Papa Francesco sottolinea con forza il fatto che “Avere armi nucleari e atomiche è immorale”, dal momento che “L’esistenza delle armi nucleari e atomiche mette a rischio la sopravvivenza della vita umana sulla terra”.
A mio avviso, e per concludere, stando all’esperienza storica i due concetti di “guerra” e “pace” assumerebbero una valenza ‘ideologica’. Basti pensare che, come ebbe a scrivere John Maynard Keynes nel suo profetico libro,[6] con le durissime riparazioni imposte alla Germania dai paesi vincitori, la pace siglata nella Conferenza di Parigi del 1919, che ha posto fine alla prima Guerra Mondiale, ha fatto sì che si creassero le condizioni per un secondo conflitto mondiale. Analogamente, la pace siglata con i Trattati di Parigi del 1946, che alla fine della seconda Guerra Mondiale hanno stabilito la spartizione dei territori delle forze sconfitte alleate del nazismo, e ancor più la successiva Conferenza di Mosca del 1947, in seguito alla quale si ruppero i rapporti tra Stati Uniti e Unione Sovietica, hanno dato vita alla “guerra fredda” tra le due super potenze. Anche in questo caso, le condizioni per la pace hanno posto le basi per “l’operazione militare speciale” scatenata dalla Russia di Putin ai danni dell’Ucraina. Una guerra le cui conseguenze potrebbero, come scrive ancora Papa Francesco, porre fine alla “sopravvivenza della vita umana sulla terra”.
In questa triste epoca, i credenti confidano nella benevolenza di Dio, e i non credenti, sperando che non si avveri il detto biblico sulla morte di Sansone, attendono la pace che verrà.
Alessandria, 18 ottobre 2022
Bruno Soro
- Fra i massimi scrittori della Jung Wien, movimento letterario della Vienna degli inizi del secolo scorso, movimento del quale mi piace citare alcuni dei miei autori preferiti come Stefan Zweig, Elias Canetti e Arthur Schnitzler, Karl Kraus nacque a Jičín in Boemia nel 1874 e morì a Vienna, dove visse fin dalla sua infanzia, nel 1936. Kraus, si legge nella seconda di copertina del libro citato in epigrafe, “osava dire in tempo di guerra cose che pochi altri hanno osato e che nessun altro ha saputo dire come lui”. ↑
- Irene Fantappiè, curatrice del libro di Karl Kraus, In questa grande epoca, Marsilio Editore, Venezia 2018, è docente di Letterature comparate nell’Università degli Studi di Cassino, nonché “studiosa di letteratura italiana e tedesca – si legge sul suo profilo in terza di copertina –, ricercatrice alla Freie Universität di Berlino”. ↑
- Karl Kraus, La terza notte di Valpurga, Edizioni Clichy, Firenze 2016. Un libro che, scritto nel 1933, vide la luce solo nel 1952, a sedici anni dalla morte del suo autore. ↑
- Paola Sorge, Introduzione al libro di Karl Kraus citato nella nota precedente, alle pagine 7 e 9. ↑
- Il brano riportato nel testo è tratto dall’anticipazione, uscita su La Stampa di domenica 16 ottobre alle pagine 2 e 3, al libro di Papa Francesco (a cura di Hermàn Reyes Alcaide), Vi chiedo in nome di Dio. Dieci preghiere per un futuro di speranza, Edizioni Piemme, Segrate 2022. ↑
- J. Maynard Keynes, Le conseguenze economiche della pace, Adelphi Edizioni, Milano 2007. ↑
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