Tre uomini in barca

Vi ricorderete il celebre racconto di Jerome Klapka Jerome, uno scrittore a cavallo fra ‘800 e ‘900, che raccontava le avventure di tre amici che si prendevano una lunga vacanza su un fiume e discutevano di mille cose.
Celebre è rimasto l’episodio del “ginocchio della lavandaia”, su cui dissertavano cercando di satireggiare sulle tante malattie in voga all’epoca e che non si potevano spiegare.
Jerome cercava in un certo modo di ispirarsi a Charles Dickens, che nel suo “Circolo Pickwick” raggiunge vette inarrivabili di comicità e satira.
Ma Dickens era un maestro.
Così, io mi immagino una barca sul mare vicino a Fiumicino, una barca senza motore, senza vele, senza remi.
Ma chi contiene questa barca? Tre personaggi ben noti, anzi, oserei dire, anche troppo noti.
Il primo è il Sig. Giuseppe Conte, attualmente Premier, ma fino a poco tempo fa un assoluto sconosciuto, un personaggio uscito “out of the blue”, si direbbe in inglese, per significare appunto qualcuno che viene scaraventato all’improvviso sul proscenio senza che se ne sappia nulla.
Il secondo passeggero è Gualtieri, detto “Chitarrella”, a cui spetta il compito di Ministro dell’Economia (nonostante la laurea in Lettere) e a cui tocca il difficile incarico di amministrare i 222 miliardi del Recovery Fund che, si spera, toccheranno all’Italia.
Essendo io laureato in Filosofia ed esperto suonatore di ukulele, potrei ambire tranquillamente alla carica di Ministro per lo Sviluppo Economico.
Il terzo infine è Di Maio, le cui conoscenze geografiche partono dal Vesuvio e toccano Vulcano, Stromboli, forse l’Etna, ma sicuramente né il Popocatepetl né quello che rimane del Krakatoa.
La barca, in cui convivono i tre personaggi, è portata quindi dalla corrente, ma non è indirizzata verso la Costa Azzurra e neppure verso le coste della Catalogna, bensì giù, nel Mediterraneo, verso le coste del Nord Africa, del Marocco.
E qui i tre, superata la Guardia Costiera e qualche possibile sventagliata di mitra, può approdare e toccar terra felicemente, visto che pochi sono quelli che si rifugiano dal mare sulle coste del Marocco.
Intirizziti e in preda alla fame, vengono ospitati in una tenda e rifocillati con abbondanti dosi di cous cous.
Visto che l’organizzazione di accoglienza è migliore rispetto a quella di Lampedusa, si prospetta per i tre un buon lavoro, che consiste in una scuola di dressage per cammelli, giudicata dagli ispettori locali un’attività adeguata alle loro capacità, che gli permetta di vivere degnamente senza provocare i danni che in precedenza avevano causato a Roma.

Giorgio Penzo

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