Ukraina…ma noi dove eravamo?

Una Nazione di sottoinformati, quella italiana, (non voglio andare oltre nelle definizioni) superficialmente tenuta allo scuro di quanto succedeva nei grandi territori resisi autonomi dal crack dell’Unione Sovietica…ecco quello che siamo. Un understatement che ci sta costando carissimo e che ci costringe a rincorse chilometriche per provare a capirci qualcosa. Bene hanno fatto i nostri Franco Livorsi e Beppe Rinaldi a chiarire un pochino le idee nostre (e di tutti) su storia, economia, sociologia di questi territori, e dell’Ukraina in particolare, arrivando anche ad identificarne matrici filosofiche o similari. Riprendiamo dai loro ragionamenti per provare a colmare il gap, nostra colpa, massima colpa, figlia di un provincialismo italiano e di una presunzione tanto estesa quanto poco consapevole. Davvero…ma noi dove eravamo?

All’inizio del millennio, l’economia ukraina già mostrava una crescita costante, che ha migliorato la situazione sociale nell’intera Nazione e ha avuto un effetto positivo sul raggiungimento degli indici economici classici. Eppure per noi era …come se non esistesse.

Il tasso di crescita medio del prodotto interno lordo (PIL) dell’Ukraina  per il periodo 2000-2007 è stato di circa il 7,5%, estremamente positivo, così come il ranking bancario in recupero di tre posizioni. Di fatto, durante questo periodo, il PIL è cresciuto di quasi l’80% e la produttività di quasi il 70%. Tuttavia, il positivo progresso economico e sociale  è avvenuto soprattutto a causa di un modello di sviluppo orientato all’esportazione di materie prime, basato in modo particolare  sui vantaggi competitivi derivanti dal basso costo dell’energia e della manodopera. Tutte questioni risapute e ben utilizzate da chi ha fatto della speculazione sul “semilavorato” la prima ragion d’essere. I duecento circa italiani ancora testardamente in territorio ukraino sono, sostanzialmente, quelli… o collegati a quelli che hanno visto in questo Paese della diaspora sovietica , una occasione di arricchimento rapido. Ah….quindi un po’ ce ne eravamo accorti…

Si è, così,  creata l’illusione della possibilità di competere alla pari con tutti gli altri operatori internazionali  all’interno di un modello di concorrenza facilitato, senza squilibri sistemici e con riforme strutturali appena abbozzate. Un difficile equilibrio dovuto anche alla mancanza di una posizione adeguata nella divisione internazionale del lavoro che ha aumentato la dipendenza dell’Ukraina dalle fluttuazioni dell’ economia internazionale. Dopo una prima fase di sostanziale euforia, la struttura inefficiente delle esportazioni (principalmente materie prime e a basso valore aggiunto) ha causato effetti negativi sulla crescita economica. Tutti dati e fenomeni ben conosciuti negli ambienti vicini ai Ministeri degli Esteri e dell’Economia che, però, erano celati (quasi secretati) ai non addetti ai lavori. Ancora…dove eravamo?

La mancanza di una politica coerente atta a sostenere le pressioni  competitive moderne ha determinato il ritardo del sistema economico ukraino alle sollecitazioni della crisi finanziaria globale nel 2008-2009 , tanto da rasentare il fallimento record durante la prima ondata di crisi nel 2009. La successiva ripresa nel 2010 in Ukraina si è verificata principalmente a causa della ripresa dei mercati esteri. Ancora una volta…

Nel 2010, le esportazioni di materie prime dall’Ukraina sono aumentate del 29,6% in volume (secondo il Servizio statale di statistica di Kiev) e del 26% in valore, come risultato della ripresa post-crisi dell’economia globale. Il più alto tasso di crescita nel settore industriale è stato registrato da ingegneria meccanica, chimica – petrolchimica e metallurgica. Moltiplicato dal fatto che tali innovazioni andavano ad innestarsi su un sistema scolastico ancora solido, ben organizzato e competitivo, diretta derivazione del sistema educativo sovietico.  La ripresa non è stata però accompagnata da cambiamenti positivi nella struttura produttiva, come dimostra il perdurare della crisi degli investimenti. Pertanto, la situazione economica nel “Paese del confine occidentale” ha continuato a mostrare le tendenze prevalenti del modello economico pre-crisi, caratterizzato da una scarsa protezione dell’economia nazionale (cioè quella puntata sugli utili dell’imprenditoria locale) e dalla sua vulnerabilità alle fluttuazioni dei mercati internazionali.

Il modello economico “старый промышленник” (traducibile più o meno con “vecchio industriale”) orientato all’export di materie prime, stava fallendo sempre più a causa dell’instabilità e del crollo della domanda dai mercati esteri. Il rallentamento della crescita economica globale ha portato a una minore domanda sui mercati mondiali e a un impatto negativo sulle industrie ucraine orientate all’esportazione. Le conseguenze del conflitto armato nell’est del Paese (sempre presente fin dagli anni Novanta ma riacutizzatosi a partire dal 2005), l’incertezza sulla direzione dello sviluppo e la sfavorevole situazione economica estera sono stati i principali fattori alla base della seconda ondata di recessione economica e del declino dell’industria manifatturiera, in particolare della metallurgia e in alcuni settori di esportazione dell’ingegneria meccanica.

Interessante ciò che ci comunicano sull’argomento David Segal e Ivan Nechepurenko   sul New  York Times  (14   nov.   2021)  : “Per l’Ucraina, il punto non sono solo nuovi posti di lavoro e maggiori entrate fiscali. Contaminata per decenni da scandali finanziari e colpita dalle lotte intestine degli oligarchi, l’Ucraina oggi è la seconda Nazione più povera d’Europa. (…) Il problema è che molti imprenditori tecnologici qui affermano di apprezzare il sistema così com’è e sono particolarmente affezionati ai suoi difetti. Il che arriva al paradosso del tentativo di reinvenzione dell’Ucraina. Il Paese sta dando visibilità e  legittimità a un gruppo di dirigenti che spesso preferiscono l’oscurità e lo status di quasi fuorilegge, al rispetto delle normative internazionali”.

Estremizzazioni di chi è prevenuto sul modo di fare affari al di là di quella che era la “cortina di ferro”? Possibile. Resta il fatto che il problema principale affrontato dalla leadership ukraina in questi ultimi dieci anni è stato quello di semplificare  la crescita economica dell’intera Nazione togliendo, o allentando, quelli che vengono definiti “lacci e lacciuoli”. Cercando di migliorarne i fondamenti e i moltiplicatori che aiuterebbero ad accelerare lo sviluppo economico e garantire cambiamenti nella sua natura. E quando scriviamo “oggi”, il riferimento va al periodo pre-intervento russo di febbraio, visto che – dopo – tutta l’economia ukraina è stata riconvertita in fretta  a produzioni di supporto bellico.

Il bello è che tutto il sistema economico è cambiato in modo significativo dall’indipendenza, richiedendo nuovi approcci al sistema di pianificazione strategica. Dopo aver adattato i nuovi parametri di crescita nel 2003, l’Ukraina ha iniziato a modificare il proprio approccio alla pianificazione e al monitoraggio dello sviluppo. Effettivamente si sono registrati alcuni cambiamenti positivi prima del 2013, che sono stati tuttavia azzerati dagli eventi degli ultimi anni. Per esempio, in termini di eliminazione della povertà, il criterio della povertà relativa (la proporzione della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà nazionale) è scesa dal 26,4% nel 2000 al 24,5% nel 2013. Tuttavia, la povertà assoluta è aumentata e nuove forme di disagio estremo sono apparse negli ultimi anni. Per garantire un’istruzione permanente di qualità, sono stati compiuti alcuni passi per riformare il sistema educativo, senza intaccare però i fondamenti del sistema di istruzione tradizionale. Massima assistenza e sostegno dalla scuola materna all’Università, libri e trasporti gratuiti per gli studenti, occasioni di orientamento per legare il mondo scolastico a quello del lavoro.

Alcuni dati utili

L’istruzione secondaria generale copre il 98,3% dei ragazzi in età scolare (il 99,3% dei diplomati del nono anno continua la propria istruzione per ottenere un’istruzione secondaria completa) e gli istituti prescolari coprono il 63,5% dei bambini nelle aree urbane e il 39,9% nelle aree rurali. L’istruzione superiore interessa il 13,3% dei giovani di età compresa tra 14 e 34 anni (il 14,6% di quelli di età compresa tra 17 e 34 anni, il 24,3% di quelli di età compresa tra 17 e 28 anni e il 40,9% di quelli di età compresa tra 17 e 24 anni), andandosi a piazzare su livelli superiori alla media UE. Con una attenzione particolare, come già segnalato,  a settori di  istruzione e competenze  collegati al mondo del lavoro (sulla base delle tendenze economiche previste). La promozione della parità di genere è ancora una sfida per l’Ukraina, solo parzialmente raggiunta nelle grandi città, di là da venire nelle estese pianure produttive, ancora basate su  abitudini legate a tradizioni locali. Raggiungere la parità di genere nel governo e nella pubblica amministrazione, di fatto, resta una sfida da affrontare, nonostante i risultati e le modifiche apportate a livello legislativo e istituzionale. Il divario salariale medio tra uomini e donne (30%) è un’altra manifestazione della disuguaglianza di genere. La mortalità infantile si è quasi dimezzata tra il 2000 e il 2014 (da 15,6 a 9,3 decessi sotto i 5 anni di età ogni 1.000 nati vivi) a causa di sforzi deliberati, anche nella riforma e nello sviluppo dell’assistenza perinatale.

Tuttavia, esempi di incongruenze nei dati statistici provenienti da varie fonti, indicano la necessità di un migliore sistema di monitoraggio. I sistemi di analisi e di raccolta dati non sono in linea, fatto del tutto noto, con i parametri minimi occidentali.

Alcune tendenze positive sono state osservate, comunque,  nel miglioramento della salute materna: la mortalità post-natale è diminuita di quasi il 40 per cento (da 24,7 a 15,1 decessi ogni 100.000 nati vivi) in Ukraina tra il 2000 e il 2015. Tutte le donne sono sottoposte a regolari visite mediche nelle prime fasi della gravidanza (la copertura supera il 90 percento) anche se, dal 2018, alcune visite specialistiche legate al periodo prenatale sono a pagamento. Il fatto allarmante resta, comunque,  che oltre il 40 per cento della popolazione adulta dell’Ucraina (comprese le donne in età fertile) di età compresa tra i 18 ei 65 anni ha almeno una malattia cronica, di tipo cardiaco e circolatorio, soprattutto. Il livello di consapevolezza tra i giovani della responsabilità di ciascuno per la propria salute e gli sforzi per incoraggiare uno stile di vita sano sono insufficienti. Qualche successo è stato ottenuto nella riduzione della diffusione dell’HIV/AIDS e della tubercolosi: il 2012 è stato il primo anno che ha visto una riduzione del numero di nuovi casi di HIV (del 2 per cento rispetto all’anno precedente), indicando una diminuzione dell’intensità della epidemia. Secondo le stime di Spectrum (1), nel 2014 c’erano 223.000 persone (di tutte le età) che vivevano con l’HIV in Ucraina. Nello stesso periodo si è ridotta la trasmissione dell’HIV da madre a figlio di quasi l’85%. Sono stati compiuti progressi principalmente grazie alle misure preventive tra i gruppi a rischio, a una migliore risposta all’epidemia e all’attuazione dei programmi nazionali appositamente predisposti.

I problemi si moltiplicano…

Tuttavia, la situazione è diventata più complicata negli ultimi anni. Si sono registrati alcuni progressi nel garantire la sostenibilità ambientale ma ben lungi dagli standard richiesti nella Unione Europea. Ad esempio, a causa del carico antropico, circa il 70 per cento delle acque superficiali e una parte significativa delle riserve idriche sotterranee in Ukraina non sono più adatte come fonte di acqua potabile. La gestione dei rifiuti e la mancanza di un approvvigionamento idrico centralizzato per la popolazione che vive nelle zone rurali sono ancora problemi importanti. Ogni anno vengono rilasciate nell’aria circa 4 milioni di tonnellate di sostanze inquinanti. Le emissioni di gas serra (GHG) e gli scarichi di inquinanti nell’ambiente e la quantità di rifiuti generati sono stati notevolmente ridotti, in gran parte a causa della recessione economica. Ma l’utilizzo di discariche, più o meno abusivi e di impianti di incenerimento di vecchia tecnologia non aiutano. Anzi, relegano quest’intera nazione di più di 40 milioni di abitanti ad uno stato di perenne emergenza.

È stato possibile aumentare le aree boschive del paese e le dimensioni delle riserve naturali e dei parchi nazionali, anche se sono poco conosciute all’interno di un’area molto circoscritta, mancando promozioni e reti divulgative di livello. Anche i progressi nel settore energetico sono stati scarsi o nulli, soprattutto in termini di efficienza energetica ed energie rinnovabili. La scorciatoia fornita da carbone e gas, sostanzialmente a buon prezzo fino all’inizio della presente guerra, hanno contribuito a mantenere questa Nazione in una condizione arretrata in tutto quello che è il comparto rinnovabili e “decarbonizzazione”.

Da ricordare, in ogni caso, che 2016 si è verificato un processo partecipativo e inclusivo per identificare gli obiettivi economico-sociali di fondo in quattro aree, frutto di una sempre maggiore attenzione agli standard di vita e alle normative della vicina Comunità Europea. Nello specifico si è trattato di 1. sviluppo sociale equo; 2. crescita economica sostenibile e occupazione reindirizzata verso nuove lavorazioni; 3. gestione efficace delle risorse, dei mezzi di produzione in quadro di moderna logistica; 4. equilibrio ecologico e resilienza, soprattutto nell’ edilizianuova e di recupero di vecchie strutture pubbliche e/o industriali.

La visione sociale dello sviluppo dell’Ukraina fino al 2030 copriva, nelle previsioni,  obiettivi come il benessere pubblico e la salute supportati da uno sviluppo economico innovativo basato sull’uso sostenibile delle risorse naturali. Praticamente lo stesso tipo di approccio che ritroviamo nei principali Paesi dell’Occidente. Una conferma di quanto dettto e scritto mille volte…

Si prevedeva, allora,  di modificare la struttura delle esportazioni e di passare da materie prime e prodotti di prima trasformazione a prodotti e servizi ad alto valore aggiunto. La crescita economica si pensava potesse basarsi su un modello economico “verde” con tutto quanto ne poteva conseguire. Le misure di efficienza energetica avrebbero dovuto aiutare a ridurre significativamente il consumo di energia per unità di PIL. La quota di energia pulita generata era previsto dovesse aumentare costantemente, sostituendo le tecnologie tradizionali, con relativa diminuzione delle emissioni di gas serra nell’atmosfera. Ciò avrebbe dovuto migliorare  la qualità della vita senza danneggiare l’ambiente e diventerà un fattore significativo nell’aumentare l’aspettativa di vita.

Di tutte queste buone intenzioni ora non c’è più traccia. L’impatto delle principali questioni sociali sul tenore di vita della popolazione è stato esacerbato dagli effetti del conflitto armato nell’Ucraina orientale.

Non solo…. il conflitto geopolitico che dura da quasi tre anni (ultimamente esploso in modo esponenziale) sta riducendo le possibilità di uno sviluppo efficiente. Una certa ripresa economica osservata nel 2016 è stata azzerata e, in sostanza, ci ritroviamo un Paese indietro di trent’anni con una ricostruzione complessa da fare.. L’Ucraina richiederà ancora profonde riforme istituzionali e strutturali sistemiche, nonché un importante cambiamento tecnologico, oltre al superamento – a guerra finita – dell’emergenza sanitaria e sociale conseguente al conflitto. Ancora a inizio 2020 si leggeva, nei documenti presentati al parlamento di Kiev: “La massima priorità della politica economica dovrebbe essere raddoppiare la crescita del PIL reale e aumentare il tasso di occupazione della popolazione in età lavorativa al 70 per cento nei prossimi 15 anni. Questo obiettivo dipenderà da: (i) la creazione e lo sviluppo di imprese produttive competitive e ad alta tecnologia (dalla scienza di base alla produzione e ai servizi); (ii) crescita della domanda interna dovuta all’aumento dei redditi e dei processi di investimento; (iii) sostenere le esportazioni ad alto valore aggiunto lordo e realizzare progetti infrastrutturali (autostrade, svincoli autostradali, metropolitane, ferrovie ad alta velocità, autoveicoli per il trasporto ferroviario e navigabile: automobili, chiatte, ecc.); e (iv) un rapido aumento della produttività nell’agroindustria.” Illusioni di un mondo che non esiste più e che continuerà a non esistere per parecchio.

Se il signor Poroshenko aveva allungato un cordone sanitario intorno alla provincia separatista, il suo successore sta considerando la questione da un’altra prospettiva. Durante la campagna presidenziale, Zelensky non ha esitato a esprimersi in russo sui media ucraini. Da quando è salito al potere, ha rifiutato di usare l’espressione “aggressione russa” per parlare della situazione nel Donbass (questo fino al febbraio di quest’anno). Dopo la sua elezione, ha subito segnalato il suo desiderio di riportare la provincia ribelle nell’ovile di Kiev. Già nel settembre 2019 la sua amministrazione ha elaborato un piano per ristabilire i legami economici e umanitari con i territori separatisti, piano che prevede in particolare l’agevolazione del pagamento delle pensioni, ostacolata dalla precedente amministrazione.

Cogliendo l’opportunità offerta dall’arrivo di un nuovo governo a kyiv, Parigi ha manovrato per facilitare il pieno reinserimento, a fine giugno, di Mosca nell‘Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, dove i diritti russi sono stati sospesi per cinque anni. All’inizio di settembre, russi e ucraini si sono impegnati in uno scambio di settanta prigionieri. Pochi giorni dopo, il gruppo di contatto trilaterale (noto come “gruppo di Minsk”), composto da rappresentanti di Ucraina, Russia e dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE), ha concordato la creazione, sulla linea della separazione , di tre “zone di prova” da cui dovevano essere ritirate le armi pesanti: Petrovsky, Stanitsa Luganskaya e Zolotoye (questi i distretti considerati). Tali località non sono state scelte a caso: sono quelle dove gli scontri non si sono mai arrestati dal 2014.

In vista di queste anticipazioni, la Francia ha poi creduto nell’imminenza di un vertice “Normandia” – si parlava del mese di ottobre 2021 a Parigi, mentre, a Mosca, restava la prudenza: sarebbe stato accettato novembre al massimo. . I quattro leader si incontrano finalmente il 9 dicembre 2021 nella capitale francese. Nel frattempo si sono verificati due eventi significativi. Il 1 ottobre, Kiev ha accettato di aderire alla formula Steinmeier – dal nome dell’ex ministro degli esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier – che prevede che le elezioni si tengano nelle province separatiste sotto la supervisione dell’OSCE. A questa istituzione era già stata affidata una missione di osservazione prima che la Rada approvasse una legge sullo status speciale del Donbass. Il segnale è stato ben accolto dalla Russia che, a conferma della propria partecipazione al vertice “Normandia”, ha restituito all’Ucraina le tre navi da guerra imbarcate al largo della Crimea a fine novembre 2018” (2).  E poi il caos.

E ora la guerra…

A quanto pare i negoziatori russi hanno manifestato insofferenza per i continui cambi nella delegazione ukraina, sintomo chiaro di una non ben definita determinazione negli obiettivi da raggiungere. L’autoproclamazione di indipendenza di alcuni distretti liberati dai separatisti pro-Russia ha poi dato la stura a tutta una serie di concatenazioni che hanno portato, nel giro di una ventina di giorni, all’ammasso di truppe russe ai confini, al riconoscimento plateale da parte di Vladimir Putin del diritto ad esistere delle due repubbliche del Donbass e, infine, all’invasione diretta del territorio ukraino. Questi i fatti…sostanzialmente. Proprio nel momento in cui si stava iniziando un processo di legalizzazione e di modernizzazione importante, anche dal punto di vista dei diritti personali e della tutela dell’ambiente, si è tornati indietro di anni, anzi, si rischia di entrare in un vortice ancora peggiore. L’eventuale adesione alla NATO dell’Ukraina porterebbe a livelli di attrito ancora superiori con il vicino russo e anche un ingresso non coordinato nell’Unione Europea, magari con percorsi preferenziali, otterrebbe un effetto simile, aggravando la sindrome da accerchiamento di cui, pare, stiano soffrendo i vertici russi. Al proposito (e con questo chiudiamo) è utile ricordare quanto scriveva Regis Debray qualche anno fa, prevedendo fatti e situazioni che, poi, purtroppo, hanno trovato conferme.  (3)

In un momento in cui ogni grande Paese fa il suo gioco (come si vede nelle conferenze sul clima, per esempio), in cui si affermano ed esasperano orgoglio religioso e identità culturali, non si tratta di costruire un futuro comune ma piuttosto di “con chi “ stare. All’ordine del giorno ci dovrebbero essere coalizioni ad hoc, cooperazioni bilaterali, accordi pratici e non un mondo bicolore e manicheo. E invece….

La NATO è una sopravvivenza di un’era passata (sic 2013). Le guerre convenzionali tra Stati tendono a scomparire a favore di conflitti non convenzionali, senza dichiarazioni di guerra o prima linea. In un momento in cui le potenze del Sud si stanno liberando dall’egemonia intellettuale e strategica del Nord (Brasile, Sud Africa, Argentina, Cina, India), stiamo voltando le spalle all’evoluzione del mondo.

Perché è dannoso tutto ciò? Perché depotenziante e anestetico. Tre volte dannoso. All’ONU in primis, e al rispetto del diritto internazionale, perché la NATO o dirotta a proprio vantaggio, oppure aggira e ignora le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza. Nocivo per la Francia (ricordiamoci che Debray è francese., n.d.r.) di cui tende a cancellare i vantaggi comparativi acquisiti a caro prezzo, incoraggiandola ad adottare ogni sorta di automatismi di nemici che non sono nostri, riducendo la nostra libertà di parlare direttamente con tutti, senza veto esterno, rovinando il suo capitale di simpatia (sic) con molti paesi del sud. Siamo orgogliosi di aver ottenuto dichiarazioni convincenti sul mantenimento della deterrenza nucleare accanto alla difesa missilistica balistica, il cui dispiegamento, in realtà, può solo in ultima analisi emarginare la deterrenza dai deboli ai forti, per i quali abbiamo gli strumenti e la padronanza. Ne siamo orgogliosi perché la Comunità Internazionale ce lo ha riconosciuto. Ma forse è anche un modo di autoconvincerci, a Parigi, Londra e Berlino, che la terribile minaccia dell’Iran e della Corea del Nord è lontana e noi, comunque, “saremo sicuri”…forse.

Dannoso, infine, per qualsiasi progetto di Europa-potenza, di cui la Nato ratifichi l’addio alle armi, la caduta dei bilanci della difesa e il restringimento degli orizzonti. Se l’Europa vuole avere un destino, dovrà intraprendere un’altra strada rispetto a quella che la lega al suo status di dominion (lo Stato indipendente la cui politica estera e la cui difesa dipendono da una capitale straniera). Capiamo che questo (un’alleanza militare europea sovrapponibile alla Nato già esistente)  potrebbe essere un bene per l’Europa centrale e balcanica (la nostra questione-Est), per via di due fratelli maggiori da cui è meglio essere tutelati, e non essere lasciati soli contro la Russia e Germania. Anzi, vado oltre in questo ragionamento…perché dimenticare che ogni Stato ha la politica della sua geografia e che noi non abbiamo la stessa di quella dei nostri amici?

Sullo sfondo di tutto questo una popolazione di più di 4o milioni di abitanti divisa in tre fasce verticali prevalenti: una polacco/ukraina/ungherese a sinistra con punto di riferimento Lvov (Leopoli), una autenticamente ukraina con reminescenze tatare e circasse, un’ultima, più esterna, proiettata verso la vicina russa, a stragrande maggioranza russofona, sostanzialmente indifferente al “chi comanda” e desiderosa solo di èace, garanzie per i diritti propri e tranquillità.

Le elezioni parlamentari in Ucraina del 2019 si sono tenute il 21 luglio 2019 per eleggere i 450 membri della Verchovna Rada, il parlamento ukraino.

Inizialmente programmate per la fine di ottobre, esse sono state anticipate dopo che il nuovo presidente Volodymyr Zelensky durante il suo insediamento il 21 maggio 2019, aveva sciolto il parlamento. Rispetto alle precedenti elezioni, le circoscrizioni e i votanti sono inferiori a causa dell’annessione della Crimea avvenuta a marzo 2014 da parte della Russia e, dall’aprile 2014, dell’occupazione di parti dell’Oblast’ di Donec’k e di Luhans’k dai parte di separatisti filo-russi; ciò ha causato una diminuzione di circa il 12 per cento dei cittadini aventi diritto di voto.

 

Liste Voti % Seggi
Proporz. Maggior. Totale
Servitore del Popolo 6.307.793 43,16 124 130 254
Piattaforma di Opposizione – Per la Vita 1.908.111 13,05 37 6 43
Unione Pan-Ucraina “Patria” 1.196.303 8,18 24 2 26
Solidarietà Europea 1.184.620 8,10 23 2 25
Voce 851.772 5,82 17 3 20
Partito Radicale di Oleh Ljaško 586.384 4,01
Forza e Onore 558.652 3,82
Blocco di Opposizione 443.195 3,03 6 6
Strategia Ucraina di Groysman 352.934 2,41
Partito di Šarij 327.152 2,23
Unione Pan-Ucraina “Libertà” 315.568 2,15 1 1
Posizione Civile 153.225 1,04
Altri 49 49
Vacanti 26 26
Totale 225 225 450

 

 

Questi i risultati delle  elezioni legislative anticipate, indette lo scorso maggio 2019 dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, del partito populista Servitore del popolo. Con il 35 per cento delle schede scrutinate, il partito di Zelensky ha ottenuto il 42 per cento dei voti, davanti al Blocco OpposizionePer la vita, partito filorusso, che al momento è dato al 13 per cento. Se il risultato dovesse essere confermato a scrutinio finito, per Servitore del popolo sarebbe una vittoria significativa, anche se il partito di Zelensky potrebbe essere costretto a formare una coalizione con altre forze politiche per poter governare.

Zelensky aveva anticipato le elezioni parlamentari dopo avere stravinto con oltre il 70 per cento dei voti il ballottaggio delle presidenziali, lo scorso aprile, battendo il presidente uscente Petro Poroshenko. Cercando di sfruttare il momento favorevole, aveva sciolto la Camera e indetto nuove elezioni, anche perché il suo partito, Servitore del popolo, non era rappresentato nel vecchio Parlamento, che fino al 2019 appoggiava un governo che faceva riferimento proprio a Poroshenko. Con il 73% di sostegno, Zelenskyy assume la carica di sesto presidente ucraino con il mandato sociale più chiaro nella storia dell’Ucraina indipendente.

La pietra angolare del successo: popolo contro élite

Questa vittoria schiacciante è avvenuta perché Zelenskyy non è percepito come parte della classe politica e perché ha condotto una campagna elettorale di successo utilizzando mezzi moderni e contro l’élite esistente. Zelenskyy è riuscito a ottenere il sostegno di elettori di tutte le età e regioni del paese, che condividono una forte insoddisfazione per le politiche di Poroshenko (un politico in carriera e oligarca) e del suo partito. Secondo i sondaggi d’opinione, il 40 per cento degli elettori ha votato per Zelenskyy per esprimere la propria protesta contro l’attuale classe politica. Ha ricevuto sostegno da sostenitori di riforme più decisive, delusi dalla stagnazione del processo di modernizzazione dello stato, e da elettori favorevoli allo stato sociale, che sono relativamente filorussi e stufi dell’impatto della trasformazione post-Maidan e del governo retorica patriottica anti-russa.

La spontaneità di Zelenskyy contrastava con la campagna banale di Poroshenko, che consisteva in discorsi nerd, promesse e visite a città e luoghi di lavoro. Detto questo, l’attore ha condotto una campagna estremamente positiva: senza un manifesto concreto fino a quel momento, ha invitato i suoi sostenitori a impegnarsi per scriverne uno – una mossa che ha ribaltato la normale logica delle elezioni e ha lasciato agli elettori di Zelenskyy la sensazione di aver dato l’autorizzazione. Zelenskyy ha offerto loro una sorta di azione congiunta invece di promettere di agire per loro conto. Questo approccio lo collega ai suoi elettori e crea l’illusione di una relazione di eguali, una distanza ridotta tra le persone e coloro che detengono il potere e l’illusione della cooperazione invece della dipendenza. Anche se non è stato intenzionale, questo riflette sia le richieste del Maidan che l’umore di molti giovani.

Una pecora tra i lupi?

Era prevedibile che Zelenskyi  fosse un “leader debole” con difficoltà a controllare i vari gruppi di interesse che lo circondano. L’ambiente più ristretto e fidato del nuovo Presidente è vario. Tuttavia, si possono distinguere tre gruppi principali intorno a lui: amici e collaboratori della società Kvartal-95, il popolo dell’oligarca Ihor Kolomoiskyi ed esperti in aree specifiche della governance (sicurezza, politica estera, istruzione, assistenza sanitaria, ecc.) . Finora, a quanto pare, le persone con cui Zelenskyy ha lavorato a lungo e i consulenti associati a Kolomoiskyi hanno avuto la maggiore influenza su Zelenskyi. Kolomojskyj, proprietario di maggioranza del canale televisivo “1+1”, su cui vanno in onda le produzioni di Kvartal-95, cerca vendetta come oppositore del presidente Poroshenko. Ci sono molte indicazioni che i legami di Zelenskyi con Kolomoiskyi vadano ben oltre le relazioni d’affari. Secondo quanto riferito da giornalisti investigativi ucraini, Zelenskyi ha visitato Kolomoiskyi tredici volte in Svizzera e Israele negli ultimi due anni. Un altro oligarca che cerca di influenzare Zelenskyy è Viktor Pinchuk – genero dell’ex presidente Leonid Kuchma, proprietario di tre popolari canali televisivi e sostenitore dell’integrazione dell’Ucraina nella comunità transatlantica.

Ora, pare, che le crepe fra Kolomoiskyi  e la cerchia Zelensky si siano approfondite. Indovinate un po’ il perchè? Questione di posti, proprio nel sdettore comunque centrale dell’economia ukraina: quello del gas. Nel caso specifico la contestazione ha riguardato una rappresentante del governo nella struttura di controllo del prossimo Nord Stream 2 (quello del contatto diretto con la Germania) e la conferma di un fidatissimo di Kolomoiskyi non gradito a Mosca, per la gestione dei tratti di gasdotto russo passanti per l’Ukraina. La febbre è salita sempre più …fino a far saltare il mercurio nel termometro. ….Ma noi ci siamo girati dall’altra parte…pensando che non ci riguardasse.

 

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