Max, il Cavaliere

Si è spento Max Von Sydow.

L’abbiamo incontrato la prima volta sulle spiagge del Baltico, pronto ad affrontare e tenere in scacco la Morte, mentre, accompagnato dal suo fido scudiero, attraversa la dolente Svezia medioevale.

Poi, sempre diretto dal suo regista guida, Ingmar Bergman, è un mago che passa da una rappresentazione di guitti al castello reale di Stoccolma (Il volto).

E poi, emblema di un guerriero Vichingo o, meglio, Variago, esercita ritualmente una terribile vendetta per la morte dell’angelica figlia, mezzo pagano, mezzo cristiano.

Negli anni ’60 lo ritroviamo, ossessionato dalla minaccia cinese, in una gelida chiesa luterana, incapace di vivere e pronto a darsi la morte.

Ne L’ora del lupo è vittima degli incubi del presente, ma soprattutto del passato, in quest’ora della notte.

Nel sottovalutato La vergogna un accorato appello di Bergman contro la guerra, che non è solo quella del Vietnam, ma è quella universale, che termina in un mare di cadaveri galleggianti.

Ma l’attore non è solo Bergman, è anche una serie di film non svedesi, che lo collocano nel GOTHA del cinema americano.

In particolare il terribile, asettico sicario de I tre giorni del condor, che trova nella sua potenziale vittima un possibile allievo.

Ed infine, magistrale combattente della Chiesa, contro un Satana che si insinua nelle moderne strade di un’America gotica.

Un fisico possente, una grande forza scenica, un animo sempre combattuto.

Una presenza fondamentale nel cinema del ‘900.

Caro Max, ti sia lieve la terra.

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