Come sinfonia – Il nuovo film di Almodovar: dolor&gloria.

Riappacificarsi con noi stessi, con i tanti noi stessi, le legioni che ci abitano.

Fili di un infinito tappeto, connesso con tutto e contemporaneamente tutto nostro.

Un filo rosso che disegna la nostra mappa, le tracce che lasciamo in eredità e quelle che ci portiamo addosso e che, se non riconosciute, diventano sintomi.

E Almodovar, in una danza di reticolati sanguigni, di architetture di vertebre, di connettori nervosi   mostra come il non attraversato diventa nemico del nostro corpo, sino a renderlo schiavo di pillolette e polverine che offrono solo una parvenza di finta quiete dentro una tempesta  in corso.

Nei suoi film Almodovar ha sempre toccato le corde intrecciate e infuocate del dolore e dell’amore, ma in questo suo ultimo le tempeste si sono via via dissolte e l’attraversamento del mare è riuscito, un nuovo approdo, consolato, perchè ancora una volta passato dall’inferno, porta necessaria alla gioia della risalita.

Il protagonista – come è stato detto – potrebbe ricordare Guido, il dubbioso Mastroianni nel film di Fellini 8e mezzo, ma solo perchè anche Salvador ( Antonio Banderas )  è un regista in crisi; quella crisi che tocca ogni essere umano “nel mezzo del cammin di nostra vita “ e che ha da essere riconosciuta e ringraziata proprio nel sintomo depressivo che ci consegna.

La depressione è come un postino che bussa alla nostra porta per consegnarci una importante missiva, aprirla o non aprirla quella busta farà differente tutta la nostra vita.

Fellini e Almodovar, due – giustamente – differenti modi di affrontare quello che ci siamo lasciati alle spalle e che ora è arrivato a chiedere un prezzo più alto.

Almodovar torna alle radici della sua storia, alla figura di una madre che lo ama ma non lo accetta per quello che è e che sarà.

Qui l’omosessualità di Salvador è toccata con mano leggera e riporta al cuore la bellissima poesia di E.E.Cummings: “nessuno, nemmeno la pioggia, ha così piccole mani “.

Sì, Almodovar ha spazzato via le sterili e inutili volgarità, qui il racconto di un amore ripercorre l’incontro con i primi sintomi dell’amore e il simbolismo di una grotta – la nuova casa della famiglia –  rimanda ad altra famiglia e altra nascita. Siamo tutti figli di un’intenzione divina.

Salvador torna sul luogo del delitto, torna per ritrovare l’attore del suo lontano e ultimo film, torna per vendicarsi di un’interpretazione che aveva ritenuto lontana dal suo sentire.

Ma la vendetta giocherà uno strano scherzo; Salvador – iniziando per la prima volta a fumare eroina con l’amico-attore ritrovato – scoprirà che il suo sentire di allora non è più lo stesso.

Il furore e la rabbia che allora avevano diviso i due amici, svaniscono come fumo (o grazie al fumo ) facendogli scoprire che quando ci apriamo a comprendere l’altro, sciogliamo le inutili difese che avevamo stoltamente eretto, liberando una parte di noi che avevamo tenuta prigioniera.

Non è certo un caso che Salvador soffra di improvvisi “strozzamenti”. La chiusura al respiro del mondo, al mondo dell’altro e al nostro, ha fatto crescere nel corpo una barriera.

Come è possibile tornare a respirare col respiro del mondo ?

Salvador ora non lascia nulla dietro le spalle, ora ha compreso che solo tornando indietro si può fare un rinnovato passo in avanti e tornare a vivere.

Dolce e intenso l’incontro con l’antico amore, la sola storia omosessuale che l’amico ha avuto, poi felicemente innamorato di una donna. E dolce e intenso il loro bacio di addio, che commuove, facendoti partecipe dell’insondabilità dell’amore.  Il giudizio è sempre una trappola mortifera.

Salvador ripercorre gli ultimi giorni con la madre ( le fotografie sul comodino sono i veri genitori di Almodovar ), abbandona sensi di colpa e incomprensioni. Quando si dialoga con i nostri morti si litiga e ci si perdona; troppo spesso si pecca per omissione.

Ma è nel ritrovare in una galleria d’arte di quadri di autori sconosciuti, il ritratto che il giovane imbianchino della grotta della sua fanciullezza gli aveva fatto in una calda giornata d’estate, quando tutto era infuocato e Salvador era stato ammaliato dal vigoroso corpo del ragazzo che l’aveva iniziato al suo sentire, difficile da condividere e da comprendere anche per lui, che il viaggio arriva alla sua fine.

Il quadro ritrovato completa il ritornare; tutti i visi sono stati ora riconosciuti, agli accadimenti è stato dato nome, le difese, svanite come il fumo dell’ultima boccata d’eroina, ormai inutile:ogni cosa ha ora il suo giusto posto. Si torna a respirare col respiro del mondo, risanati.

Tre cammei d’almodovariano femminile : Natalie Wood, nel film Splendore nell’erba ,  Marylin Monroe  in Niagara e Mina, la sua voce attraversa il film nella canzone Come sinfonia .

E’ solo armonizzando le nostre legioni che liberiamo la Vita .

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