Shalom

È una bellissima parola ebraica con un significato assolutamente universale, vuol dire “pace”. E per chi si intende di lingue semitiche, vediamo che c’è una concomitanza con la parola araba “salam”. Il significato è lo stesso.

Per chi si approccia alla lingua araba,  “salam alaikum” significa la pace sia con te, a cui si risponde con un “alaikum salam” cioè con te sia la pace. Bello e conciso, non è vero?

Quindi, sia israeliani che palestinesi usano spessissimo questa parola, ma sembra che della cosa in sé facciano poco uso.

Settantacinque anni di guerra, intervallati da pochi anni di pace, pace che in realtà è una continua guerriglia: ecco i risultati di una spartizione che in realtà non ha avuto mai luogo. Gli inglesi, con una tecnica ben sperimentata, che hanno sempre usato per evitare le difficoltà, avevano evacuato la Palestina nel 1947 e avevano lasciato il difficile compito di sistemare la vexata quaestio alle Nazioni Unite.

Risultato: la nascita dello stato di Israele e la guerra contro tutti gli stati arabi confinanti. Poi, durante i decenni seguenti, una serie di guerre che hanno visto Israele sempre vittoriosa militarmente, ma non moralmente, tanto è vero che, mentre i primi ministri israeliani ed il presidende dell’OLP ricevevano premi Nobel, le condizioni della popolazione palestinese continuavano a degradare sempre più.

A settantacinque anni dal primo conflitto la situazione si attesta su un sostanziale apartheid, che distingue nettamente israeliani e palestinesi, pone i secondi sotto il diretto controllo dei primi e cerca di occupare o controllare i territori abitati dai palestinesi, cioè la striscia di Gaza ed i territori della Cisgiordania, nei quali i coloni israeliani dell’ultra destra continuano a rubare spazio manu militari.

È inutile sottolineare come l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 sia stato orribile e senza giustificazioni, ma anche la reazione del governo israeliano dell’ultra destra è stata senza pietà. È chiaro che non tutti i palestinesi sono Hamas, ma Israele ha agito con questa logica, e i risultati si vedono, quasi 30.000 morti.

Rebus sic stantibus, credo ci possano essere soltanto due vie: Israele nel suo furore biblico, sottomette o distrugge tutti i palestinesi, poiché è troppo forte militarmente, ma tale operazione dovrebbe essere duramente contrastata dall’opinione pubblica internazionale, che potrebbe anche rammentare ad Israele della Shoa. Oppure una sorta di trincea mondiale contro l’espansionismo israeliano, che porterebbe alla creazione di uno stato palestinese autonomo, supportato economicamente da Stati Uniti, Europa e da quei paesi arabi petroliferi in grado di spalleggiare tale indipendenza. Il popolo palestinese ha talmente sofferto nel secolo passato, come gli ebrei fino al 1945, che noi riteniamo possa avere in sé la forza per costituire uno stato dallo sviluppo originale per tutto il Medio Oriente.

Tale è il nostro auspicio.

Speriamo che le sofferenze subite dagli Ebrei nel passato e dai Palestinesi ancora oggi, possano, nelle future generazioni, divenire il ricordo di una accanita competizione ormai sopita.

Viator

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