Sull’unità del “centrosinistra” (2009)

Aprile 2009

L’Associazione politico- culturale “Città Futura” (www.cittafutura.al.it) ha recentemente dedicato alcuni dibattiti pubblici e interni ai problemi relativi all’ auspicabile unità del centro-sinistra nell’ imminenza delle elezioni europee e amministrative del 6 e del 7 giugno prossimi. Lo ha fatto ottenendo la partecipazione degli esponenti rappresentativi dell’ intero arco che va dal PD alle formazioni della sinistra che si riferiscono al Partito Socialista Europeo e alla Linke. Qui si presenta una sintesi degli orientamenti e delle speranze che animano l’ Associazione. Essa, del resto, vive degli apporti che vengono da quell’ arco di forze, avendo espresso fin dalle sue origini una forte tensione unitaria e inclusiva, che le hanno consentito, e le consentono, di valorizzare quotidianamente le differenze e le convergenze che via via si manifestano.

Superare definitivamente la lunga e devastante fase della disgregazione, spesso della rissa; produrre obiettivi programmatici che dialoghino e interagiscano, arricchendo le conoscenze e le competenze; deporre le guerricciole astrattamente ideologiche e simboliche; dismettere la logica, storicamente rovinosa, secondo cui il vicino di campo, da cui si dissente, diventa il nemico; perseguire un fecondo rapporto tra la saggezza del pragmatismo e l’ irrinunciabilità degli ideali. Sono proponimenti che dovrebbero divenire prassi condivisa. Non si può continuare ad anteporre gli interessi di corrente o di partito – una miseria di visibilità televisiva e un pugno di voti della dimensione dello zero virgola – al compito di presentarsi all’ opinione pubblica con un volto che recuperi, innanzi tutto, il senso dello Stato, la serietà e la valenza etica della politica; e in coerenza trovi i canali della comunicazione – anziché soltanto nelle dichiarazioni e nelle recite a soggetto dei salotti televisivi – nel radicamento civile e sociale. Che significa strutture organizzative permanenti, centri di elaborazione programmatica di base, utilizzazione massiccia della vasta gamma di strumenti cartacei ed elettronici.

Non si vede, diversamente, come sia possibile attraversare la crisi globale in atto, e uscirne, senza cercare di esserne all’ altezza. Se è vero che la crisi condanna il pensiero unico del capitalismo neo e ultra liberista – che ha sostituito l’ economia colpevolmente virtuale della finanza a quella reale – dolorante già di sé per gli intollerabili soprusi sociali, le madornali differenze di reddito, il dilatarsi della forbice tra ricchezze e povertà vecchie e nuove -, è altrettanto vero che le forze che vi si sono opposte, e vi si oppongono, non possono rispondervi se non attrezzandosi a revisioni profonde dei loro ancoraggi ideali. Si tratta del problema del rapporto tra Stato, Stati e mercato; in altri termini delle nuove regole secondo cui l’ economia non può sfuggire al controllo e alla collaborazione della politica. A maggior ragione se questa è partecipata attraverso strutture democratiche, in grado di sprigionare affezione a un costume di intensa cittadinanza. Questo è il compito ora, qui e adesso. Le connessioni con la prospettiva di future civiltà vanno studiate da subito. Ma sapendo che sono traguardi storici, a cui la politica può offrire l’ attenzione sul presente insieme all’ irrinunciabile appuntamento con l’ utopia, unica condizione per procedere davvero a cambiare il mondo.

Intantro il mondo sta, senza dubbio, cambiando. La presidenza Obama ci sta restituendo un’ immagine amica degli Stati Uniti d’ America: un alleato estremamente controverso nei decenni che abbiamo vissuto, in ultimo negli otto anni di G.W. Bush, e che oggi riguadagna rispetto e fiducia. La propensione, per quanto contrastata, a intervenire sulle condizioni della sanità, dell’ istruzione, di un welfare americano di stampo europeo. La politica estera, intesa a smontare decenni di nequizie e a presentare un volto che cerca innanzi tutto le possibili opzioni del confronto tendenzialmente pacifico. Il rovesciamento delle più retrive  posizioni degli USA per quanto riguarda il destino del pianeta Terra: cambiamenti climatici, disastri ecologici e, per converso, scelte planetarie di salvaguardia, modificando radicalmente le politiche energetiche.

Da noi, in Italia, le cose stanno diversamente, e non permettono per ora di sentirci coinvolti nelle speranze migliori. La convinzione secondo cui l’ uscita dalla crisi debba essere perseguita come l’ occasione di profondi mutamenti e di rigenerazione innovativa, non sfiora neppure lontanamente le forze al potere. Che navigano a vista quando si dovrebbe essere lungimiranti, e intanto accumulano montagne di tentativi eversivi dell’ ordine costituzionale. Conflitto di interessi; immunità a colpi di leggine; controllo dell’ informazione e puntuali conati censori; scuola pubblica, essa sola  penalizzata in nome del risparmio (mentre imperversa l’ evasione fiscale) a fronte di quella privata; laicità dello Stato svenduta per calcoli cinicamente miserabili; uso della presenza femminile, specie nelle liste elettorali, riservando loro il ruolo di pin-up girls; spettacolarizzazione populistica delle presenze ufficiali nelle sventure sismiche; ricorrenti tentativi di compiacere elettoralisticamente le lobbies più diverse, dall’ edilizia spicciola alla caccia deregolata, e così continuando fino alle più odiose pretese in materia di sicurezza e di immigrazione: tipo il ricorso alle ronde anziché al potenziamento delle funzioni statali preposte, oppure all’ incentivazione dei medici-spia. Il tutto sormontato da una permanente insofferenza nei confronti delle normative europee, e da una costante tendenza a ledere la Costituzione della Repubblica nel suo cuore: fingendo di preservarne la prima parte per riformarne la seconda, e cioè colpendo a morte la separazione e l’ autonomia dei poteri, legislativo, esecutivo e giudiziario, attraverso la dilatazione del potere del premier a scapito degli altri. Tentativo già effettuato qualche anno fa, con una riforma della Costituzione bocciata da una felice tornata referendaria.

In occasione di questa tornata elettorale, invece, l’ esortazione a tutte le plausibili forme unitarie – che l’ Associazione “Città Futura” non si stanca di ricercare – tra le differenti realtà della galassia di centro-sinistra, trova alcuni incoraggianti segnali. Per il PD è l’ abbandono dell’ autosufficienza e dell’ isolazionismo, nonché dei vuoti di opposizione che legittimamente Di Pietro colma con la sua Idv.  Per Sinistra e Libertà è la confluenza in un soggetto politico di nobili ascendenze, destinato, si spera, a passare dalla compattezza elettorale a quella di un partito socialista europeo, in grado di combinare il rosso della giustizia e dei diritti sociali con il verde del più serio ambientalismo, e poi di praticare efficaci politiche delle alleanze. Per il polo comunista è la fedeltà a una memoria storica, quando la falce e il martello campeggiavano con il libro sulle bandiere del primo socialismo italiano, e i socialisti trasformavano le plebi in cittadinanza consapevole. E intanto costruivano le loro alleanze con quanto di progressista la società esprimeva.

Perciò “Città Futura” può concludere il suo appello con una qualche fiducia. Che le elezioni europee segnino l’ affermazione di tutte le forze autenticamente europeiste, capaci di lavorare alla costituzione degli Stati Uniti d’ Europa, ora – e non è poca cosa – che il rapporto con gli USA non passa più attraverso la nefasta distinzione tra vecchia (e civilissima),  e acquiescente Europa sottomessa. Del pari, lo stesso impegno dovrà animarci per le elezioni amministrative. La riconferma della Giunta provinciale di centro-sinistra è un obiettivo valido sia per chi vi si identifica, sia per chi mantiene le sue riserve critiche, ma serba comunque coscienza dell’ onesta irriducibilità rispetto alla destra. Anche qui c’ è un pezzo di quest’ Italia contesa, ed è comunque bene conservarlo. Non sarà per alcuni il meglio, ma il peggio è sicuramente peggiore.