Il servizio di salute mentale

Lo scorso 8 ottobre si è celebrata la giornata della salute mentale che secondo la definizione dell’OMS consiste in “uno stato di benessere in cui ogni individuo possa realizzare il suo potenziale, affrontare il normale stress della vita, lavorare in maniera produttiva e fruttuosa e apportare un contributo alla propria comunità.”

Nel 1978 le coscienze italiche furono risvegliate dalla c.d. riforma Basaglia , oggi drammaticamente spinta verso l’oblio.

Il pubblico ed il politico si sono gradualmente disinteressati alla sofferenza psichica ritornando in buona parte al vecchio paradigma centrato sull’interpretazione del disturbo organico, prevedendo soluzioni meno costose e più “efficienti”. In realtà la dimostrazione dell’oggi è che questa impostazione diagnostica/organizzativa ha avuto come risultati l’immiserimento delle cure, la loro inefficienza ed un aumento dei costi .E’ di gran moda quella che possiamo chiamare l’ideologia securitaria ( chiudiamoli da qualche parte ) e dall’altra il cedimento alla privatizzazione della salute mentale è sotto gli occhi di tutti.

Non credo di esagerare affermando che la psichiatria o meglio il servizio di salute mentale oggi rischia la “disattivazione”. I farmaci sono senz’altro presidi irrinunciabili, ma quando l’uso del farmaco è- per così dire- impersonale si cade in una concezione del dolore psichico, che fa ricadere la psichiatria in pratiche di controllo sociale aggiornato tecnologicamente. L’abbandono nell’ambito pubblico delle psicoterapie e della presa in carico a ”tutto tondo” del paziente ( famiglia, reinserimento, lavoro etc..) sta disumanizzando la cura e questo ha un serio impatto negativo anche sugli operatori.

Ho sottomano due pubblicazioni relative al nostro territorio : “ Il peso delle pareti “ ( 1981/82) e “ Una casa, una rete” ( 1992).

“Il peso delle pareti: amministrazione e trattamento della follia nella storia e negli archivi del San Giacomo di Alessandria” è il catalogo dettagliato di una mostra storica organizzata dall’Unità Sanitaria Locale N.70. In questo volume si contestualizza il perché della mostra: il passaggio dalla struttura manicomiale alla legge 180. Il contenuto di immagini e descrizioni de “Il peso delle pareti” ci permette una lunga cavalcata dallo Spedale de’ Pazzarelli (1773) passando attraverso Il Regio Manicomio (1856) caratterizzato dalla Terapia Morale e dall’introduzione della Sperimentazione dell’innesto ematico ed , infine dell’ergoterapia. Nel 1878 inizia la raccolta della sezione craniologica.

Furono gli anni ottanta di grande fermento culturale anche per la nostra città e per il San Giacomo che non fu subito chiuso o simbolicamente abbattuto come in altre città ; furono gli anni che portarono la nuova psichiatria sul nostro territorio e con essa un nutrito drappello di giovani psichiatri, infermieri, psicologi, assistenti sociali, educatori, che lavorarono per la trasformazione e per il consolidamento del servizio di salute mentale pubblico. Ma soprattutto uscirono da quelle pareti uomini e donne reclusi da anni e anni di totale isolamento e furono portati a vedere il mare per la prima volta nella loro vita.

La seconda pubblicazione che ho citato è la storia di un’equipe psichiatrica che decide, fra preoccupazione ed entusiasmo, di dare vita alla Comunità Psichiatrica di Valenza. Quella equipe psichiatrica valenzana, preso atto delle alte recidive di ricovero nel suo territorio riportò l’attenzione sul nucleo pesante della psicosi, per il quale le risorse ambulatoriali e domiciliari, per quanto sofisticate non risultavano in grado di fornire adeguate risposte. Soprattutto l’equipe di Valenza fu in grado di fare clinica, studiare ed analizzare il territorio ed i suoi bisogni nell’ambito della salute mentale, costruire servizi, mantenere servizi, formare personale e concordare passo dopo passo le proposte e le azioni con il potere locale, articolando e integrando i servizi fra comunità e servizio di psichiatria. Da anni la comunità psichiatrica non c’è più e forse a Valenza c’è un ambulatorio psichiatrico di poche ore settimanali.

Ho scritto qualche tempo fa su Città Futura i miei dubbi e la mia contrarietà sui medici gettonisti, qualche settimana fa si è svolto a palazzo Monferrato un incontro dal suggestivo titolo:” Innovare la Sanità Insieme” il sottotitolo cosi continuava: L’impegno della cooperazione di medici nel sistema dei servizi ospedalieri e territoriali. Fra le varie e le eventuali il Presidente di Confcooperative Sanità Piemonte Mario Sacco conclude il convegno con l’obiettivo da una parte di presentare le progettualità che le cooperative dei medici stanno sviluppando, dall’altra di proporre una piattaforma comune con la regione Piemonte per passare da una fase sperimentale ad una strutturale grazie ad un’azione di co-programmazione e co-progettazione……

Leggo su La Stampa di ieri ( 21/10) “ Tortona il reparto di fisiatria non parte e accumula un debito di 7 milioni di euro. La causa sarebbe un problema di gestione del personale, dipendenti pubblici e privati non potrebbero lavorare insieme, si attende un parere legale”.

Questo era uno dei progetti segnalati come ottimi nel convegno su citato, questa geniale operazione costa solo 49,5 milioni di euro in nove anni che equivalgono a cinque milioni e mezzo l’anno.

Perché dalla Psichiatria alla fisiatria? Ma perché buona parte del servizio psichiatrico in Alessandria è con gettonisti.

Margherita Bassini

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