Scorie Nucleari in cerca della soluzione “meno inidonea”

E’ solo un inizio ma promette bene. L’incontro della serata del primo dicembre in una affollatissima sala della Bibliateca Centrale di Trino Vercellese, ha ben riassunto i termini del problema “Confinamento scorie nucleari nazionali” sottolineando l’assurda, oltre che scientificamente sbagliata, autocandidatura del Comune di Trino (o, meglio del suo Sindaco) a sobbarcarsi un impegno del genere. Fuori dal CNAPI (la carta nazionale appositamente studiata per identificare i siti idonei, una sessantina circa), fuori da tutte le conferenze di servizio specifiche, a qualsiasi livello, incredibilmente il Sindaco se ne esce con una “boutade” che i suoi stessi compagni di partito hanno riticato. Sulla pagina locale de la Stampa il 29 novembre campeggiava, infatti, un imbarazzante: “Il Sindaco di Fratelli d’Italia che vuole le scorie radioattive“. “Portate tutto a Trino“. Con un significativo sottotitolo: “Il 73% dell’attività radioattiva del Paese e il 90% degli scarti si trovano in Piemonte. Il comune del Vercellese, ritenuto non idoneo da Sogin, è l’unico a volere i rifiuti“.   Di qui l’assemblea del primo del mese, con molti sindaci della zona, ambientalisti, tecnici e personaggi politici più o meno noti. Il tutto con la partecipazione del dott. Minutolo di Legambiente sulle questioni più strutturali, che riprenderemo dopo, mentre Michela Sericano e Gianpiero Godio si sono soffermati su aspetti inerenti l’indicazione del sito, di cui viene ribadita la necessità “ricercando il luogo meno inidoneo possibile”, perchè l’attuale situazione di dispersione in decine di centri sparsi per l’Italia, ma concentrati soprattutto in Piemonte in via provvisoria, è assolutamente insostenibile. Buono l’intervento del dott. Cognasso di Legambiente di Trino e del suo collega Vittorio Giordano di Casale M.to che hanno un po’ fatto la storia del nucleare nel basso Monferrato casalese-trinese. Come pure buoni e documentati gli interventi della consigliera di minoranza Patrizia Ferrarotti (Comune di Trino) e del consigliere regionale Giorgio Bertola di Europa Verde. Interventi brevi, precisi, ben condotti che hanno permesso alla numerosa presenza di cittadini, soprattutto locali, di fare una serie di riflessioni e di domande. Onore al merito per gli organizzatori.

Passi indietro nell’individuazione del sito

Sembrava tutto fatto con 65 siti indicati con precisione e i tecnici di Ispra e di una serie di altre autorevoli entità scientifiche al lavoro per delimitare meglio “quelli migliori per possibilità di contenimento e rispetto delle indicazioni ufficiali di legge più volte richiamate”. Invece no. Con l’arrivo del nuovo Governo si è ulteriormente data voce al partito della “non soluzione” quello della sindrome Nimby…. ovunque…ma non a casa mia. Con la possibilità, per chi è disposto a rischiare la salute e il futuro del proprio territorio in cambio di somme relativamente grandi di incentivi, di “autocandidarsi”. Ma per fortuna la “boutade” sembra stia svanendo. Nel caso, invece, venissero rispettate le prescrizioni previste si presenterebbe una soluzione di questo tipo: “le previsioni per l’attuazione dell’iter necessario alla realizzazione del sito e alla sua messa in opera ci portano – di fatto –  intorno al 2025, anche se, in questi casi, i “termini” sono sempre molto relativi”. Questo, ovviamente, con il passaggio al CNAI e poi all’indicazione vera e propria (sostanzialmente ad una prima restrizione e ad una decisione finale).

Si tratta, comunque, di un impatto non da poco, quello di un impianto di stoccaggio nucleare, che da sempre il movimento ambientalista italiano  ha previsto come uno dei principali problemi legati all’uso dell’energia nucleare da fissione (e in prospettiva anche da fusione). Una situazione imbarazzante che metterà a dura prova le capacità di corretta informazione, accesso agli atti fondamentali per i cittadini e , a volte , pure per le varie amministrazioni coinvolte.

Ricordiamo che, una volta individuato il sito in cui verrà realizzato il deposito nazionale, inizialmente conterrà ben 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media intensità e successivamente anche 17 mila metri cubi ad alta attività (per un massimo di 50 anni). La spesa prevista per il “Deposito”, affiancato da un parco tecnologico, è di 900 milioni di euro (valuta 2019). Forse è proprio a questa “fetta di torta” a cui fa riferimento l’intervento della neo presidente della Consulta Comunale Ambiente di Alessandria Michela Sericano, anticipando quello che sarà un possibile tira-e-molla tra stakeholders vari e le stesse amministrazioni periferiche. E’ ancora troppo evidente il vulnus  prodotto dalla non-discussione in margine ai provvedimenti di sostegno ai lavori del c.d. “Terzo Valico ferroviario GE-MI” ammontanti a sessanta milioni di euro per soli undici Comuni. Un continuo rincorrersi di proposte, di spinte e controspinte che poco – o nulla – hanno a che vedere con la programmazione trasportistica. Quindi c’è da attendersi qualcosa di simile: accettazione del rischio (grande) per qualche campetto di calcio o qualche fognatura…. Bravi davvero.

Nello specifico della proposta Sogin vi è anche, a corollario, il cosiddetto  “parco tecnologico” ma, per ora, si hanno poche informazioni, vista la genericità dello specifico paragrafo che ne tratta, almeno per quanto si può capire dal sito  (https://www.depositonazionale.it/) .

Cosa ci si può attendere

Una condizione di emergenza che non può essere sottovalutata e che rende ancor più meritorie le lotte e le opposizioni fatte, in modo sempre pacifico e a termini di legge, tra gli anni Settanta e Novanta dello scorso secolo. Non c’è affatto da scherzare e tanto meno da “minimizzare”.

Nel “Deposito Nazionale” (comunque da non piazzare in luoghi “autoproposti” in modo surrettizio) saranno sistemati definitivamente circa 78.000 m3 di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell’arco di 300 anni. Sia sulla definizione di “molto bassa e bassa attività” come su quello di “valori trascurabili” è già iniziato, anche nelle commissioni parlamentari, un fattivo confronto. Inoltre di questi rifiuti, è bene ricordarlo,  circa 50.000 metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica (chiusi definitivamente dal Referendum appositamente indetto nel 1987). A questi cinquantamila andranno aggiunti i circa 28.000 metri cubi provenienti da impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria.  Pure sui tempi e sulle prospettive future è utile fare chiarezza.   Infatti sul totale di circa 78.000 metri cubi, 33.000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti 45.000 metri cubi verranno prodotti in un futuro non ben determinato (secondo gli atti pubblicati).  Nel Deposito Nazionale sarà pure compreso il Complesso Stoccaggio Alta attività (CSA), per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività. Una minima parte di questi ultimi, circa 400 m3, è costituita dai residui del riprocessamento del combustibile effettuato all’estero e dal combustibile non trattabile. Cioè quello che abbiamo inviato all’estero, pagando profumatamente per il trattamento specifico, e che – comunque – ci ritorna per le parti “non processabili”. Una grana in più.

E’ vero che il Deposito Nazionale ospiterà esclusivamente i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese, sulla base del principio, affermato dalle norme vigenti, che ogni Paese ha la responsabilità di gestire i propri rifiuti radioattivi, ma l’entità del materiale da trattare e, soprattutto, il costo relativo dello stesso a fronte di un “servizio energetico limitato” cioè di un “flop” riconosciuto a livello internazionale dell’avventura nucleare italiana, grida vendetta. In attesa della disponibilità di un “Deposito geologico idoneo” e “gestibile in sicurezza”, i rifiuti a media e alta attività saranno stoccati all’interno di una diversa struttura di deposito temporaneo, denominata CSA, “Complesso Stoccaggio Alta attività”, collocata sullo stesso sito del “Deposito Nazionale”. Cioè, in sostanza, il “Deposito Nazionale assommerà una serie di rischi in attesa di soluzioni migliori”. Incredibile…ma è proprio scritto questo nella comunicazione ufficiale. Infatti i residui radioattivi e i materiali nucleari a media e alta attività saranno stoccati, secondo il documento Sogin, “in appositi contenitori altamente schermanti, quali ad esempio i cask, specifici contenitori qualificati al trasporto e allo stoccaggio, capaci di resistere a sollecitazioni estreme sia meccaniche che termiche (urto e incendio). Anche se questi stessi “cask” non avranno mai una garanzia illimitata ma solo e soltanto legata a parametri di volta in volta indicati dalle prescrizioni amministrative”. Quanto mai volatili e discutibili come abbiamo già verificato in mille altre occasioni. Un motivo in più per ritenere per lo meno azzardata la strana autocandidatura del Sindaco di Trino Daniele pane.

Tra l’altro il documento Sogin, sul dato specifico e sulle possibili contestazioni che ne potrebbero conseguire, recita: “Il CSA risponderà ai requisiti di sicurezza richiesti dall’autorità di controllo, sarà in linea con analoghe strutture già presenti all’estero e disporrà di processi e tecnologie per la gestione ottimale delle diverse tipologie di rifiuto a media e alta attività, attraverso meccanismi di movimentazione remotizzati o con operatore. “. Tutto bene allora? Beh…Avemmo giustamente dubbi sulla scelta nucleare ai tempi del CNEN, di Felice Ippolito e del PEN di Donat Cattin… I fatti ci diedero (e ci danno) ragione. Ora correre ai ripari non sarà semplice e, stanti le – giuste – prescrizioni europee, non sarà affatto indolore. Quindi ribadiamo il nostro “no” a scelte forzate e frutto di scambi di vertice, ben sapendo che, ad un certo punto, si dovrà trovare una soluzione. Ma quella soluzione, l’identificazione di un sito di stoccaggio delle scorie nazionale dovrà essere una testimonianza in negativo dell’insipienza di cinquant’anni di politica economico-industriale ed energetica della nostra Italia. Con l’impegno a migliorare nelle energie rinnovabili, quelle vere, non in quelle causa di disastri o peggioramento delle condizioni ambientali (dalle “fossili” al “nucleare”…. ).

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