The Commitments – 30 anni del ‘Dublino Soul’

Nella sua interessantissima filmografia, Alan Parker (1944-2020) regista britannico, ha spesso e volentieri effettuato incursioni nella cultura irlandese raccontandone, senza presunzione british, pregi e difetti. Dunque, la caparbietà o l’orgoglio, per esempio, ma anche la pigrizia e la testardaggine.

Prima di questo film, aveva già realizzato tre discrete pellicole sul genere musicale (Piccoli Gangsters, Saranno Famosi e la trasposizione cinematografica del concept-album THE WALL dei Pink Floyd).

Il suo coinvolgimento con la musica fin dagli inizi della carriera fu quasi casuale (cominciò dalla pubblicità esattamente come i compatrioti Ridley e Tony Scott) ma è rimasto indelebile: non a caso, Parker raccontava di come le migliori esperienze mai vissute sul set siano state quelle in cui era circondato da musicisti ancor più che da attori.

Proprio per questo motivo, nel suo cuore e nei suoi ricordi occupa un posto speciale “THE COMMITMENTS” (1991) piccolissima co-produzione UK/USA/Irlanda che aveva gran parte del budget destinato alla colonna sonora ed era interpretata quasi esclusivamente da giovani musicisti che non avevano mai recitato in vita loro. In poco tempo e ben oltre le più rosee delle previsioni, il film divenne un piccolo successo al botteghino, un favorito della critica USA ed un vero e proprio oggetto di culto negli anni successivi. All’epoca riuscì addirittura ad accaparrarsi una nomination agli Oscar per lo strepitoso montaggio di Gerry Hambling, una candidatura ai Golden Globes come migliore Commedia/Musical ed infine a vincere ben quattro BAFTA per film, regia, montaggio e sceneggiatura non originale.

Rivisto oggi, a esattamente 30 anni dalla sua prima uscita, The Commitments non solo non sembra invecchiato di un giorno – anche perché una delle sue caratteristiche è sempre stata quella di sembrare un po’ fuori dal tempo – ma probabilmente risulta addirittura migliore perché presenta una freschezza, una genuinità, un’energia ma anche un’arguzia che sono merce sempre più rara al giorno d’oggi. La storia di Jimmy Rabbitte (Robert Arkins) appassionato di musica e aspirante manager, e della sua volontà di creare una soul band in Irlanda, è già divertente nelle premesse e di per sé vincente se accostata a tanta buona musica; ma se il film di Parker riesce ad andare oltre tutto questo, a diventare una parabola per un’intera nazione ed una generazione in cui tutti vogliono essere musicisti (oltre 1000 band suonano a Dublino tutte le sere in una città da mezzo milione di abitanti), è perché alle spalle c’è stato un autore che di giovani e musica se ne intende.

Prima ancora di diventare un film, The Commitments è stato il romanzo d’esordio di Roddy Doyle, all’epoca insegnante di inglese e geografia a Dublino, e primo capitolo della cosiddetta Barrytown Trilogy, composta anche da The Snapper (in italiano Bella famiglia!) e Due sulla strada (The Van). Tutti e tre i romanzi sono diventati dei film, ma nessuno dei successivi ha mai raggiunto lo stesso successo del film di Alan Parker.

Doyle, che collaborò anche alla sceneggiatura di Dick Clement e Ian LaFrenais, apprezzò molto l’adattamento cinematografico e lodò soprattutto Parker per la capacità di catturare lo spirito, l’energia e l’umorismo del romanzo. Rimase invece perplesso su alcune libertà che Parker si prese soprattutto nel finale, reso più negativo e disincantato di quanto fosse nel romanzo. Eppure è proprio lì che il film spicca il volo, nel suo rendere l’ironia più amara attraverso tutta l’invenzione dell’affaire Wilson Pickett e nel non lasciare alcuna speranza al gruppo di musicisti e al suo protagonista Jimmy: i The Commitments erano un sogno ed i sogni finiscono.

Un’altra differenza sostanziale rispetto al romanzo è l’inserimento di tanti piccoli siparietti ironici, come quelli religiosi sul prete e della confessione, che raccontano, scherzando, spaccati di vita tipici irlandesi; e in più mostrano una Dublino profondamente diversa e molto meno solare e allegra di quella a cui siamo abituati, concentrandosi soprattutto sulla periferia più povera. Eppure qualche anno fa The Commitments fu votato come miglior film irlandese di tutti i tempi attraverso un sondaggio popolare e ancora oggi resta un simbolo importante di un popolo che vive per la musica e attraverso essa esprime la propria natura, a volte allegra e felice, altre volte più malinconica.
Non è un caso che il momento più celebre e forse migliore del film è quello in cui Jimmy prova a convincere i musicisti del gruppo a dedicarsi alla Soul Music mostrandogli un video di James Brown. E alla loro obiezione di essere troppo “bianchi” semplicemente risponde:
«Gli Irlandesi sono i più negri d’Europa, i Dublinesi sono i più negri d’Irlanda e noi di periferia siamo i più negri di Dublino, quindi ripetete con me ad alta voce: “Sono un negro e me ne vanto!”

Gran parte del successo del film fu dovuto al fantastico lavoro di casting che permise di scovare attraverso 1500 audizioni degli autentici talenti musicali ma anche delle perfette facce da cinema. Come già detto praticamente nessuno dei protagonisti aveva mai recitato, anzi i provini furono fatti proprio tra i musicisti, perché Parker voleva innanzitutto gente che sapesse suonare e cantare e che potesse quindi portare in scena i numeri musicali con il realismo necessario. Fu una trovata geniale che ebbe i suoi frutti ma portò anche ad una delle scene più divertenti del film, ovvero quella delle audizioni che Jimmy tiene a casa sua e in cui furono inseriti tanti dei musicisti che davvero provarono ad ottenere una parte nel lungometraggio.

Tra i tanti “personaggi” che si presentarono ci furono alcuni veri e propri colpi di fortuna. Il più grande fu sicuramente quello che riguardò il sedicenne Andrew Strong, colui che sarebbe diventato Deco, la straordinaria voce dei The Commitments. Strong era il figlio del vocal coach del film, Rob Strong, ed era sul set per caso quando Parker lo vide e notò una somiglianza con il personaggio descritto da Doyle. A quel punto lo invitò a cantare e il resto non è difficile da immaginare. L’unica vera eccezione alla “regola” di non avere attori professionisti per le parti principali fu fatta per l’attore teatrale e televisivo Johnny Murphy, scomparso pochi mesi fa. All’inizio Parker avrebbe voluto per il ruolo cruciale di Joey “The Lips” Fagan nientepopodimeno che Van Morrison, ma quando capì che non sarebbe stato possibile decise di “accontentarsi” di Murphy, il quale da par suo gli regalò una performance fantastica che dona al film una marcia in più.
Finora abbiamo solo sfiorato il discorso musiche ma è ovvio che gran parte del successo di The Commitments è dovuto alle incredibili canzoni e performance presenti in tutto il film. La colonna sonora – che all’epoca rimase oltre un anno nella classifica di Billboard arrivando perfino in top ten – può contare su grandi successi di Aretha Franklin, Otis Redding, Wilson Pickett, Mack Rice, Joe Tex e molti altri grandi del Soul ed è tutta realizzata con le performance dei ragazzi presenti nel film, con in più l’aggiunta per un paio di brani della cantante irlandese Niamh Kavanagh.
Tra i pezzi più belli e più celebri ci sono Mustang Sally, Show Me, Hard To Handle, The Dark End of the Streets, In the Midnight Hour, Mr. Pitiful e Try A Little Tenderness con la straordinaria voce di Andrew StrongNowhere To Run, Chain of Fools e Too Many Fish in the Sea che vedono protagoniste le tre ragazze, la Destination Anywhere cantata dall’intero gruppo in metropolitana (una scena che, secondo molti, avrebbe influenzato anche quella ben più celebre di Tiny Dancer in Quasi famosi), ma anche una fantastica Treat Her Right che possiamo sentire soltanto nei titoli di testa e in un video appositamente girato (presente negli extra home video), considerato che Robert Arkins che la canta nel film interpreta soltanto il manager Jimmy.
Cosa è rimasto oggi, a 30 anni di distanza, di The Commitments?
Il film, come già detto, non ha perso nulla del suo smalto ma anzi rimane un oggetto di culto ed è buffo notare come in fondo sia stato l’ultimo grande successo di un regista che sembrava invece poter dire ancora tanto. Dei molti ragazzi che hanno esordito col film pochissimi hanno continuato con successo la carriera attoriale: sono state forse le tre ragazze ad avere maggiore successo sullo schermo, in particolare Maria Doyle Kennedy, che interpretava Natalie e che oggi si divide tra TV (Dexter, Downtown Abbey, Orphan Black) e qualche film (The Conjuring – il Caso Enfield).
Tanti però hanno proseguito la carriera musicale con ottimo successo, tra cui appunto Andrew Strong che ha vinto anche un disco di platino per il suo lavoro da solista, ma paradossalmente il maggiore successo l’hanno avuto due personaggi che nel film sono tutt’altro che centrali. Parliamo della pop star Andrea Corr (nota anche come cantante del gruppo The Corrs), che nel film interpreta la sorella minore di Jimmy, e del chitarrista Glen Hansard, che all’epoca dichiarò di essersi pentito di avere partecipato al film perché fu una distrazione dalla carriera che realmente gli interessava, quella del musicista. Lo stesso Hansard, però, in seguito ha dovuto il suo più grande successo sempre ad un film, visto che con Once, altro gioiello del cinema irish da lui interpretato oltre che musicato, ha vinto addirittura un Oscar per la splendida canzone Falling Slowly.
Ma oltre il discorso dei singoli anche i The Commitments hanno continuato con la loro carriera e il loro successo di gruppo, visto che per anni alcuni degli “attori” sono andati in tour in tutto il mondo. Nel 2011, per l’anniversario dei 20 anni, fu la volta di una vera e proprio reunion a cui parteciparono quasi tutti, compresi i membri più famosi del gruppo, con un concerto che andò sold out in pochissimo tempo per tutte e quattro le date irlandesi. Nel 2013 invece lo stesso autore Roddy Doyle ha scritto il musical di The Commitments, che è stato per due anni un grande successo nel West End di Londra, mentre nell’ottobre del 2016, ha svolto il suo tour tra Dublino e la Gran Bretagna.
Niente male per una storia che parla di un gruppo che non riesce a sfondare. Forse aveva ragione Roddy Doyle: il suo finale aperto e speranzoso era davvero quello più giusto.
Certi film hanno la musica nel sangue, e a guardarli vien la voglia di imbracciare una chitarra o di sedersi al pianoforte, e di andare in giro per festival a suonare dal vivo davanti ad un vero pubblico, magari per il solo gusto di sognare. E il sogno, nel caso di queste pellicole, sembra essere l’origine di tutto, la spinta decisiva per cercare di renderli reali (questi sogni). Provate a vedere “The Commitments” (1991) di Alan Parker, l’autore di “Mississippi Burning” e “Saranno Famosi”, e ve ne accorgerete sulla vostra pelle.
Riccardo Coloris

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*