Spiriti – Francesca d’Aloja – La Nave di Teseo

Il desiderio è un telescopio meraviglioso.

Queste le parole di Robert Luis Stevenson, uno degli scrittori senza dubbio più riconosciuti di tutti i tempi, privilegio che gli fu concesso da vivo e avvalorato dopo la sua morte.

Ma non è dello scrittore che Francesca d’Aloja ci parlerà nelle pagine del suo libro appena uscito per la Nave di Teseo: SPIRITI.

E non è solo di Stevenson che ci parlerà, ma di una serie di persone, privilegiate o meno, fortunate o sventurate che hanno tutte cercato di dare un senso alla propria esistenza. E tutte hanno rivelato un caparbio desiderio di esistere.

Oggi che viviamo in tempi dove il desiderio e la passione sono stati mortificati dalla società dello spettacolo e dai finti appagamenti, veloci e repentini che, invece di farci felici, ci hanno resi schiavi degli effimeri bisogni e delle luci dei riflettori da cui vogliamo essere vogliamo continuamente abbagliati per non vedere la verità delle nostre vite.

Come la d’Aloja sono sempre stata affascinata dalla storia delle vite delle persone e, come lei, sono stata circondata – e spero di continuare ad esserlo – da presenze , spiriti illuminati e illuminanti che mi hanno accompagnata, fatto riflettere, ispirata.

Come scrive l’autrice, “il termine spiriti non tragga in inganno, non c’entrano tavolini traballanti o manifestazioni paranormali. Si tratta piuttosto di evocazioni sentimentali”.

Io aggiungo che, per alcuni e non per tutti, per qualcuno di questi esseri che più di altri sentiamo consanguinei, c’è qualcosa di indicibile che tocca le nostre vite, trasformandole e dando ad esse un senso più profondo che non solo i mistici d’ogni tempo, ma oggi la fisica quantistica indicano come possibilità, “probabilità”, dato che tutto si tocca e ci tocca.

Vite che non sono le nostre ma che ci appartengono egualmente, segnali che arrivano, che ci accompagnano, che disegnano nei nostri ordinari giorni quella straordinarietà che rende la vita magica e senza inganno.

Hermann Hesse è per me quello che per la d’Aloja è Richard Yates : “ho letto tutto l’esistente, fosse stato possibile avrei sbirciato anche la sua lista della spesa, certa di trovarvi annotazioni interessanti ( anche se in parte posso immaginarmela, la spesa di Yats, composta prevalentemente di spirits, alcolici )”.

E per “spirito” possiamo intendere essenza, anima, quella caratteristica che ci fa riconoscere all’istante lo stile di un autore, che ce lo fa ri-conoscere.

E in queste pagine ne abbiamo di spiriti!

Da Nikola Tesla, l’uomo nato con l’elettricità nello sguardo, agli occhi magnetici di Jean Seberg e a quelli, altrettanto magnetici e conturbanti di Romain Gary ( una storia d’ amore raccontata in “Ardore”, edito da neri Pozza, un altro libro appena uscito e che indico a chi ama indagare le forze di Eros, dove del terribile il bello è l’inizio ! ) .

E ancora: Lou Andreas Salomè, la donna che fece perdere la testa a Nietzsche, Rilke e Freud; Chet Baker che suona la tromba davanti a casa e uno scrittore geniale nel cappotto color cammello di un professore di liceo.

In queste pagine si fanno incontri come questo : “avessi avuto l’età giusta sarei andata a passeggiare ( cosa che peraltro faccio tutte le volte che mi trovo a Parigi ) al Jardin del Plantes, e mi sarei accuattata in un cantuccio, all’ingresso della Mènagerie, in attesa di vedere un ragazzo che in quel luogo si recava quotidianamente. Avrei riconosciuto da lontano la sua inconfondibile silhouette: statura fuori dal comune, lunghe gambe sottili, abbigliamento ricercato, cappello a falde

flosce e valigetta di legno nella mano sinistra. Nel rispetto della sua nota riservatezza, lo avrei pedinato all’interno del giardino zoologico senza farmi notare. Mi sarebbe bastato guardarlo, in piedi di fronte alla gabbia dei leoni o alla grande voliera, concentrato nel suo lavoro. L’avrei osservato osservare. Perchè è questo che faceva Rembrant Bugatti, milanese trapiantato a Parigi: fissava attentamente gli animali. Ne scrutava i movimenti, studiava i loro comportamenti per ore fino a quando non si accendeva una scintilla. Solo allora sollevava il coperchio della valigetta, ne estraeva gli attrezzi del mestiere, fil di ferro e plastilina, e cominciava freneticamente a plasmare la materia con le grandi mani, fino a darle la forma di una scimmia, di una giraffa, di uno zebù”.

Scoprirete che fu Alain Delon ad avere di questo scultore la più ampia collezione di queste meravigliose sculture e…..

Insomma incontri mai fortuiti – nulla succede a caso – incontri che seguono le inclinazioni imprevedibili e inevitabili dell’esistenza.

E’ in queste pagine che ho ritrovato Rolf Wutherich, che senza dubbio pochi di voi conoscono.

Fu invece per me uno di questi assidui compagni di viaggio, seduto al fianco di James Dean in quella “Little Bastard” con numero 130 che si schiantò in una calda giornata di settembre a Paso Robles, a pochi chilometri da Salinas, dove fu girato “La valle dell’Eden” e dove Dean divenne subito mito.

Solo una coincidenza che proprio in quella terra che gli diede “la sua vita” Jimmy – come lo chiamavano – trovò la morte e Rolf iniziò una parabola che non vi svelo e che troverete in questo bel libro?

Un viaggio, con amici che troverete o ri-troverete, con compagni di viaggio cinici, spietati, scorretti, ma anche affascinanti, perchè profondamente liberi .

Compagni solo di quel Daimon che fa di ogni vita la propria, solo se si ha il coraggio di obbedirgli !

di Patrizia Gioia

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