Un “Museo della Pace” nella Cittadella di Alessandria

La Cittadella di Alessandria presenta alcune opportunità che la monumentalita’ dei luoghi, la storia, l’architettura e le vicende legate alla stessa struttura, non hanno pienamente sviluppato. E questo in presenza di centinaia di progetti, idee, materiali per  concorsi e quant’altro ha riguardato questa pregevole opera di ingegneria militare e non solo. Si tratta della possibilità di avere in un territorio non particolarmente in salute, dal punto di vista dello sviluppo compatibile e della sua riqualificazione generale, un’area di interesse culturale superiore che possa rispondere alle attese di tutti.

In primo luogo la reale agibilità di tutte le strutture militari e accessorie ora visibili, risultato di trecento anni di interventi progressivi, a partire dallo smantellamento dell’antico quartiere di Bergolium. “Agibilita'” che deve avere nelle indicazioni di accesso, anche da lunga distanza, le sue premesse e con promozioni informative culturali estese, ben oltre il territorio nazionale. Gli incroci, innumerevoli, con vicende riguardanti altri territori italiani contigui, la vicina Francia  ma anche la Spagna, gli Stati tedeschi, l’Impero asburgico e molti altri, tra cui la Russia zarista. Una vera ragnatela positiva che, partendo dalla Cittadella di Alessandria si irradia  per tutta Europa.

In secondo luogo, una volta approntati al meglio i vari edifici interni e del perimetro esterno alla fortezza militare – perché tale era – riorganizzare al meglio i servizi di accoglienza per i visitatori, con una attenzione particolare per le presentazioni in più lingue, tenendo conto di come la Cittadella di Alessandria potrebbe andare ad inserirsi in storie “altre”. Non ci furono sconvolgenti battaglie nella Cittadella e nei suoi pressi ma alcuni fatti storici importanti meriterebbero attenzione.

Bene. Arrivati a questo punto e verificata l’effettiva realizzazione delle due precondizioni (idoneità / buona promozione dei luoghi e loro inserimento corretto nella evoluzione  storica locale ed europea) si è in grado d proporre in modo comprensibile, originale ed accattivante, “percorsi di memoria di pace e di guerra” che dovrebbero andare a costituire i fondamenti di un locale “Museo della pace“.

Un breve preambolo storico

La Cittadella di Alessandria costituisce uno dei più grandiosi monumenti europei nell’àmbito della fortificazione permanente del XVIII secolo, uno dei pochi ancora esistenti e sicuramente uno dei meglio conservati in Europa. È l’unica fortezza di pianura costruita dai Savoia nel XVIII secolo ed è l’unica fortezza europea ancora oggi inserita nel suo contesto ambientale originario: non esiste uno schermo di case che chiude la visuale dei bastioni, o una strada ad alta percorrenza a circondare i fossati.

La Cittadella di Alessandria, fortezza di primo rango, venne concepita per funzionare da sbarramento dei transiti militari della “Strada di Fiandra”. È un perfetto esempio di fortificazione alla moderna, si compone di sei fronti bastionati forniti di cavalieri, collegati da spesse cortine rettilinee e percorsi da gallerie e casematte. Tra le meglio conservate d’Italia, sorge sulla sponda sinistra del fiume Tanaro, nel comune di Alessandria.

Sui bastioni della cittadella venne innalzato il 10 marzo 1821, per la prima volta nella storia d’Italia, il vessillo tricolore da parte del tenente colonnello Guglielmo Ansaldi .

Dal 2006 la cittadella (già monumento nazionale) è stata inserita nella “Tentative List” per la candidatura alla Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità UNESCO. 

Storia

L’area della città Alessandria è stata da sempre destinata ad essere una terra di confine con una vocazione strategico-militare. Dal XIV secolo si è unita ai Visconti di Milano contro il Monferrato e Asti, con gli Sforza poi nel XV secolo, e conseguentemente sotto il dominio spagnolo dopo fino a tutto il XVII secolo.

Al termine della Guerra di successione spagnola con il Trattato di Utrecht del 1713, al Duca di Savoia Vittorio Amedeo II, che rinunciò alle sue pretese su Milano, furono cedute le province di Alessandria e di Valenza e le terre tra il Po e il Tanaro, come ricompensa per essersi schierato al fianco dell’Impero asburgico. La città di Alessandria già dal 1707 era stata ufficialmente annessa ai territori dei Savoia. Tutto ciò aveva comportato l’acquisizione di 4.000 chilometri quadrati di nuovi territori, di 250.000 abitanti e di un gettito fiscale annuo di 1,2 milioni di lire. Le nuove acquisizioni aumentarono di un ottavo il territorio sotto il suo controllo, di un quinto la popolazione e di un decimo le entrate dell’erario. Si trattava di confini e conquiste da controllare e difendere. La situazione rimase sostanzialmente immutata sino al 1728, quando fu deciso lo stanziamento di Lire 421.642 che “dovrà essere impiegata in Allessandria. Per la costruzione d’una Cittadella in Borgolio secondo la Pianta, che sarà determinata da S.M.” .

Al fine di soddisfare le esigenze di difesa del nuovo Stato sabaudo, è stato deciso di costruire un’imponente fortezza destinata a funzionare da sbarramento dei transiti militari che percorrevano la “Strada di Fiandra”, l’antica via militare spagnola che collegava i porti di Genova, Savona e Finale Ligure con i Paesi Bassi.

La Cittadella rientrava in un più vasto piano difensivo che comprendeva il Forte di Bard (per il controllo del Piccolo e Gran San Bernardo), il Forte della Brunetta a Susa, il Forte di Fenestrelle in val Chisone. Già esistenti c’erano le fortezze di Cuneo,di Saorgio e il Forte di Ceva nella valle del Tanaro. La Cittadella sarebbe così divenuta l’elemento centrale della capillare rete difensiva savoiarda.

Costruzione. L’antico quartiere di Bergoglio prima della sua demolizione

Innalzata su progetto di Ignazio Bertola è a pianta stellare. L’architetto Bertola mise a frutto l’esperienza vissuta per l’assedio di Torino del 1706, durante il quale si rese conto dei difetti e delle lacune dell’impianto difensivo torinese ormai obsoleto rispetto alla tecnologia militare a lui contemporanea. La sua costruzione, voluta da Vittorio Amedeo II di Savoia ed edificata da Carlo Emanuele III di Savoia, re di Sardegna, ebbe inizio a partire dal 1732. L’appalto per la costruzione della cittadella è del 24 maggio 1732 e la posa della prima pietra il 4 settembre 1732; in questo documento sono elencate le norme da tenere nell’esecuzione dei lavori, vidimate dal Bertola. Lo stesso anno venne eletto come sovrintendente alla fabbrica il maggiore Francesco Ludovico Villencourt, in servizio dal 1729 al 1739 presso le piazzeforti di Alessandria, Casale e Valenza. Il marchese Roero di Cortanze, governatore della città, inaugurò il cantiere il 17 settembre 1732.

Sulla costruzione della cittadella vi era stato comunque un lungo dibattito dal quale emersero alcuni problemi. Il primo era di natura diplomatica: “nasceva la prima dalle gagliarde opposizioni, che prevedevansi inevitabili per parte del Gabinetto di Vienna, imperocche’ in vigore della convenzione stipulata con fu Imperatore Giuseppe I nell’atto della cessione d’Alessandria alla R. Casa di Savoia, erasi stabilito che questa Città dovesse mantenersi nello stato in cui venia ceduta, senza aumento di fortificazioni” . Effettivamente il Trattato di Torino dell’8 novembre 1703, siglato tra Vittorio Amedeo II e l’imperatore Leopoldo I, prevedeva al punto VI la cessione di Alessandria e di Valenza. Ma il punto VIII del documento stabiliva, senza ombra di dubbio, che le città di Valenza e di Alessandria non sarebbero potute essere rinforzate così come quelle di Mortara, “relicto simplici muro” e di Casale . Denunciare il trattato era impossibile, in quanto su di esso si basavano le rivendicazioni e le acquisizioni territoriali ottenute al tavolo della pace di Utrecht nel 1713. Nel frattempo, comunque, la tutela franco-britannica metteva abbastanza al sicuro Torino da ritorsioni austriache e abbondarono pareri circa al modo, ed al sito cui avesse a intraprendersi la nuova costruzione.

Al termine del dibattito la scelta ricadde sull’edificazione della Cittadella interamente a scapito dell’antico quartiere di Bergoglio, motivata al fine dal pensiero dell’architetto Bertola .

Questa scelta provocò una decisa rivoluzione urbanistica: questo perché il quartiere sarebbe stato troppo esposto ad attacchi divenendo un potenziale pericolo in caso di attacco nemico. Non va dimenticato che il progetto per la costruzione della cittadella prevedeva come necessità anche una grande area esterna, la cosiddetta “spianata” o spalto.

Il terreno paludoso di Borgoglio dovette essere rafforzato attraverso speciali sistemi di consolidamento del terreno, in particolare per le opere di fondazione delle murature di bastioni e cortine, e degli edifici interni. Questi sistemi, i pilotaggi, consistevano in una fila di pali lignei armati da punte di ferro, conficcati nel terreno, uniti tra loro da catene di ferro.

L’intenzione di realizzare la nuova Cittadella e i primi lavori di costruzione furono tenuti nascosti al governo austriaco, l’antico alleato: gli accordi con la Corte di Vienna vietavano infatti che si rafforzassero le fortificazioni di Alessandria, cosicché si giustificò l’inizio dei lavori con la necessità di proteggere il quartiere di Borgoglio dalle piene del Tanaro.

I due sopralluoghi ordinati dall’Imperatore d’Austria Carlo VI non riuscirono a svelare la vera natura delle opere intraprese, anche grazie al fatto che si rinviò il più possibile la demolizione degli edifici del Borgoglio, usati come schermo: furono abbattuti quando i sei bastioni pentagonali della fortezza svelarono definitivamente le reali intenzioni dei piemontesi.

I lavori durarono all’incirca quattordici anni: nel 1745 la fortezza era completa nelle sue componenti principali della complessa struttura difensiva. La cittadella venne dotata di armi e viveri necessari ai reparti […] per aver ogni cosa in pronto e servirsene all’occasione di assedio atteso l’incamminamento dei Gallo-Ispani verso quella piazza […]

All’interno dell’esagono fortificato gli edifici civili di Bergoglio furono gradualmente demoliti per far posto ai nuovi quartieri militari: nel 1728 Vittorio Amedeo II aveva ordinato la sua demolizione e i lavori durarono quattro anni. Gli abitanti furono costretti a trasferirsi nel contado e sulla riva opposta del fiume mentre i nobili di Bergoglio ricostruirono le proprie residenze all’interno delle mura cittadine. Agli abitanti e ai nobili si sostituì una guarnigione militare sempre più numerosa.

Nasce così un’immensa fortezza che si estende su circa 60 ettari il cui lato più lungo è parallelo alla asse del fiume. La Cittadella si trova a nord-ovest della città di Alessandria sulla sponda sinistra del fiume Tanaro. È la zona più bassa del Piemonte a circa 90 metri sul livello del mare. 

Sistema d’inondazione della Cittadella. 

La Cittadella è collegata alla città tramite un ponte, ricostruito nel XXI secolo dall’architetto Richard Meier. In passato il ponte era in pietra e coperto da un tetto in coppi. Il corpo di piazza è circondato da un ampio fossato, protetto da tenaglioni, rivellini, controguardie e ridotte. Vi si accede da un lungo ponte di pietra che conduce a ad una grande area circondata da edifici a più piani disposti secondo l’asse dell’antico quartiere di Bergoglio, tutti coperti da resistenti terrapieni costruiti tra il 1749 e il 1831.

Guerra di successione austriaca

La Cittadella venne provata col fuoco la prima volta tra il 1745 e il 1746 quando resistette per sette mesi, durante la Guerra di successione austriaca, all’esercito gallispano (franco-spagnolo). La fortezza era ancora incompleta e non bene armata.

Prima Campagna d’Italia

Al termine della prima campagna d’Italia la Cittadella è in mano ai Francesi: nel luglio del 1799 fu assediata dall’esercito austro russo di Aleksandr Vasil’evič Suvorov. Dopo tre giorni di bombardamento vennero inflitti gravi danni alle strutture fortificate e i Francesi costretti alla resa.

Occupazione francese

Napoleone Bonaparte, dopo i trionfi della battaglia di Marengo (14 giugno 1800) e l’ascesa al trono imperiale di Francia (2 dicembre 1804), decise di ampliare e restaurare la fortezza e di circondare la città con nuove difese e otto nuove fortificazioni allo scopo di realizzare una grande base logistica destinata a supportare le operazioni dell’esercito francese schierato nel Nord Italia, lo sviluppo urbano era previsto nell’abitato di Marengo.

Durante l’occupazione francese la posizione e l’efficacia delle moderne fortificazioni ha fatto della Cittadella una delle fortezze più spettacolari dell’impero e il più ricco arsenale di tutta Europa. La costruzione e lo stato di conservazione degli edifici napoleonici sono unici. Napoleone voleva fare della Cittadella la “porta orientale” della Francia.

Restaurazione. L’Italia disegnata dal Congresso di Vienna

Nel 1814 le armate austriache demolirono il campo trincerato francese risparmiando la Cittadella che fu consegnata al restaurato Regno di Sardegna. Dopo la Restaurazione il ripristino delle antiche mura dei Savoia ha dato ancora una volta un ruolo fondamentale alla Cittadella.

Inizialmente utilizzata come una testa di ponte del nuovo campo trincerato, Alessandria divenne alla metà del XIX secolo importante baluardo contro l’impero austriaco.

Risorgimento. Friedrich Engels e la Cittadella

Economista, filosofo e politico, Engels non disdegnò di scrivere di questioni militari. In due opere minori del 1859 se ne occupò trattando anche di Alessandria e della sua Cittadella.

“Alla confluenza del Tanaro e della Bormida, otto miglia a monte della confluenza di quest’ultima con il Po, si trova Alessandria, la migliore fortezza del Piemonte, che ora sta diventando il punto centrale di un vasto campo trincerato, e copre l’ala meridionale, o destra, della posizione. Le due città distano l’una dall’altra sedici miglia, e il Po scorre parallelamente alla strada che le unisce, ad una distanza di cinque o sei miglia. L’ala sinistra di un esercito schierato su questa posizione è coperta in primo luogo dalla Sesia, e quindi da Casale e dal Po; l’ala destra è coperta da Alessandria e dai fiumi Orba, Bormida, Belbo e Tanaro, che confluiscono tutti nei pressi di Alessandria. Il fronte (la prima linea) è coperto dall’ansa del Po.”

Ma la posizione di Casale e di Alessandria offre un punto debole: essa manca di profondità e le sue retrovie sono completamente scoperte. Gli austriaci, tra il Mincio e l’Adige, hanno un quadrilatero protetto da quattro fortezze, una in ciascun angolo; sul Po e sulla Bormida i piemontesi hanno una linea con due fortezze su ciascun fianco ed un fronte ben difeso, ma le loro retrovie sono completamente scoperte. Ora, aggirare Alessandria dal sud sarebbe azzardato e relativamente inutile; ma Casale può essere aggirata dal nord, se non da Vercelli, almeno da Sesto Calende, Novara, Biella, Santhià e Crescentino; e se un esercito numericamente superiore passasse il Po, a monte di Casale, e attaccasse a tergo i piemontesi, questi sarebbero immediatamente costretti a rinunciare ai vantaggi di una posizione solidamente trincerata, e a combattere in campo aperto. Sarebbe questa la contropartita di Marengo, benché sull’opposta sponda della Bormida.

Ancor più del Belgio, l’Italia settentrionale è da secoli il campo di battaglia sul quale tedeschi e francesi hanno combattuto le guerre chi li hanno visti di fronte. Il possesso del Belgio e della valle del Po è, per chi attacca, la condizione necessaria sia per un’invasione tedesca della Francia, sia per un’invasione francese della Germania: soltanto questo possesso rende completamente sicuri i fianchi e le spalle dell’invasore. Soltanto il caso di una neutralità assolutamente certa di questi paesi potrebbe costituire un’eccezione; e ciò fino ad ora non si e verificato.

In Piemonte, un miglio sotto Casale, il Po piega il suo corso, fin qui volto ad est, scorre per tre miglia buone in direzione sud-sud-est, poi volta di nuovo verso est. Nella curva settentrionale confluisce da nord la Sesia, in quella meridionale, da sud-ovest, la Bormida. Con questa si uniscono immediatamente prima della confluenza, proprio vicino ad Alessandria, il Tanaro, l’Orba e il Belbo, formando un insieme di linee fluviali confluenti a raggiera verso un punto centrale, il cui punto d’incrocio principale è protetto dal campo trincerato di Alessandria. […] L’importanza di questa posizione per la difesa del Piemonte da attacchi provenienti da oriente era stata già riconosciuta da Napoleone, che di conseguenza aveva fatto nuovamente fortificare Alessandria. Gli avvenimenti del 1814 non confermarono la forza difensiva del luogo: quanto esso valga oggi, avremo forse presto occasione di vedere. […]

 

Con l’ammutinamento della Cittadella il 10 marzo 1821 parte l’insurrezione piemontese. Viene issata la bandiera tricolore per la prima volta nella storia del risorgimento. L’insurrezione dilaga ben presto in tutto il Piemonte ma si chiude alla fine di aprile con la repressione austriaca. Così inizia la seconda occupazione austriaca della fortezza che durerà fino al 1823. Gli affiliati alessandrini alla Giovine Italia di Mazzini vengono imprigionati nelle carceri della Cittadella. Oltre ad Andrea Vochieri, patriota alessandrino, ci sono cinque militari. Al termine di un processo sommario, il 20 giugno 1833 vengono tutti condannati alla pena capitale mediante fucilazione.

Lapide commemorativa della sottoscrizione per i cento cannoni per la Cittadella

Nel 1849 dopo la sconfitta di Carlo Alberto di Savoia a Novara, segnando la fine della Prima guerra di indipendenza italiana gli austriaci ritornano nuovamente in Cittadella. Dopo soli tre mesi saranno già fuori. Nonostante la brevità per gli italiani il significato simbolico e politico di questa occupazione è molto grande e li convince ad unire le sorti d’Italia con quelle di casa Savoia. Tra il 1854 ed il 1855, in previsione della Seconda guerra di indipendenza italiana. Di qui la presenza di una lapide commemorativa di quei fatti.

Ma il “Museo della Pace” deve trattare di “pace”….

Col nome di “Piccola guida all’Archivio del movimento per la pace e la nonviolenza nell’Alessandrino” esiste già un ricco archivio che, anch’esso, potrebbe trovare in uno dei padiglioni della Cittadella di Alessandria, un’ottima collocazione. Ovviamente arricchendo il tutto con immagini appropriate, documentazioni consultabili in diretta in postazioni collegate e molto altro. Solo per fare apprezzare la ricchezza della proposta , ecco quanto ci ha fatto avere l’associazione per la Pace e la Nonviolenza.

Premessa

Dopo alcuni anni impiegati per il riordino è ora disponibile alla consultazione presso l’ISRAL l’Archivio del movimento per la pace e la nonviolenza in provincia di Alessandria. La sua composizione è fondata soprattutto sul materiale cartaceo, raccolto nel corso degli anni dall’Associazione per la pace e la nonviolenza. I primi documenti risalgono al 1968 – 1969 e si snodano per oltre quarant’anni, giungendo fino al 2013. Negli ultimi anni è stata anche avviata la raccolta di documenti in formato elettronico: tale documentazione sarà oggetto di una futura catalogazione e donazione da parte dell’Associazione per la pace e nonviolenza all’ISRAL.

Inoltre risultano ancora presenti presso l’associazione fondi cartacei rilevanti da inventariare.

La struttura dell’archivio si presenta così articolata: la parte principale è costituita da documenti, raccolti in cartelline, a loro volta depositate in 79 faldoni (1-79) secondo il criterio cronologico (raccolti anno per anno); vi è una parte dedicata ai manifesti (riordinati anch’essi anno per anno) contenuta in 3 faldoni (80-82); segue una sezione “Riviste – miscellanea” contenuta in 7 faldoni (83-89) dove a modo di campionatura sono raccolte centinaia di riviste pubblicate da movimenti e associazioni in Italia con tematiche “a tutto campo” e non solo sugli argomenti pacifisti.

Soggetti pacifisti documentati nell’archivio

Rispetto ai soggetti del movimento pacifista e nonviolento maggiormente presenti nell’archivio abbiamo una prima fase 1968-1975 incentrata soprattutto su Acqui Terme: qui operano il Comitato per la pace spontaneo, l’ARCI, gruppi cristiani di base, il Comitato Italia Vietnam. Il periodo 1976 -1986 è caratterizzato dall’attività dei Comitati per la pace, presenti soprattutto ad Acqui, Casale e ad Alessandria, ma diffusi in quasi tutti i principali centri del Piemonte; questo periodo comprende anche l’attività del Coordinamento regionale dei Comitati per la pace, con sede presso le ACLI di via Perrone a Torino. Il periodo 1987-2001 è incentrato sull’attività dell’Associazione per la pace nazionale, regionale e provinciale (soprattutto Alessandria, Acqui Terme, Castelnuovo Scrivia, Novi Ligure) e sulla diffusione di numerose associazioni di volontariato nell’area del pacifismo e della nonviolenza.

Dal 2001 al 2013 si fa riferimento in particolare alla nuova Associazione per la pace e la nonviolenza nata in provincia di Alessandria dopo le vicende al Vertice G8 di Genova e gli attentati alle Twin Towers di New York dell’11 settembre 2001. .

Periodo 1969-1975

Il materiale documentario è scarso ma di rilevante importanza. E’ tutto compreso nel Faldone 1. Ci sono riferimenti alla guerra nel Vietnam che caratterizzò gli anni Sessanta fino alla prima parte degli anni Settanta. Si può segnalare che la nascita del Comitato Italia Vietnam ad Acqui Terme sia stata sicuramente una delle prime iniziative pacifiste rilevanti in provincia di Alessandria realmente autonoma dai partiti o dai gruppi politici, anche se rimanevano collegamenti importanti ma non più determinanti.

Ci sono documenti riguardanti il movimento di protesta rispetto al golpe del generale Pinochet in Cile; quello a sostegno della Spagna libera, con caduta del Franchismo; le iniziative antimilitariste in varie caserme italiane.

Periodo 1976-1981 (parte finale del Faldone 1, faldoni 2 e 3)

I documenti riguardano soprattutto: la corsa agli armamenti; la bomba N; gli euromissili; obiezione di coscienza al servizio militare; fiaccolata per la pace e il disarmo ad Acqui Terme.

Ci sono anche carte sulla Palestina; sul Nicaragua; sulla pena di morte; il volantino sulla terza marcia per la pace Perugia-Assisi.

Troviamo sia una rassegna stampa locale che fotografie. Periodo 1982-1985 (parte finale del faldone 3, dal 4 all’8)

E’ il periodo che vede la nascita e lo sviluppo dei Comitati per la pace in tutta Italia. Si documenta l’attività del Comitato di Acqui Terme; le sue iniziative per il Centro America; iniziative di piazza per il disarmo; mostra su Hiroshima e la bomba atomica; conferenza di Raniero La Valle sulle Guerre stellari; collegamento con i comitati Oscar Romero a Torino.

Una consistente documentazione riguarda il Comitato per la pace di Alessandria; il referendum popolare autogestito contro l’installazione dei missili nucleari a Comiso; le cartoline natalizie contrarie allo Scudo stellare. Palestina: mons.Capucci a Novi Ligure.

Troviamo una serie di dossier monotematici di considerevole ampiezza curati dal Coordinamento dei Comitati per la pace del Piemonte animato da Beppe Reburdo; corrispondenza del Coordinamento regionale e di quello di Alessandria. Consistenti sono le rassegne stampa di tipo locale.

Periodo 1986-1987 (parte finale del faldone 8, dal 9 al 15)

L’avvenimento di valore epocale di questi anni è l’accordo per la riduzione dei missili a testa nucleare tra Reagan (USA) e Gorbaciov (URSS). L’argomento ritorna in più documenti. A questi si accompagnano altri documenti: Palestina: mons. Capucci ad Alessandria; manifestazione di protesta a Piacenza contro gli aerei da guerra Tornado; Convenzione sulla pace a Firenze promossa dalla rivista Testimonianze, guidata da Ernesto Balducci; iniziative contrarie all’apartheid in Sud Africa; Cipax di Roma e le guerre stellari; l’OSM (obiezione alle spese militari). Dal 1987 la documentazione prevalente riguarda la fase costituente dell’Associazione per la pace nazionale (appunti). Tra i rilevanti Dossier del Coordinamento dei comitati per la pace del Piemonte trova ampio spazio l’incidente nucleare di Chernobyl e i tanti aspetti del nucleare civile e militare; gli armamenti; la cultura della pace. Ampiamente documentata è la Prima Convenzione per la pace della Provincia di Alessandria (aprile 1987): materiale preparatorio e atti.

Sulla fase di passaggio dai Comitati per la pace alla futura Associazione per la pace troviamo il Seminario nazionale alla Cittadella di Assisi; la manifestazione a Roma “Insieme per dire pace”; l’attività del Comitato promotore dell’Associazione per la pace della provincia di Alessandria, completo di indirizzari.

Altri argomenti: guerra tra Iran e Iraq; commercio delle armi; proposte scuola del Comune di Alessandria; la DPN (difesa popolare nonviolenta); la nonviolenza delle donne. Anche i Dossier piemontesi seguono la parabola nazionale e documentano la nascita dell’Associazione per la pace.

Entrambi gli anni presentano rassegne stampa locali e fotografie, soprattutto su “L’attività del Comitato promotore dell’Associazione per la pace ad Alessandria e Provincia”.

Periodo 1988-1990 (dal faldone 16 al faldone 31)

Questi tre anni sono caratterizzati dalla nascita dell’Associazione per la pace nazionale e dalla sua intensissima attività; l’associazione di Alessandria svolge anche un ruolo nazionale, occupandosi in particolare sia dell’informazione ai soci con giornali a stampa; sia dell’amministrazione economica interna. E’ ampiamente documentato il Primo congresso di Bari; la Marcia per la pace Perugia-Assisi che prende una cadenza biennale.

Ad Alessandria nasce la Consulta per la pace del Comune; tra le sue principali articolazioni c’è il Gruppo di lavoro per la Palestina. Da Torino viene diffusa una nuova serie dei Dossier di approfondimento sui temi di pace, ambiente, nonviolenza, oltre che sull’organizzazione stessa dell’Associazione.

La Palestina ha sempre ampio spazio: manifestazione nazionale a Roma; solidarietà attraverso Salaam, ragazzi dell’olivo. Altri argomenti: il secondo congresso nazionale dell’Associazione per la pace a Perugia; a Torino convegno “Per un’Europa solidale e nonviolenta”; in Italia campagna “Venti di pace” per la riduzione delle spese militari; ad Alessandria proposta del Parco Gandhi; ampio spazio all’Obiezione alle spese militari; digiuni e manifestazioni ad Alessandria per una nuova legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare.

E ancora: il 45° anniversario dei bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki; l’appello “Per Alessandria solidale e nonviolenta”.

Rispetto all’Associazione per la pace nazionale vi sono molti documenti sull’amministrazione interna; un Questionario finalizzato a definire il programma di iniziative; tesseramento e indirizzari; giornale Arcipelago; attività del Consiglio nazionale; corrispondenza.

Per tutti questi tre anni: consistenti rassegne stampa e fotografie.

Periodo 1991 – 1992 (dal faldone 32 al faldone 40)

La prima guerra del Golfo del gennaio 1991 ha segnato il ritorno della partecipazione dell’Italia in una guerra dal 1945: anche per questo la reazione popolare è stata molto forte. I documenti dell’archivio sono molto consistenti e significativi della risposta pacifista in Alessandria e in vari centri della provincia. Si inizia con la manifestazione attorno alla base militare di San Damiano a Piacenza da dove partivano gli aerei Tornado per le missioni di guerra contro l’Iraq. Ad Alessandria: il digiuno contro la guerra del Golfo; il Telefono contro la guerra; il Diario della Roulotte in piazza Libertà; la denuncia contro l’Associazione per la pace di Alessandria; un carteggio con Norberto Bobbio sulla guerra del Golfo.

Sono documentate le molte iniziative in provincia di Alessandria.

A livello nazionale: Obiezione alle spese militari contro la guerra; petizione “L’Italia ripudia la guerra”; riunioni del Consiglio nazionale dell’Associazione; marcia Perugia – Assisi. Nei mesi successivi: a Torino il convegno internazionale “La forza della nonviolenza”; a Torre Pellice incontro sulla Palestina; ad Alessandria incontro con Raniero La Valle e poi Ciclo di incontri sul Medio Oriente.

Nel 1992 si prepara a Cortona il terzo Congresso che si terrà a Bologna; ad Albenga si tiene la Festa nazionale per la pace; si sviluppa il Progetto “Un ospedale per Chernobyl”;

Democrazia e partecipazione si occupa del rapporto con le assemblee elettive. Si documenta il dilagare della guerra tra le repubbliche della exJugoslavia, iniziata l’anno precedente: ad Alessandria ci sono raccolte di medicinali e di fondi per la Bosnia.

Altri argomenti: DPN (difesa popolare nonviolenta);

MAG; Assemblea Cittadini di Helsinki; Somalia.

E ancora: Salaam, ragazzi dell’olivo;

Associazione per la pace nazionale con gruppo di amministrazione e bilanci, indirizzari, tessere.

Per entrambi gli anni: rassegna stampa rilevante e fotografie.

Periodo 1993 – 1995 (dal faldone 41 al faldone 53)

Questo periodo è caratterizzato principalmente dalle guerre nelle ex-Jugoslavia.

Le iniziative in provincia di Alessandria riguardano soprattutto le campagne di solidarietà per le popolazioni della Bosnia.                Altri argomenti: Terzo congresso dell’Associazione per la pace a Bologna; a Rovigo Festa nazionale per la pace; a Perugia Marcia per la pace verso Assisi; ad Alessandria seminario Per un’Europa solidale e nonviolenta.

E’ ricostruita dettagliatamente la fase preparatoria, fino alla sua approvazione, della Legge regionale del Piemonte “Iniziative per la promozione di una cultura ed educazione di pace”.

Ancora: ICS Consorzio italiano di solidarietà con la ex-Jugoslavia; Gruppo di lavoro per ExJugoslavia presso Consulta pace del Comune di Alessandria; sottoscrizione per i profughi della guerra.

Altri temi: Costituente della strada; Democrazia e partecipazione: appello ai candidati per il Comune di Alessandria; Progetto “Un ospedale per Chernobyl”; comitato per il Parco Gandhi; a Firenze la Costituente pacifista; il boicottaggio alla Nestlè; Rwanda Burundi.

Rispetto alle obiezioni troviamo la storia dell’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia;                                      Obiezione alle spese militari con assemblea a Forte dei Marmi e manifestazioni in diverse località tra cui Alessandria.

Riguardo all’Associazione per la pace nazionale: assemblea a Roma su una nuova politica di pace per l’Italia; giornale Arcipelago con dibattito interno all’associazione; quarto congresso nazionale a Livorno; idee e riflessioni dal Piemonte; materiali sull’amministrazione, indirizzari, notiziari interni; Perugia: seminario sull’ONU e marcia per la pace.

Andando verso la conclusione dei cinque anni delle guerre ex-jugoslave: progetto “Sarajevo cuore d’Europa; Comitato Adotta la pace; viaggi di donne pacifiste in Serbia e Croazia; raccolta di lettere dalla exJugoslavia.

Molti altri terreni di iniziativa vedono impegnato il movimento pacifista: per la Palestina iniziative delle Donne in nero e della Regione Umbria; Peacelink e telematica per la pace; convegno sulla NATO ad Alessandria; Democrazia e partecipazione in Piemonte; Comitato svizzero sul Kurdistan; Mani tese e la Campagna italiana contro le mine; Pace e dirittti; embargo all’Iraq, coordinamento Comuni per la pace Provincia di Torino. Per ciascun anno sono presenti Rassegne stampa e fotografie.

Periodo 1996 – 2000 (dal faldone 54 al faldone 66)

Sono anni caratterizzati dal dopoguerra nella ex-Jugoslavia, dalla guerra nel Kossovo, dallo sviluppo dell’immigazione, dal persistere delle questioni aperte nel Medio Oriente. Sulla ex-Jugoslavia: iniziative a Torino; Comitato Adotta la pace ad Alessandria; i report annuali dell’ICS (Consorzio Italiano di Solidarietà); notizie sulla Bosnia; digiuni contro la guerra nel Kosovo.

Sul Medio Oriente: progetto Asili in Palestina; stop all’embargo all’Iraq; Gerusalemme capitale per due stati; questione curda; un ponte per Bagdad; Comitato Verso il Kurdistan di Alessandria; appelli per la libertà di Vanunu e altri. Rispetto alle obiezioni: guide pratiche annuali all’OSM; proposta dei Caschi bianchi; attività varie degli obiettori di coscienza; riforma del servizio militare; operazione Colomba; coordinamento enti servizio civile in provincia di Alessandria. Ci sono alcune “campagne nazionali” con ricaduta locale: giornata annuale per la messa al bando delle mine; Democrazia e partecipazione riferita alle elezioni politiche del 1996; solidarietà attraverso “Arance di Natale”; cancellazione del debito dei paesi poveri; petizione contro lo sfruttamento del lavoro infantile. Sull’immigrazione: proposta di legge per i diritti elettorali degli stranieri; programma sicurezza alimentare nel Sahel; Sans papiers a Parigi; accattonaggio: opposizione alla delibera del Comune di Alessandria; Acqui Terme: Comitato Città aperta; Acqui e lo sportello di ascolto degli extracomunitari.

Rispetto all’Associazione per la pace nazionale la documentazione resta rilevante: il quinto congresso a Bologna; la Giornata nazionale contro le basi militari, con manifestazione a Ghedi; Luisa Morgantini alle elezioni europee.

L’Associazione per la pace di Alessandria: presentazione di vari libri su cosmopolitismo, Irlanda del Nord e altri; polemiche sulle celebrazioni per l’anniversario della battaglia napoleonica di Marengo; dibattito sulle armi ai vigili urbani di Alessandria; lettera all’onorevole Rossi; congresso AP di Alessandria; Castelnuovo Scrivia ricorda la pacifista Fulvia Bernardini;

Convenzione provinciale per la pace e la nonviolenza; Peace point; tessere, corrispondenza,bilanci annuali, stampati; pubblicazione Tre guide per un volontariato di pace. Tra le molte altre iniziative documentate segnaliamo: varie edizioni della Marcia Perugia – Assisi; attività Centro Sereno Regis di Torino; guerra in Cecenia; Infopace newsletter sul parlamento; stop ai test nucleari in India e Pakistan; strage del Cermis; Forum per la pace in Regione Piemonte; genocidio a Timor est; la Tre giorni del volontariato a Torino; iniziative animaliste riferite agli allevamenti; Agenda Giorni nonviolenti; Rovereto e la formazione alla diplomazia popolare; Fiaccolata pacifista a Terzo d’Acqui; Valenza territorio denuclearizzato; progetto Banca etica.

Periodo 2001 – 2003 (dal faldone 67 al faldone 73)

Quello del 2001 è l’anno che segna l’inizio di grandi sconvolgimenti a livello mondiale, a partire dall’attacco terroristico alle Twin Towers a cui sono seguite nuove guerre in Afghanistan, in Iraq, conflitti in Medio Oriente, attentati in diversi stati europei.

Sul versante del movimento della pace il vertice G8 di Genova fa registrare una profonda spaccatura nel pacifismo italiano tra gruppi e centri che usano la violenza e gruppi ed associazioni nonviolente. Ad Alessandria alla condanna degli attentati terroristici dell’11 settembre seguono le proteste espresse attraverso l’Ora del silenzio davanti alla Prefettura (si ripeterà tutti i martedì per otto anni) e i digiuni a distanza. Altre carte riguardano: le due edizioni ravvicinate della Marcia per la pace Perugia-Assisi dedicate a guerre e terrorismo; Un ponte per Bagdad e la strage di Nassiria; notizie sull’Afghanistan. Ancora sul Medio Oriente: notiziari del Comitato Verso il Kurdistan; la scomparsa di Dino Frisullo.

Sul vertice G8 a Genova si trovano vari documenti e rassegna stampa. Ad Alessandria la Seconda Convenzione provinciale per la pace e la nonviolenza; nel 2002 a seguito anche del G8 lo scioglimento dell’Associazione per la pace e la nascita dell’Associazione per la pace e la nonviolenza; a Novi Ligure incontro su Storie e testimoni della nonviolenza. Rispetto all’educazione alla pace: newsletter del Centro Sereno Regis di Torino; petizione per la riduzione di trasmissioni e immagini violente in TV; Prima rassegna annuale di ipertesti multimediali per la pace e la nonviolenza costruiti nelle scuole della provincia e nel 2003 Seconda rassegna; iniziative del Centro Rachel Corrie di Ovada; dibattito sull’Inno di Mameli e lettera a Ciampi. Riguardo alle iniziative di solidarietà: campagna Arance di Natale; Acqua nel Sahel; Palestina Centro di ricamo a Ramallah; associazione Buxter.

Documenti, tra i molti, su:

Sciogliere la NATO; crisi della Macedonia e incontro ad Alessandria;

Guida pratica per l’immigrato a cura della Prefettura di Alessandria;

Alessandria Social forum; lettera a mons. Charrier. Sono presenti: corrispondenza, rassegna stampa, fotografie.

Periodo 2004 – 2013 (dal faldone 74 al faldone 79) Questo primo scorcio del ventunesimo secolo vede un ridimensionamento del movimento pacifista come soggetto unitario e capace di incidere sulle grandi scelte: c’è una ramificazione in più gruppi e soggetti di iniziative, che spesso si specializzano e sono efficaci su un singolo obiettivo ma hanno difficoltà a unirsi e coordinarsi.

La documentazione disponibile evidenzia il ripetersi di alcune iniziative per più anni: l’associazione per la pace e la nonviolenza ripropone l’Ora del silenzio contro i terrorismi e le guerre (dal 2001 al 2009); promuove annualmente con un gruppo di scuole la “Rassegna dell’ipermedia per la pace e la nonviolenza” (dal 2002 al 2011); la Tavola per la pace organizza ogni due anni la Marcia per la pace Perugia Assisi; il Centro Rachel Corrie di Ovada assegna ogni anno il premio “Testimone di pace”.

Altre iniziative documentate che si ripetono annualmente: la Marcia per la pace promossa ad Alessandria da mons. Charrier e da alcune associazioni il 31 dicembre di ogni anno; la solidarietà attraverso le Arance di Natale; la Giornata della memoria della Shoah ad Acqui; le giornate regionali del volontariato. Si segnalano alcuni argomenti, tra i molti presenti: iniziative per il Sahel; Verso il Kurdistan: Newroz in Turchia; Palestina: Associazione L’ulivo e il libro; Agire Ora: animali al contrattacco; Ist. Cooperazione allo sviluppo: educazione interculturale; Comitato Salviamo la Costituzione; Palestina: notiziario Bocche scucite; Libera: attività del gruppo di Alessandria; Gruppo Kairos: Il mondo ideale. Molte carte riguardano la nonviolenza: Ciclo di incontri ad Alessandria su “Bisogno di nonviolenza”; Sbilanciamoci: proposte sulla legge finanziaria; Movimento nonviolento: notizie sui campi estivi; Feste: Ovadese terre di pace; Acqui Terme: anniversario di Hiroshima e Nagasaki; Centro Sereno Regis: proposta di legge sulla riconversione dell’industria bellica; Obiezione alle spese militari: guida e iniziative; Seminario sugli aerei F35 della base di Cameri; Marcia della solidarietà e pace ad Acqui; Route di Pax Christi Monte Sole – Barbiana; Concorso per le scuole “Bisogno di nonviolenza nella società contemporanea”.

Ogni anno troviamo per l’Associazione per la pace e la nonviolenza: corrispondenza, tessere, bilancio, rassegna stampa, fotografie. Manifesti (dal faldone 80 al faldone 82) Sono raccolti 165 manifesti compresi tra il 1973 e il 2011.

Spesso il manifesto fornisce una sintesi di un avvenimento o di un’iniziativa; in taluni casi può offrire notizie (nomi, date, luoghi) non facilmente reperibili dai documenti cartacei.

Per la consultazione si rimanda al Catalogo dell’archivio, che riporta il titolo e l’argomento di ciascun manifesto in ordine cronologico. Riviste – Miscellanea (dal faldone 83 al faldone 89) Si tratta di una sorta di campionatura di giornali e riviste riguardanti non principalmente la pace ma argomenti ad essa intrecciati: solidarietà, sottosviluppo, ambiente, disagio, mafia, movimenti di base; talora semplicemente giornali di informazione locale. Si è ritenuto utile fornire almeno uno sguardo sull’impostazione giornalistica ed editoriale delle pubblicazioni e la possibilità di trovare riferimenti e indirizzi per ulteriori approfondimenti e ricerche.  (1)

E…..siccome il “Museo della Pace” sottintende anche periodi e fatti inerenti guerre o “affrontamenti” di qualche tipo (oltre ai riferimenti alla città bastionata fin dal 1400, alla perdita del suo Duomo duecentesco per motivi inerenti questioni militari, giù giù fino diverse “caserne” che, nei secoli, hanno caratterizzato la vita cittadina e non solo. E poi i ponti (quello sul tanaro “coperto” e bellissimo fu sacrificato al Dio Marte a metà 1800 e infine le battaglie….

 

Il Conte di Armanac e la battaglia del 1391

A solo titolo esemplificativo (e prima di riprendere i fatti bellici che videro protagonista Alessandria e il suo territorio nel XVII e XVIII secolo) e giusto per dare un’idea di quel che si potrebbe esporre in uno dei molti padiglioni che andranno a liberarsi, ecco un fatto d’arme non molto conosciuto nei dettagli…

La battaglia di Alessandria si inserisce nella guerra scoppiata nel 1390 tra Gian Galeazzo Visconti e Firenze. Alleati del Visconti furono gli storici nemici di Firenze: i senesi, ma anche Perugia, i Gonzaga, i Malatesta, Teodoro II di Monferrato e, almeno inizialmente, gli Estensi, mentre più “velata” fu la posizione del conte di Savoia Amedeo VII, infatti, nonostante le numerose profferte fiorentine, egli si mantenne neutrale, anche se, neanche troppo segretamente, appoggiò il cugino Gian Galeazzo. Si unirono invece ai fiorentini: Bologna, Astorgio Manfredi e Francesco II da Carrara, quest’ultimo desideroso di riprendersi Padova, da dove era stato cacciato l’anno precedente proprio dal Visconti.

Nell’autunno del 1390, l’ambizioso piano dei fiorentini entrò in azione: da est, guidate da John Hawkwood, le forze congiunte di Firenze e dei suoi alleati avrebbero dovuto muoversi da Padova (che nel frattempo Francesco Novello era riuscito a strappare a Gian Galeazzo) verso Vicenza, Verona e, più a ovest, gli altri domini viscontei, sperando che con l’arrivo dell’esercito dei coalizzati le città, oppresse dalla pesante fiscalità viscontea, si ribellassero al loro signore e accogliessero i nemici del Visconti come “liberatori”.

Ma le forze radunate dai fiorenti e dai loro alleati a Padova non erano sufficienti a scardinare il dominio di Gian Galeazzo Visconti, proprio per questo, le autorità fiorentine, dopo aver speso moltissimi fiorini nel tentativo di ingaggiare il duca di Baviera Stefano III, si rivolsero a Giovanni III conte d’Armagnac.

Mentre Gian Galeazzo Visconti chiese l’arbitrato a Carlo VI di Francia, in conflitto con gli armagnachesi, nel frattempo aumentò le guarnigioni e migliorò le fortificazioni delle città in suo possesso, in primo luogo Alessandria, città strategica che si trovava ai confini occidentali del Ducato, inoltre Gian Galeazzo ordinò una cernida straordinaria di uomini a tutte le comunità del suo dominio. Per disporre di militari efficaci, Gian Galeazzo Visconti dovette vendere Serravalle Scrivia a Genova per poco più di 22.000 ducati.

Nel mese di maggio, pur senza conquistare alcuna città viscontea, l’esercito dei fiorentini (guidati da John Hawkwood) e dei loro alleati giunse all’Adda, dove, a Lodi, il condottiero visconteo Jacopo dal Verme aveva radunato un grande esercito. I due schieramenti mantennero la posizione fino al 24 giugno, quando, dopo aver festeggiato con un palio il patrono di Firenze (San Giovanni Battista), John Hawkwood decise di ritirarsi perché le sue forze erano a corto di vettovaglie e, soprattutto, perché il contingente guidato dal conte d’Armagnac non era ancora giunto in suo aiuto.

La ritirata dei fiorentini e dei loro alleati permise a Jacopo dal Verme di spostare il grosso dell’esercito visconteo a occidente, da dove sarebbe giunto l’esercito guidato dal conte d’Armagnac.

A giugno Giovanni III d’Armagnac raggiunse con il suo esercito il saluzzese, poco dopo entrò nel torinese, quindi nell’alessandrino e nel tortonese dove devastò le campagne lasciando liberi i suoi soldati di compiere scorrerie al fine di richiamare l’attenzione di Gian Galeazzo Visconti.

Alle ore 13 del 30 giugno 1391 Giovanni III d’Armagnac pose l’assedio a Castellazzo, circondando completamente il borgo, le cui fortificazioni erano state appena rinforzate ma gli assediati si difesero coraggiosamente. Dopo diversi giorni gli assediati effettuarono una sortita, assaltando all’improvviso i soldati dell’Armagnac che furono costretti a fuggire disordinatamente permettendo ai primi di circondare un ricetto che gli assedianti avevano fatto realizzare poco fuori le mura per riparare i capitani dell’esercito francese dalla calura estiva e dalle piogge. Il ricetto fu dato alle fiamme e vi morirono alcuni fanti nemici e ben 300 cavalli.

Il 25 luglio 1391 l’Armagnac, appresi i movimenti dei milanesi, si diresse alla volta di Alessandria con 1.500 cavalieri, lasciando il resto dell’esercito all’assedio di Castellazzo. Giunto al Ponte della Capalla fece smontare i suoi soldati e procedette a piedi sino ad una palizzata antistante Porta Genovese. Jacopo dal Verme rispose subito attaccando l’Armagnac con 500 soldati scelti. Il combattimento durò diverse ore senza che alcuna delle due parti riuscisse a prendere il sopravvento sull’altra. Decisivo fu (secondo Girolamo Ghilini) l’intervento di 1.500 uomini al comando di Andreino Trotti (†~1412) che, uscendo da Porta Marengo, vennero a dare manforte al Dal Verme e di una compagnia di cavalieri guidata da Tomaso Ghilini che caricò i francesi sul fianco, sfondandone le file e guadagnando il centro dello schieramento avversario.

Tuttavia, secondo tutte le cronache coeve e, soprattutto, come riportato sia nelle tre relazioni della battaglia scritte da Jacopo dal Verme al Gian Galeazzo Visconti, sia nei resoconti che ci hanno lasciato gli ambasciatori di Siena presenti quel giorno, le cose andarono in modo diverso rispetto a quanto scritto da Girolamo Ghilini nel XVII secolo.

Jacopo dal Verme, prima di iniziare lo scontro, inviò un drappello di cavalieri in esplorazione per capire se i 1.500 cavalieri francesi che si trovava davanti fossero l’avanguardia dell’esercito del conte d’Armagnac o se fossero le uniche unità schierate dal comandante francese. Dopo che gli esploratori lo informarono che non erano presenti altre formazioni nemiche alle spalle dei 1.500 cavalieri francesi streti intorno al conte d’Armagnac, Jacopo dal Verme divise le riserve in tre corpi: il primo, al comando di Broglia da Trino e Brandolino da Bagnocavallo mosse da Bergoglio, mentre contemporaneamente, Calcino Tornielli, da porta Marengo, avrebbe colpito i nemici sul fianco e, dentro le mura, sarebbero state radunate altre unità pronte a rincalzare gli uomini del dal Verme schierati fuori porta Genovese.

Dopo tre ore di mischia gli uomini del conte d’Armagnac cominciarono a indietreggiare cercando nervosamente i loro scudieri, che custodivano a una certa distanza dal terreno di combattimento le loro preziose cavalcature. Ma la speranza di poter velocemente riprendere i propri cavalli si rivelò vana: gli uomini del Broglia e di Bardolino, muovendo alle spalle dei cavalieri transalpini, avevano nel frattempo catturato sia i loro scudieri sia i loro cavalli. Non appena i francesi, costantemente incalzati dagli uomini del Verme, si resero conto di quanto successo, ruppero lo schieramento e si diedero a una disperata fuga verso l’accampamento. Le forze viscontee li inseguirono, uccisero numerosi nemici e catturarono il conte d’Armagnac, preso dai familiari di Filippo da Pisa e 500 cavalieri. Probabilmente soddisfatto della vittoria ottenuta, Jacopo dal Verme non spinse i suoi uomini verso l’accampamento nemico, dove ancora si trovavano la maggior parte delle forze dell’Armagnac, e preferì rientrare in città per riorganizzare il suo esercito.

L’Armagnac morì il giorno successivo probabilmente a causa delle ferite riportate in battaglia e fu onorevolmente sepolto nella chiesa di S.Marco. Nella battaglia furono catturati gli ambasciatori fiorentini Rinaldo Gianfigliazzi e Giovanni Rizzi che furono inviati da Jacopo Dal Verme insieme ad alcuni capitani francesi a Gian Galeazzo Visconti. Questi prigionieri ebbero poi l’occasione di riacquistare la libertà mediante il pagamento di un lauto riscatto.

I morti tra le file dell’esercito francese furono seppelliti in una grande cava chiamata “Carniere” e in fosse scavate presso il campo in cui si era svolta la battaglia.

Quando gli assedianti di Castellazzo (circa 6.000 cavalieri francesi) appresero della sconfitta abbandonarono i loro propositi e si ritirarono a Nizza. A questo punto, Jacopo dal Verme uscì da Alessandria all’inseguimento dei cavalieri francesi e all’alba li attaccò tra Nizza Monferrato e Incisa. Non sappiamo quanto fu cruento il combattimento, tuttavia, come riferito dagli ambasciatori di Siena, l’esercito visconteo sconfisse nuovamente i francesi e molti cavalieri del conte d’Armagnac si arresero a Jacopo dal Verme.

Per celebrare la vittoria si indissero tre giorni di festa in tutto lo stato visconteo. Jacopo Dal Verme, poiché aveva ottenuto questa vittoria nel giorno dedicato a San Giacomo (25 luglio), comprò alcune case in Alessandria con il bottino derivante dalla battaglia e le fece abbattere per edificarvi la chiesa di san Giacomo “della Vittoria” ad Alessandria[. La chiesa, molto rimaneggiata, si trova in fondo alla via del centro cittadino denominata “Via San Giacomo della Vittoria”. Tomaso Ghilini ebbe grande riconoscenza da parte di Gian Galeazzo Visconti che gli concesse l’esenzione dalle tasse, molti privilegi e lo nominò governatore di Bergamo. Questi gli fu sempre fedele.

 

.1. (3) Pietro Moretti nonviolence@libero.it .

https://www.peaceandnonviolence.it/wp-content/uploads/2021/09/Descrizione-Archivio.pdf

archivio Pace e Nonviolenza.

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