Il richiamo della foresta: Cane e padrone

È bello mettere assieme due libri letti da giovane, nell’uno si esalta il gusto dell’avventura e dei grandi spazi, nell’altro i recessi dell’animo di un grande intellettuale europeo quale Thomas Mann.

Ma, affinché non sorga una confusione fra i due testi, fra le due situazioni, è bene precisare che si tratta di una metafora, anche se ardita.

Naturalmente Buck, il cane, nasce in un dorato mondo di ricchi borghesi, da cui viene strappato da una sorte cinica e crudele, che lo porta, dopo moltissime privazioni e sofferenze, ad un canto de libertad.

Forte e sicuro, Buck organizza il suo branco di lupi che si muove autonomamente in quel grande spazio di foreste fra il Canada e l’Alaska.

Immaginiamo una situazione rovesciata: il cane si ritrova in una cuccia, legato, ma avendo a disposizione acqua e cibo forniti regolarmente dal Padrone. Rinuncia quindi alla sua natura (selvaggia) per accontentare le sue necessità vitali, vende la propria libertà pur di vivere modestamente, ma sicuro.

Qual’è dunque la metafora? Il cane Buck alla rovescia è quindi il popolo italiano, che nelle sue componenti essenziali, sottoproletariato, proletariato, piccola borghesia, media borghesia, rinuncia alla sua anima per vivere in ristrettezze, ma per vivere, mentre la grande borghesia, i vecchi possidenti e parvenu entrano nella cerchia dei padroni, coloro che hanno messo il collare a Buck.

Sono passati oltre cento anni dal romanzo di Jack London, cento anni anche dal racconto breve di Thomas Mann, ma, come vedete, essi possono essere utilizzati per definire nel Padrone quel Proteo multiforme che è niente altro che il Capitalismo, che cambia facies ed aspetto, ma il cui fine è quello di manipolare, sottomettere coloro che in realtà non possono reagire.

Non c’è più spazio per un Buck libero e selvaggio, non c’è più spazio per la grandi foreste del Nord, che significavano libertà, ma il Mondo da lungo tempo viene controllato e regolato secondo i meccanismi odiosi, ma inesorabili, di Metropolis, un vecchio ma profetico film del grande Fritz Lang. E parliamo del 1928.

Viator

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