Unione Europea e Unione Federale

La pace, la fiducia, l’armonico equilibrio economico fra tutti i paesi del mondo, strettamente interconnessi, è il solo obiettivo a cui valga la pena di puntare.
John Maynard Keynes, Esortazioni e profezie, Garzanti, Il Saggiatore, Milano 1968, p. 219.

 

Stimolato dalla lettura di un interessante articolo di Angelo Panebianco[1], torno su un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, allo stesso tempo, mi preoccupa alquanto, dal momento che, sia nel nostro Paese che nell’intera Unione Europea, non riesco a vedere alcuna personalità dotata della necessaria credibilità e autorevolezza in grado di portare a compimento la trasformazione della UE in una Unione Federale. Tale trasformazione dovrebbe rappresentare infatti il momento terminale del progetto di costruzione europea, così come era stata pensata e voluta nel Manifesto di Ventotene da Altiero Spinelli e anche da Jean Monnet, per non citare che due tra i più importanti Padri fondatori dell’Unione Europea. Come cercherò di spiegare, in assenza della sua trasformazione in una Unione Federale, così come è uscita dal Trattato di Maastricht e con la sola “moneta unica”, l’Unione Europea rischia seriamente di implodere.

Prima di entrare nel merito della questione, potrebbe tornare utile, soprattutto ai più giovani, ripercorrere brevemente le tappe più significative del percorso che, con il Trattato di Parigi del 1951‒ che diede vita alla Comunità Economica per il Carbone e l’Acciaio (CECA) ‒ [2], per giungere al Trattato di Maastricht istitutivo dell’Unione Europea (UE), firmato il 7 febbraio 1992 che entrerà in vigore il 1° gennaio dell’anno successivo. Il Trattato di Maastricht impegnava i 12 Paesi firmatari a portare a termine l’Unione economica monetaria (UEM) in tre fasi e a introdurre la “moneta unica” entro il 1999. L’euro entrerà in vigore (come moneta non fisica) nel dicembre del 1991, mentre sotto forma di monete e banconote entrerà in circolazione dieci anni più tardi il 1° gennaio 2002. Con l’entrata in circolazione dell’euro è cessato il valore legale delle singole monete dei dodici Stati nazionali che hanno aderito all’Eurozona. Infine, con l’ingresso della Slovenia (2007), di Cipro e Malta (2008), della Slovacchia (2009), dell’Estonia (2011), della Lettonia (2014), della Lituania (2015) e della Croazia, sono saliti a venti i Paesi che hanno adottato l’euro.

Allo scopo di comprendere a quali rischi va soggetta l’Unione Europea in assenza del passaggio ad una Unione Federale, quanto meno all’interno dei venti paesi dell’Eurozona, vale la pena di sottolineare il fatto che, all’interno delle rispettive aree di competenza l’euro, il dollaro e lo yuan sono, al tempo stesso, unità di conto, mezzo di scambio, fondo di valore e “valute”. Ognuna di queste valute può essere scambiata liberamente sul mercato valutario, ma dal punto di vista economico ciò che conta maggiormente è che, all’interno dei paesi in cui circola una “Moneta unica”, ciò equivale ad un “sistema di cambi fissi”. In questo contesto, e per tornare alla questione europea, si sottovaluta spesso il fatto che gli scambi commerciali, anche all’interno dell’Eurozona, comportano degli squilibri tra gli Stati, con i Paesi creditori che accrescono la loro ricchezza, e quelli debitori che si impoveriscono, squilibri che si scaricano poi sul sistema fiscale dei singoli Paesi.

Come qualcuno ricorderà, nel corso dei lavori della «Conferenza di Bretton Woods», iniziata il 1°luglio 1944, dopo tre settimane di dibattiti, i 730 delegati delle 44 nazioni alleate uscite vincitrici nella Seconda Guerra Mondiale, discussero i progetti presentati dal delegato USA Harry Dexter White e dal delegato inglese John Maynard Keynes.[3]

La sconfitta di Keynes. Alla fine dei lavori, verrà approvato il piano di White che, diversamente da quello del suo antagonista inglese, privilegiava l’interesse degli USA a scapito dell’interesse collettivo. Del piano di Keynes rimasero solo la creazione della «Banca mondiale» e del «Fondo Monetario Internazionale».

La sconfitta di White. Il progetto di White si proponeva di dettare le regole di convertibilità tra le monete basate sul dollaro eretto a perno del sistema internazionale dei cambi. Il tutto in un’ottica di supremazia degli Stati Uniti. Il «tallone d’Achille» del sistema dei cambi uscito dalla Conferenza di Bretton Woods consisteva proprio nel suo ancoraggio ad un’unica moneta (il dollaro) convertibile in oro. Nel corso degli anni ’50 e ’60, la massa di dollari in circolazione in Europa («eurodollari»), unitamente a quella per l’acquisto di prodotti petroliferi («petrodollari») crebbe enormemente. Nel frattempo, gli Stati Uniti, da paese creditore negli scambi internazionali, si sono progressivamente trasformati in un paese debitore costretto, al pari di tutti gli altri paesi, a saldare i suoi debiti in oro. E fu così che il 15 agosto 1971 il Presidente Richard Nixon dichiarò l’«inconvertibilità del dollaro in oro» e il sistema dei cambi fissi di Bretton Woods è collassato. Al suo posto si è instaurato un nuovo sistema dei cambi tra le valute, tuttora in vigore, che fluttuano liberamente sul «mercato valutario» e che, qualora un Paese presentasse un forte disavanzo della sua bilancia dei pagamenti, può ricorrere all’aiuto del Fondo Monetario Internazionale.

Quanto ai rischi che corre l’Unione Europea, tre anni prima che iniziasse la conferenza di Bretton Woods, John Maynard Keynes redasse un Progetto di “Unione Monetaria Internazionale”, nel quale sosteneva che, per funzionare regolarmente, e al fine di evitare il rischio di una implosione, un sistema di cambi fissi necessita di un meccanismo automatico di compensazione degli squilibri commerciali. Pertanto, all’interno dei Paesi dell’Eurozona la ‘Moneta unica’, in quanto sistema dei cambi fissi, necessiterebbe la presenza di un «Fondo di gestione europeo».

In assenza di una Politica economica gestita a livello di Unione Federale, gli effetti sull’economia reale, ai quali occorrerebbe aggiungere quelli derivanti dai fenomeni sovrannazionali della “globalizzazione” e della “finanziarizzazione dell’economia” non controllati, le enormi disuguaglianze nella distribuzione del reddito e della ricchezza possono condurre all’implosione dell’Unione Europea. Sulla base degli eventi storici che l’hanno preceduta e sui dettami dell’Economia internazionale, tali eventi “sono spesso dovuti a variazioni nello sviluppo demografico e ad altre cause economiche fondamentali; ma poiché per il loro carattere graduale queste sfuggono all’attenzione degli osservatori contemporanei, tali eventi sono attribuiti alle follie di statisti o al fanatismo di atei”.[4]

In conclusione, al fine di evitare il rischio di implosione della UE e a prescindere da altri elementi di debolezza dell’Unione Europea ‒ quali ad esempio il meccanismo di voto del Consiglio Europeo le cui decisioni debbono essere adottate all’unanimità, ragion per cui l’opposizione di alcuni Paesi nazionalisti impedisce al Consiglio di assumere importanti decisioni, come nel caso dei temi sull’immigrazione ‒ e, allo stesso tempo, di accrescere il peso e l’autorevolezza della UE nel contesto del mondo capitalistico occidentale, sarebbe necessario un nuovo Trattato Europeo, avente lo scopo trasformare l’Unione Europea in una Unione federale.

Ciò al fine di evitare che si avveri la profezia dell’economista Nicholas Kaldor, il quale, in un articolo pubblicato nel 1971 a commento del Rapporto Werner ‒ che ha gettato le basi della European Monetary Union ‒, metteva in guardia sul rischio che la creazione di una “Moneta unica” senza prima aver realizzato una Unione politica e in assenza di un sistema fiscale federale, “Un sistema di questo tipo creerà rapidamente crescenti ineguaglianze tra i diversi paesi e tenderà a implodere in tempi relativamente brevi”.[5]

Non ci resta che sperare bene, anche se le tensioni sociali che stanno crescendo all’interno dei paesi della UE, anche in vista delle elezioni europee della primavera prossima, contribuiscono a rendere sempre più difficile sia la revisione dei Trattati, che il passaggio all’Unione Federale, inducendoci a temere che possa avverarsi la profezia di Nicholas Kaldor.

Alessandria, 4 novembre 2023

  1. A. Panebianco, Il lungo sogno, Corriere della Sera, 22 ottobre 2023.
  2. Alla CECA hanno aderito sei Paesi: il Belgio, la Francia, la Germania federale, l’Italia, il Lussemburgo e l’Olanda.
  3. La proposta presentata da John Maynard Keynes, nel corso dei lavori della «Conferenza di Bretton Woods», venne elaborata sotto forma di un progetto di “Unione Monetaria Internazionale”, nel settembre del 1941. Noto come il “Piano di Keynes”, si basava sull’idea della cooperazione internazionale tra pari, e prevedeva la creazione di una moneta unica, il “Bancor”, gestita da una «Banca mondiale» allo scopo di contrastare le svalutazioni competitive. Inoltre, il Piano di Keynes prevedeva l’istituzione di un “Fondo Monetario Internazionale”, che fosse in grado di gestire una sorta di “cassa di compensazione” tra i paesi creditori e quelli debitori nell’ambito del commercio internazionale.
  4. J. M. Keynes, Le conseguenze economiche della pace, Adelphi, Milano, p. 27.
  5. N. Kaldor, Gli effetti dinamici del Mercato Comune, pubblicato per la prima volta in “New Statesman”, il 12 marzo 1971, e successivamente ripubblicato nel volume “Destiny or Delusion? Britain and the Common Market”, London 1971.

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