1967: 2017: appunti per una storia del Sindacato scuola CGIL di Alessandria

Questo testo è stato pubblicato in forma ridotta sulla rivista “Quaderno di Storia contemporanea”. Lo presento qui nella sua stesura originaria, che mi pare consenta maggiormente la comprensione dei nessi tra la genesi del Sindacato scuola, sia a livello nazionale, sia in ambito locale, e il lungo Sessantotto italiano, la cui parabola è per molti aspetti coincidente con quella della CGIL-scuola] P.N.

Sono trascorsi più di cinquant’anni da quel dicembre del 1967 in cui, in un’Italia profondamente diversa da quella che oggi conosciamo, nacque ad Ariccia il Sindacato nazionale scuola CGIL; e ricostruire oggi, mezzo secolo dopo, quella storia significa guardare a una stagione straordinaria di speranze e di passioni, per esplorare le occasioni e le possibilità che si aprirono allora e le ragioni per le quali non si realizzarono ed anzi andarono completamente perdute; e significa rammentare i protagonisti di quel periodo storico generoso di impegni e di slanci ideali, che appare tanto alieno rispetto al nostro orizzonte odierno.

Come già avevamo scritto1, il sindacato scuola CGIL si costituì dopo lunghi mesi di iniziative e persino di forzature operate quasi esclusivamente da dirigenti del PSIUP, tra la sostanziale indifferenza della Confederazione stessa2 e le molte titubanze e perplessità del PCI e del PSI, partito, quest’ultimo, che soltanto nel 1971 aderì al sindacato nazionale scuola CGIL, dopo il fallimento della riunificazione tra PSI e PSDI, avvenuta tra il 1966 e il 1969 e la fine conseguente delle tentazioni dell’area autonomistica nenniana di confluire con i socialdemocratici in un sindacato unico socialista.

Sorto, dunque, nell’ambito di uno schieramento politico fortemente ideologico e schierato a sinistra, quale era il PSIUP, il sindacato scuola ha percorso nei suoi primi anni un’analoga e parallela parabola, senza implodere, certo, come accadde al gruppo che ne aveva determinato la formazione, ma modificandosi in modo crescente a partire dal 1973, fino ad affievolire progressivamente il suo peculiare carattere antagonistico e antisistemico, a proprio modo rivoluzionario, per approdare, infine, a una normalizzazione tutta interna all’Istituzione scuola. Tale traiettoria è ancor più perspicua nella sua paradigmaticità in una realtà fortemente attiva quale fu quella di Alessandria tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Settanta.

Possiamo, infatti, identificare sostanzialmente tre periodi della storia del sindacato scuola CGIL alessandrino (ma anche nazionale): una prima fase, con una rappresentanza fortemente minoritaria nella scuola, che potremmo definire “politico-ideologica” e che si situa tra il 1965 e il 1972; una seconda fase, che chiameremo “politico-pedagogica”, tra il 1973 e il 1978; e una terza fase, dopo un quinquennio di lenta trasformazione, che conduce a partire dal 1980 e soprattutto dopo il 1987 verso un sindacato più o meno univocamente di servizi e, al contempo, di massa.

A ciascuna di queste fasi corrisponde un diverso gruppo di soggetti protagonisti, militanti per così dire di base dell’attività sindacale, mentre la dirigenza tendeva a essere stabile e in quasi perfetta continuità.

La fase politico-ideologica

Gli anni in cui emersero le istanze di un sindacato CGIL della scuola coincisero con la vicenda politica del PSIUP, il combattivo partito che si originò dalla scissione della sinistra socialista, ostile all’alleanza governativa con la Democrazia Cristiana e al centro-sinistra. Il nodo politico fondamentale riguardava, infatti, la politica delle riforme perseguita da Nenni e destinata, secondo la sinistra, a integrare la classe operaia nel sistema capitalistico. Mentre la conflittualità e l’insoddisfazione sociale – causate da un modello industriale nel quale il profitto era alimentato univocamente dalla compressione dei salari operai – crescevano fino a livelli di grande tensione e l’estrema cautela della D.C. nell’intraprendere riforme strutturali bloccava di fatto il programma stesso del centro-sinistra, nel Psi andava dilatandosi la distanza tra l’ala autonomista e l’ala di sinistra, fino alla frattura che apparve insanabile nel corso del XXXV Congresso del PSI, dell’ottobre 1963. Nel gennaio 1964 si costituì il Partito Socialista di Unità Proletaria, in cui trasmigrarono gran parte dei dirigenti della minoranza socialista, molti dirigenti sindacali della CGIL e molti giovani quadri intellettuali, formatisi grazie alla rifondazione morandiana del partito socialista. Tra di essi, numerosi, come vedremo, furono gli Alessandrini. Non casualmente, con i suoi 1199 iscritti, la Federazione PSIUP di Alessandria divenne da subito la seconda in Piemonte per importanza ed estensione3 e fu una delle più attive del nuovo partito.

Nel frattempo, lo iato crescente tra i mutamenti sociali impetuosi e la persistenza di gerarchie sociali tradizionali e soprattutto la crisi del 1964 – con l’improvvisa decelerazione dello sviluppo e la politica deflazionistica introdotta dal governo per farvi fronte – avevano condotto a contraddizioni e dissensi crescenti e al fallimento del piano di programmazione economica del centro-sinistra; e avevano dimostrato l’inadeguatezza del modello riformista, rivelandone appieno le incapacità trasformative della realtà4. Come rammenta Paul Ginsborg, infatti, i governi di centro-sinistra tra il 1962 e il 1968 riuscirono ad attuare un esiguo numero di riforme, tutte di tipo “minimalista” e meramente correttivo, che mostravano un profondo divario tra ideologia e azione politica soprattutto del Partito Socialista e che, mentre allontanavano gli elementi vagamente progressisti della società italiana che avevano offerto un cauto appoggio alla nuova formula di governo, non riuscivano a intercettare le esigenze di radicali cambiamenti che andavano emergendo nei ceti intellettuali e popolari5.

Su questo sfondo si stagliò in Alessandria l’attività di un gruppo di giovani, in larga misura iscritti al PSIUP, che, insieme ad alcuni intellettuali comunisti, in parte provenienti dall’esperienza resistenziale, diedero vita a numerosissime iniziative culturali. Si trattava di non più di una quindicina di persone, che riuscirono a spingere l’Amministrazione comunale alessandrina di centro-sinistra a costituire la Casa della Cultura e che realizzarono e animarono un attivissimo Circolo culturale, il “De Sanctis”, un “Circolo del cinema”, un Circolo “Mondo nuovo”, legato al PSIUP e il lavoro politico straordinariamente intenso e vasto della federazione cittadina e provinciale di tale partito6. Molti erano docenti di scuola secondaria, schierati su posizioni progressiste e di apertura verso le prime lotte studentesche. Esiguo, invece, il numero di donne, segno di un’epoca di transizione, ancora lontana dalle rivendicazioni femministe del decennio successivo. La maggioranza, inoltre, militava nel PSIUP, o vi faceva riferimento, come si evince dalla composizione delle quattro commissioni di lavoro nominate dal Comitato Direttivo provinciale del PSIUP nel 19677.

Occorre sottolineare come questa giovane, energica e dinamica intelligentija, che animava la vita culturale della città con decine di iniziative ogni anno e che esercitava per molti aspetti una vera e propria egemonia culturale, fosse fortemente interessata all’attualità politica italiana e internazionale, secondo orientamenti terzomondisti e operaistici peculiari della politica del PSIUP, ad argomenti più squisitamente culturali e a questioni di carattere locale, quali la costituzione di una Casa della Cultura e di una Casa della gioventù, l’istituzione di una Università in Alessandria, la costruzione di un nuovo Teatro comunale8. Il dibattito sulla scuola era invece demandato – e anche in tal caso, marginalmente – alla riflessione interna alle Federazioni locali del PSIUP e del PCI.

Fu Giorgio Canestri a comprendere e ad interpretare tra i primi – in ambito sia nazionale, sia locale – l’istanza di riforme strutturali del sistema scolastico, che erano emerse, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, in un’Italia in rapida e profonda trasformazione. Già nell’Ufficio scuola del PSI e membro del Comitato direttivo della Federazione PSI di Alessandria, tra i fondatori dell’A.D.E.S.P.I. (Associazione per la difesa e lo sviluppo della Scuola Pubblica Italiana) e profondamente legato alla tradizione giellista e azionista9, Canestri aveva partecipato alla lunga battaglia per l’innalzamento dell’obbligo scolastico e per l’istituzione della scuola media unica, cui si giunse nel 1962, nell’ambito del primo governo di centro-sinistra guidato da Amintore Fanfani e che fu – insieme alla coeva nazionalizzazione dell’industria elettrica e ai primi timidi interventi di controllo della Borsa – forse l’unica riforma realizzata dalla nuova formula del centro-sinistra, sia pure con le molte lacune che la caratterizzarono e che spesso le furono imputate (mancata riforma dei contenuti dell’insegnamento, mancata riforma complessiva della scuola e, drammaticamente, incapacità di coinvolgimento dei docenti, come mostrò la ricerca sociologica di Barbagli e Dei10 e come sottolineò il fortunato testo Lettera a una professoressa11). Dopo aver aderito al PSIUP nel 1964, Canestri fu segretario della Federazione alessandrina dal 1964 al 1966 e nuovamente dal 1971 allo scioglimento del partito, fece parte del I Consiglio Nazionale del PSIUP12 e poi del Comitato centrale e, nelle elezioni del 1968, fu eletto alla Camera dei Deputati, il solo, insieme a Fausto Amodei, a costituire tra i parlamentari psiuppini – secondo il lucido giudizio di Aldo Agosti – una presenza legata ai fermenti e alle lotte di quegli anni13. Nel corso di quella V Legislatura, che è stata tra le più fervide e feconde di riforme (basti qui rammentare lo Statuto dei Lavoratori, approvato nel 1970) nella storia del nostro Paese, dal 10 luglio 1968 al 4 maggio del 1972 Canestri fece parte dell’VIII Commissione “Istruzione e belle arti” e firmò 22 proposte di legge, tra cui numerose dedicate alla scuola14.

In questi stessi anni, Canestri lavorò alla costituzione di un sindacato unico della scuola aderente alla CGIL. Suo fu il documento del marzo 196615, con cui si diede avvio in questa provincia – come stava accadendo in altre parti d’Italia – alla fase più intensa del lavoro di promozione di un sindacato democratico, che accogliesse tutti i lavoratori della scuola, traghettandoli al di fuori del sindacalismo autonomo e dei sindacati di ispirazione cattolica16.

Certamente nella scelta del PSIUP nazionale di costruire un sindacato della scuola interno alla CGIL non erano estranee motivazioni di strategia politica, che prospettavano la possibilità di assumere maggiore spazio, con un rafforzamento dell’ala foana all’interno della Confederazione, allora saldamente gestita da una maggioranza comunista e da una minoranza socialista. E non casualmente la Confederazione fu inizialmente sfavorevole e successivamente particolarmente cauta dinanzi alle istanze di un sindacato scuola CGIL, così come refrattari apparvero PCI e PSI, presumibilmente timorosi di una deriva estremistica di sinistra del sindacato. Il PSI addirittura non entrò nel nuovo sindacato della scuola fino al 1971.

E tuttavia il testo di Canestri consente di identificare le ragioni ideali e precipuamente politiche sottese alla volontà di adesione alla CGIL. Il punto di avvio della riflessione è costituito da un’analisi puntuale e lucidissima della realtà dell’epoca, sia pure espressa nel linguaggio allora peculiare della sinistra di classe cui il PSIUP e lo stesso Canestri facevano riferimento. Vi si identificano i contraddittori processi di trasformazione allora in atto in Italia e, secondo un modello interpretativo in larga misura derivante dalle teorie marxiste, vi si sottolinea il rapporto tra scolarizzazione di massa e istanze dello sviluppo capitalistico:

appare chiara la volontà degli ultimi governi e della classe dominante di operare il passaggio dalla ottocentesca scuola di élite a una scuola di massa. Ma perché sopravvive il ‘vecchio’ così tenacemente? E quali caratteristiche ha il ‘nuovo’? La risposta viene dal processo più generale attualmente in atto nella società, dal tentativo, cioè, di riorganizzare tutta la società secondo il metro degli interessi di classe dei grandi gruppi capitalistici dominanti. […] Infatti lo sviluppo della scuola è oggi un’esigenza obiettiva del sistema capitalistico. Esso ha bisogno di un vasto mercato del lavoro di elevata qualificazione, capace di corrispondere al rapido rinnovamento tecnologico dei processi produttivi. Ma ha pure bisogno, il sistema capitalistico, di forze di lavoro ‘docili’ e subalterne; che siano in grado di corrispondere a quelle esigenze e che insieme non mettano mai in discussione il sistema, non si facciano mai portatrici di valori alternativi, di modi diversi di organizzazione del lavoro e della società. Per questo […] si punta a uno sviluppo della scuola essenzialmente quantitativo, confermando invece, delle strutture scolastiche, il carattere autoritario e burocratico, e dei contenuti educativi, l’assenza di ogni stimolo a una formazione critica, autonoma, realmente democratica.

Sulla base di tale analisi, Canestri declina due conseguenze interrelate: la cogenza di un intervento non settoriale sulla scuola17 e quindi di una riforma complessiva strutturale, nell’ambito di una generale trasformazione sociale; e la necessità di costruire un sindacato della scuola “non infeudato alla politica governativa”, che sappia “contrapporsi all’arco delle scelte capitalistiche in nome di altre scelte, di altri bisogni, di altri interessi di classe” e che non releghi “i lavoratori della scuola alla retroguardia della partecipazione civile e politica.

I documenti che, nel corso del 1967, la CGIL elaborò in ambito nazionale riprendevano- sebbene in misura molto contenuta e molto edulcorata – tali premesse, ponendo l’istanza di “una radicale riforma della scuola che rifiuti la subordinazione del sistema scolastico ai fini della produzione capitalistica e favorisca invece la formazione di uomini dotati di una coscienza critica della realtà”18 e di “un nuovo tipo di collegamento col movimento sindacale nel suo insieme”, che consenta al sindacato di “collegarsi coi lavoratori di tutte le categorie interessate al problema della scuola”19. Ancor più moderato fu il discorso con cui il Segretario generale della CGIL dell’epoca, Luciano Lama, concluse l’Assemblea di Ariccia, in cui si formò il sindacato scuola: egli affermò che la Confederazione voleva un sindacato che avesse la sua ragione d’essere nella difesa quotidiana degli interessi professionali dei suoi aderenti, ma anche la capacità di collegare le lotte rivendicative con i temi della riforma della scuola e dell’università nel quadro di un rinnovamento generale del Paese20.

Queste due differenti accentuazioni – l’una radicale, l’altra cautamente riformista – rimasero presenti nel sindacato scuola di Alessandria, divaricandosi nel tempo in modo crescente, secondo un paradigma che coincide con la progressiva sconfitta della sinistra italiana, fino al concludersi delle “grandi narrazioni” e all’approdo a concezioni inscrivibili interamente nell’ambito liberal-democratico. Da esse scaturirono due correnti del sindacato, una di area comunista, l’altra legata alla sinistra, in un costante contrasto, che si intrecciò, a partire dalla metà degli anni Settanta e in modo maggiore a partire dal 1987, con la contrapposizione tra comunisti e socialisti.

In questa prima fase della storia del sindacato scuola alessandrino e non solo, il riferimento principale fu Adriano Marchegiani. Dopo la costituzione ufficiale del sindacato, nel dicembre 1967, Marchegiani divenne segretario provinciale, insieme ad Andrea Foco e a un ancor giovanissimo Giuseppe Amadio.

E’ opportuno qui notare che le ragioni della scelta di questa dirigenza furono di due tipi: da un lato, Marchegiani possedeva spiccatissime doti comunicative e umane, era un bravissimo organizzatore, solerte, preciso e attivissimo ed era profondamente interessato alla scuola e alla pedagogia, mentre gli altri fondatori socialproletari del sindacato nutrivano interessi politici e/o intellettuali non del tutto coincidenti con tematiche di tipo più precipuamente scolastico ed erano dunque meno coinvolti e meno interessati alla gestione concreta del sindacato scuola; dall’altro, le vicende politiche interne della Federazione alessandrina del PSIUP avevano condotto in occasione del II Congresso del partito a una frattura tra la Segreteria Verna-Canestri e un gruppo di dirigenti che sosteneva la candidatura di Angelo Rossa. Tra i principali promotori del cambio di Segreteria vi erano Adriano Marchegiani e Andrea Foco, oltre a Franco Livorsi21 e non è del tutto improbabile che la vittoria della loro corrente e l’elezione di una Segreteria Rossa-Livorsi abbia contribuito, com’era d’uso a quei tempi, alla loro identificazione quali segretari del sindacato scuola, quand’esso fu ufficialmente costituito.

La stampa locale coeva reca pochissime notizie del nuovo sindacato scuola della CGIL (mentre ampi spazi erano riservati alle iniziative della CISL) e l’archivio di quei primi anni è andato perduto. Restano alcune tracce di un corso per la preparazione al Concorso Magistrale del 1970 e resta la memoria di una notevole esiguità di iscritti, molti dei quali legati per militanza soprattutto al PCI e al PSIUP e per circa due terzi insegnanti di scuola media o media superiore22, tutti di Lettere o di Scienze umane e storia, tranne due docenti di Disegno e Storia dell’arte. Soltanto a partire dal 1971 si avvicinarono al sindacato alcuni docenti di Matematica delle medie inferiori e uno delle medie superiori, mentre restava invariato il numero dei maestri elementari, in questo periodo ancora fortemente legati ai sindacati cattolici. Il personale ausiliario e di segreteria, invece, in questi primi anni rimase quasi totalmente assente.

La fase politico-pedagogica

La fine del PSIUP al Congresso di Bologna del marzo 1972 vide anche la Federazione di Alessandria spaccata in tre fazioni, seppure in controtendenza rispetto alle altre federazioni, tranne quella di Biella: il 60,6% (tra cui Canestri e Ferrero) si pronunciò a favore della continuità del partito, il 19,1% (tra cui Livorsi e i tre segretari del sindacato scuola) scelse la confluenza nel PCI e il 15,4% ritornò nel PSI23.

Ma a partire dal 1973 molte cose mutarono nel sindacato. Anzitutto, vi fu una crescita notevolissima di iscritti24: con il concorso Magistrale approdò nella scuola elementare una leva di giovani maestri, meno legata alle associazioni cattoliche, laica e genericamente progressista; e, contestualmente, diventarono insegnanti in tutti gli ordini di scuola molti ex-sessantottini, che aderirono al Sindacato scuola CGIL.

Furono questi, per il sindacato di Alessandria, anni di grande attività e di costante espansione, nei quali l’orizzonte ideologico andò progressivamente coniugandosi con riflessioni più specificamente pedagogiche e didattiche, sotto l’influsso di Don Milani, di esperienze di pedagogia democratica diffuse in alcune parti del territorio nazionale già a partire dagli anni Sessanta e delle mobilitazioni per la riforma della scuola che sfociarono nella Legge Brocca.

Soprattutto grazie alla capacità di coinvolgimento di Adriano Marchegiani e alle doti di simpatia e creatività di Giuseppe Amadio, il sindacato scuola alessandrino intercettò e divenne il fulcro di una serie esperienze politiche, di iniziative associative e di associazioni “di base”, come allora si definivano, che ruotavano intorno alla scuola, soprattutto dell’obbligo e alle quali spesso prestò la sede e fornì gli strumenti tecnici: il gruppo cittadino del Movimento di Cooperazione educativa, sorto nel 1974, i comitati degli insegnanti delle scuole elementari a tempo pieno e, dopo i Decreti Delegati del 1974, l’Associazione Genitori Democratici e i gruppi di militanti e quadri delle altre categorie sindacali e del PCI che intendevano partecipare alla gestione democratica della scuola.

Fu una stagione di grande passione e impegno, di ampia e crescente partecipazione e di molteplici e ricorrenti iniziative, nella quale il sindacato assunse spesso una dimensione corale, con la costituzione di gruppi e l’adozione di metodi che erano stati sperimentati dai collettivi studenteschi del 1967-1969. Fu anche e ancora una stagione di forte dimensione politica, non tanto della Segreteria, schierata sulle posizioni ponderate del PCI, quanto dei militanti di base, di cui emergeva quel forte, incisivo carattere ideologico – peculiare delle lotte studentesche degli anni Sessanta e ripreso dai giovani docenti del decennio successivo – che, lucidamente, Vittorio Foa stigmatizza, allorché afferma che tali lotte “contenevano già dentro di sé i fattori di una drammatica sconfitta”, generata dalla precoce liquidazione dell’ondata creativa e libertaria e dalla sussunzione, in termini esasperati e irrealistici, della tradizione ideologica del movimento operaio25.

Ne sono ancora testimonianza alcuni articoli che, alla fine degli anni Settanta, furono pubblicati nella rivista “Quaderno di scuola” (frutto della grande creatività e originalità di Giuseppe Amadio), nei quali ricomparivano giustappunto il richiamo decisamente ambizioso – e ormai in larga misura retorico – all’insegnamento come contributo alla costruzione di una “società nuova” e la rivendicazione dell’appartenenza al Movimento Operaio, quale orizzonte e fondamento della riforma della scuola, una rivendicazione che si limitava tuttavia, nei fatti, all’individuazione di proposte didattiche e di raggiustamenti organizzativi, più che alla richiesta di autentiche riforme strutturali.

Il riferimento di fondo era quello antiautoritario e anticapitalistico, che si declinava, però, unicamenete nell’istanza di un rapporto paritetico tra docenti e allievi, nel rifiuto di gerarchie valutative (residuo ultimo della lotta per il “sei politico”), nell’ampliamento del tempo scuola, cui si attribuiva la possibilità di consentire ai figli degli operai le stesse opportunità cognitive e culturali dei figli dei “padroni”, in un egualitarismo talora esasperato e nel rigetto delle forme tradizionali, concepite come elementi di sopraffazione e di omologazione. Particolarmente emblematica fu la battaglia contro i libri di testo, cui molti iscritti del sindacato scuola parteciparono in questo periodo, una battaglia in cui, da un lato, ricompariva la nozione peculiarmente sessantottina del rifiuto della cultura “dominante” dei manuali scolastici, assunta come classista e ideologica nel senso marxiano del termine; e, dall’altro, affioravano i prodromi di un progressivo disgregarsi dei canoni e di quella pretesa di relativismo concettuale e di orizzontalità delle gerarchie cognitive, che paiono caratterizzare vasta parte della società e della politica odierne. Si riteneva necessaria una “pratica diversa”, “antagonistica” dell’insegnare, in una scuola “dove s’impari non solo a comprendere la cultura data, ma anche a produrne di nuova ed autonoma”26 e nella quale la pratica di gruppo sia il cardine fondante dell’attività sia degli allievi, sia degli insegnanti.

La pratica della lezione frontale, seguita dal lavoro di gruppo e quella del seminario fu estesa anche all’aggiornamento dei docenti, che il sindacato scuola alessandrino promosse e organizzò nel 197827. A lungo gruppi di insegnanti si ritrovarono settimanalmente, per scambiare esperienze, leggere collegialmente libri, progettare interventi didattici.

Tali modalità furono peculiari anche dei gruppi femministi che, dopo la metà degli anni Settanta, come rammenta Graziella Gaballo28, erano presenti ad Alessandria, Valenza Po, Novi Ligure e Tortona e che avevano al loro interno non poche insegnanti. L’unico gruppo, tuttavia, che agì nell’ambito del sindacato scuola fu quello sorto a Casale M.to29, che lasciò testimonianza della propria attività in articoli dedicati all’educazione di genere e ai libri di testo, senza citare le esperienze forse più significative che aveva in quegli stessi anni organizzato, secondo una impostazione peculiare del neo-femminismo italiano, che, come scrive Fiamma Lussana, “ha scelto l’assenza, l’anonimato, la memoria dei piccoli eventi della vita quotidiana. Ovvero una storia che non si preoccupa di lasciare il segno.”30. Nel 1979 il Collettivo organizzò un corso monografico “150 ore”, intitolato “Donna e salute”31; e si mobilitò nella CGIL-Scuola regionale, mirando, com’era peculiare del femminismo, a una presenza molecolare e organizzando, a tal fine, una rete di incontri nel territorio piemontese.

In quegli stessi anni, il sindacato territoriale si impegnò, come tutta la struttura della CGIL, nell’organizzazione dei corsi delle “150 ore”, che costituirono l’esito forse più interessante e virtuoso del ’68 e del “sindacato di movimento”, un primo effettivo, concreto passo verso l’elaborazione di una cultura altra e che emblematicamente coinvolsero in provincia importanti dirigenti sindacali e politici, come Giuseppe Amadio e Giorgio Canestri.

E tuttavia l’orizzonte ideologico aveva iniziato, già dalla metà degli anni Settanta, sia pur lentamente, a scolorire, a causa delle trasformazioni politiche e sociali in atto nel Paese e nel mondo della scuola e, in ambito locale, anche per la notevole capacità di attrazione della segreteria del sindacato scuola e del PCI, con un progressivo avvicinamento di molti degli iscritti, prima aderenti ai gruppi extraparlamentari.

Il lungo Sessantotto andava spegnendosi (il sindacato alessandrino non fu quasi toccato dal movimento e dalle proteste del 1977), l’attivismo politico e la passione ideologica andavano ripiegandosi nel privato e il crescente intervento dell’Amministrazione scolastica nell’organizzazione del tempo scuola e nella formazione dei docenti andava riducendo progressivamente gli spazi di elaborazione originale dei gruppi che per quasi un decennio avevano sviluppato riflessioni e materiali nell’ambito della CGIL scuola.

Non casualmente, con la consueta lucidità, Giuseppe Amadio coglieva nel 1978 la condizione di riflusso della scuola, un “vivo malcontento e notevole disorientamento” tra gli insegnanti, “una fase di riflusso e di ripiegamento” degli studenti e una “caduta d’entusiasmo e delusione” tra i componenti esterni degli organi collegiali; e proponeva la nuova rivista “Quaderno di scuola”, quale “luogo d’incontro fra differenti e talvolta lontane realtà scolastiche; il punto al quale le informazioni giungono da ciascuna direzione per essere subito rinviate in tutte le direzioni; uno strumento e una sede propri per sviluppare il confronto fra le diverse esperienze e il dibattito sui temi di approfondimento che esse richiedono”32. Fu un ultimo, generoso tentativo di ricostruire ciò che in realtà andava rapidamente sfaldandosi.

Dismessi l’operaismo di alcune componenti e l’ideologia antisistemica degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta del Novecento, il sindacato scuola si avviava verso un congedo dalle finalità politiche e una enfatizzazione dell’interesse circoscritto ai metodi didattici da un lato e della gestione tecnico-burocratica dall’altro, nel dispiegamento della vocazione antistatuale – storicamente peculiare del socialismo italiano – nelle forme solo apparentemente antagonistiche dell’assunzione di un ruolo vicariale a fronte delle lacune progettuali e amministrative del governo.

Così, mentre le commissioni sindacali di elaborazione pedagogico-didattica, i gruppi dell’MCE che al sindacato facevano riferimento e i gruppi sindacali delle scuole a tempo pieno e a tempo prolungato si dividevano tra i fautori di una pedagogia della liberazione e del decondizionamento e i sostenitori di contenuti di tipo strutturalistico nell’insegnamento linguistico e matematico (e la prevalenza dei primi sui secondi comportò nel tempo la preminenza del metodo sui contenuti e la formazione di una scuola di massa che più estendeva l’utenza, meno era in grado di garantire un apprendimento di qualità), la Segreteria del sindacato e i militanti che svolgevano attività di volontariato al suo interno ridussero l’attività politica quasi univocamente alla convocazione di assemblee dei docenti e alla preparazione di materiale a stampa in occasione delle lotte contrattuali e furono sempre più travolti dalla gestione quotidiana delle pratiche burocratiche dei docenti.

La fase del sindacato di servizi

Avvenne, dunque, a partire dal 1979 una svolta radicale: dopo la fuoriuscita di numerosi iscritti, in conflitto con la politica della struttura nazionale, giudicata da alcuni – una minoranza – troppo interna al sistema e da altri troppo indifferente alle questioni salariali, il sindacato cominciò a configurarsi in modo crescente come efficientissimo sindacato di servizi, capace di sostenere le richieste di un numero sempre più elevato di insegnanti, in cerca di chiarimenti circa norme scolastiche e diritti contrattuali e di assistenza nella compilazione dei moduli burocratici, invero sempre più complessi, richiesti dall’Amministrazione. Notevole a tale riguardo il fatto che fino al 1985-‘86 le lettere inviate agli iscritti recavano costantemente l’intestazione “Caro compagno” e terminavano quasi sempre con la dicitura “Fraterni saluti”, come d’uso nella sinistra, mentre a partire dal 1986-‘87 l’intestazione muta in taluni casi in “Caro collega” e il testo si conclude con più formali “Cordiali saluti”, o addirittura “Distinti saluti”33, segno minuscolo, ma perspicuo del mutamento in atto.

Dopo la metà degli anni Ottanta, una parte della sinistra aderì al nuovo sindacato COBAS, fortemente antagonistico e conflittuale, caratterizzato da un agire deciso e alieno da compromessi o mediazioni34, che in provincia pose soprattutto rivendicazioni di carattere corporativo e di tutela legale dei casi più esasperati di conflitto con i capi d’istituto. Meno significativo e meno consistente fu, invece, l’esodo di iscritti verso la Gilda.

La Segreteria provinciale del sindacato era rimasta lungamente stabile: già nel corso della prima fase, dopo un primissimo breve periodo in cui comparve sulla stampa locale il nome di Giammario Bottino, Adriano Marchegiani era divenuto segretario provinciale e tale era rimasto, sia pure con la rotazione degli altri membri di segreteria35, fino quasi alla fine degli anni Ottanta.

Tale continuità venne presto a intrecciarsi con le istanze della componente socialista del sindacato scuola. Sebbene, infatti, nel 1964 si fossero stabiliti i criteri di autonomia della CGIL dai partiti politici e l’incompatibilità tra cariche partitiche e cariche sindacali, nella Confederazione, a tutti i livelli, era stata mantenuta la prassi dell’alternanza di dirigenti di area comunista e dirigenti di area socialista36. Per questa ragione, a partire dalla metà degli anni Settanta, i socialisti cominciarono a richiedere l’inserimento di un loro rappresentante anche nella Segreteria del sindacato scuola. Alla fine del 1979 si raggiunse un accordo: il socialista Luigi Amisano si iscrisse nel gennaio del 1980 al sindacato scuola CGIL ed entrò a far parte della Segreteria, con un semi-distacco sindacale, che prefigurava il suo successivo passaggio alla carica di segretario responsabile. Nel 1986 Amisano era ancora presente in Segreteria, ma non richiedeva la nomina a Segretario comprensoriale37. La questione dell’alternanza tra area comunista e area socialista si riacutizzò nel 1985, allorché anche la Segreteria camerale e la Segreteria della CGIL scuola regionale si occuparono della distribuzione dei ruoli nel sindacato scuola. In una riunione di componente, a Marchegiani fu proposto il ruolo di Segretario regionale piemontese, in attesa di garanzie rispetto alle deliberazione del Congresso regionale; e fu indicata come sostituta alla carica di Segretaria comprensoriale Donata Amelotti. Tale proposta fu poi accantontonata, sia perché impegni familiari rendevano difficoltosa la pendolarità di Marchegiani tra Alessandria e Torino, sia perché Amelotti preferiva non accollarsi un distacco totale e il lavoro complesso di segretaria responsabile. Marchegiani, dunque, risolse la situazione, prospettando un suo impegno “oltre che per il Sindacato scuola nel […] Comprensorio [di Alessandria] e in quello di Casale e per l’attività politica nell’ambito degli organismi della Camera del Lavoro di Alessandria, anche a livello di Segreteria regionale del Sindacato scuola”38.

Dopo le elezioni politiche del 1987, che videro una flessione del PCI e una crescita del PSI craxiano, i socialisti posero con forza la questione degli assetti della CGIL piemontese; chiesero la direzione della Camera del Lavoro di Torino; e in Alessandria ripresentarono le istanze di una più ampia presenza della loro componente – e implicitamente di una rotazione – nella dirigenza del sindacato scuola comprensoriale.

Il 28 giugno 198739 il Direttivo del sindacato scuola di Alessandria si riunì, con la presidenza del Segretario camerale aggiunto Cesare Ponzano, della componente socialista; e il Segretario responsabile Marchegiani avanzò la proposta, concordata con il livello regionale del sindacato scuola e con la Segreteria della Camera del lavoro di Alessandria, di estendere la segreteria di categoria da cinque40 a sette membri, inglobandovi due componenti di area socialista, impegnati nella Formazione Professionale. La cronaca dei fatti, riportata da “Il Novese”41, narra di una lunga discussione, durata quasi cinque ore, in un estenuante pomeriggio afoso di inizio estate, con un dibattito “acceso”, che mostrò il dissenso della maggioranza dei componenti del Direttivo e si concluse senza una votazione formale, con il ritiro della candidatura dei due socialisti e la tentazione da parte dei socialisti del Direttivo e della Segreteria comprensoriale di presentarsi dimissionari dalle cariche del sindacato scuola. Il 2 luglio, in una lettera alle Segreterie provinciale, regionale e nazionale del Sindacato scuola, della CdL di Alessandria, delle strutture regionale e nazionale della Confederazione, il segretario provinciale della CGIL, Massimo Pozzi, il segretario aggiunto camerale, Cesare Ponzano e Paola Giordano Bruno – componente di area socialista del Direttivo e della Segreteria comprensoriali del Sindacato scuola – lamentarono sostanzialmente il fatto che i due funzionari a tempo pieno della categoria appartenessero alla stessa area (che era quella comunista), che dinanzi al dibattito i componenti della Segreteria non si fossero pronunciati, o avessero manifestato l’intenzione di astenersi e che la Segreteria non avesse preso le distanze da “atteggiamenti antiunitari e di settarismo” a loro giudizio da tempo presenti nelle riunioni del Direttivo della scuola. A partire dal 4 luglio la spaccatura divenne di dominio pubblico e la lettera con cui i socialisti presentavano clamorosamente le dimissioni dal Direttivo e dalla Segreteria scuola del Comprensorio di Alessandria fu ripresa dalla stampa locale.

Il 6 luglio, i membri della componente comunista della Segreteria inviarono una lettera di risposta a tutti i livelli dell’Organizzazione interpellati dai socialisti. In essa, oltre a dirsi “stupefatti” per le dimissioni e per “le argomentazioni e i giudizi gratuiti” espressi dalla componente socialista, rammentavano che la maggioranza dei membri del Direttivo della scuola era formata da non iscritti ai partiti ai politici, “sempre più insofferenti” rispetto alle logiche di equilibrio negli assetti del sindacato, richiamavano il fatto che gli scontri anche “aspri” nell’ambito del Direttivo erano sempre stati imperniati sulle posizioni e non sulle persone, osservavano che compito della Segreteria era quello di operare sintesi tra le differenti interpretazioni e non quello di infliggere “bacchettate” e invitavano i socialisti a rientrare nelle strutture del sindacato scuola.

Il 21 settembre 1987, con un richiamo all’unità, un comunicato ufficiale delle segreterie del sindacato scuola di Alessandria, della CdL e della segreteria regionale CGIL affermava, da un lato, che si sarebbe rimandato al Congresso il compito di “realizzare pienamente il pluralismo politico e culturale” del sindacato scuola; e, dall’altro, sottolineava che, seppure nel riconoscimento della necessità che tutte le componenti “ideali” fossero rappresentate, “la sola appartenenza a una componente non costituisce automaticamente titolo per essere dirigenti”42.

In realtà, a partire dal 1988, non soltanto tra comunisti e socialisti, ma anche all’interno della componente comunista della CdL di Alessandria, si manifestarono tensioni legate alla trasformazione del PCI in PDS. Ne restano tracce in alcune note stilate da Adriano Marchegiani e da Donata Amelotti. Nel 1989 Adriano Marchegiani divenne Segretario regionale del sindacato scuola piemontese e Donata Amelotti ebbe l’incarico di Segretario responsabile di Alessandria, che tenne fino al 2011. In seguito si avvicendarono nella dirigenza del sindacato alessandrino altri due appartenenti all’area un tempo di ispirazione comunista.

Nel frattempo il mondo era cambiato e gli stessi partiti politici tradizionali della sinistra erano scomparsi. Con la sua carica umana e la sua grande sensibilità, ancora nel 1995, riflettendo sulla piattaforma contrattuale coeva, in una lettera di cui non so ricostruire la destinataria, Adriano Marchegiani scriveva: “Chissà, Maria, se si può (se vale la pena) fermarsi un po’ a riflettere su come eravamo, come siamo, cosa abbiamo realizzato… Occorre tempo, bisognerebbe non essere sempre soffocati dall’urgenza, dal contingente”43.

Adriano Marchegiani è mancato nel 2001. Tra la desolazione dell’oggi, forse, nel volgersi verso quello straordinario passato di impegni e di lotte, direbbe anch’egli, come un protagonista del film “C’eravamo tanto amati”, l’amara frase “Volevamo cambiare il mondo. E il mondo ha cambiato noi.”

1 Rimando qui al testo pubblicato su “Quaderno di storia contemporanea”, anno XXXIII, n. 48, 2010, pagg. 107-134

2 Significativo in proposito è il fatto che l’organo del sindacato, “Rassegna sindacale”, releghi la notizia in poche righe dal tono neutro e istituzionale, nella rubrica emblematicamente intitolata “Telegrafiche”: “Si è volta il 16 e 17 ad Ariccia […] l’assemblea nazionale costituente del sindacato scuola CGIL. Vi hanno partecipato delegazioni di insegnanti elementari, medi e universitari, di dipendenti della scuola non insegnanti, inviati dalle assemblee provinciali che, nel corso degli ultimi mesi, si sono svolte in tutta Italia. I lavori dell’assemblea sono stati conclusi da un discorso del segretario confederale Luciano Lama”, in “Rassegna sindacale”, s.i.a., n. 126, 24 /12/ 1967, pag. 8

3 Dato ripreso da Agosti, Aldo, Il partito provvisorio. Storia del Psiup nel lungo Sessantotto italiano, Laterza, Roma-Bari, 2013, pag. 59

4 Si veda in proposito Crainz, Guido, Il Paese mancato. Dal miracolo economico agli anni ottanta, Donzelli, Roma, 2005, pag. 29-30

5 Ginsborg, Paul, Storia d’Italia dal dopoguerra a oggi, Torino, Einaudi, 2006, pagg. 380-381

6 Alessandria, Archivio Isral, Fondo Circolo De Sanctis, fascicoli 1 e 2.

7 Cfr. “filorosso”, bollettino periodico della Federazione provinciale di Alessandria del Partito Socialista italiano di Unità Proletaria, n° 25, 30 giugno 1966, pag. 3.

8 Ivi, fascicolo 1

9 Cesare Panizza (a cura di), “Vi si indirizzavano opposte speranze”. Intervista sul PSIUP a Fausto Amodei e Giorgio Canestri, in “Quaderno di storia contemporanea”, anno XXXVII, n. 55, 2014, pag. 120

10 Barbagli, Marzio; Dei, Marcello, Le vestali della classe media, Bologna, Il Mulino, 1969

11 Il libro fu pubblicato nel 1967. Qui è stata usata la più recente edizione: Milani, Lorenzo, Lettera a una professoressa, Milano, Mondadori, 2017

12 Miniati, Silvano, 1964-1972. Vita e morte di un partito, Roma, Edimez, 1981, pag. 144

13 Agosti, Aldo, cit. pag. 159

14 Si veda il Portale storico della Camera dei deputati alla pagina http://storia.camera.it/deputato/giorgio-canestri-19341108/componentiorgani#nav

15 Il documento, firmato “Comitato di iniziativa sindacale per la provincia di Alessandria”, fu pubblicato su “Il Piccolo”, 8 febbraio 1967, pag. 8, ma scritto nel marzo 1966, come si evince da un articolo del dicembre 1966 di Adriano Marchegiani, pubblicato sul bollettino della Federazione PSIUP di Alessandria, “Filorosso” e dai ricordi dello stesso Canestri.

16 Rimando qui al testo già citato, in cui analizzavo la svolta del 1966, a partire dalla Mozione 4 del Sindacato Nazionale Scuola Media.

17 “ogni iniziativa per uno sviluppo democratico della scuola non ha più nessun senso, ammesso che l’abbia avuto, se resta su un piano settoriale e non si collega invece ad una azione volta a modificare l’intera società”, in “Comitato di iniziativa…” cit.

18 Verso il sindacato scuola CGIL, risoluzione del Convegno del 3-4 giugno 1967, a Roma, dei settori provinciali scuola aderenti alla Federstatali-CGIL, in Canestri, Giorgio; Ricuperati, Giuseppe, La scuola in Italia dalla Legge Casati a oggi, Torino, Loescher, 1985, pag. 332

19 Per il sindacato scuola CGIL, documento preparatorio dell’assemblea costituente del Sindacato scuola CGIL, datato 22 novembre 1967, in Canestri, Ricuperati, cit., pag. 333

20 Stralci del discorso sono riportati in un articolo non firmato, pubblicato su “L’Unità” del 18 dicembre 1967, a pag. 2

21 L’episodio è narrato da Franco Livorsi, che lo ricostruisce con dovizia di particolari in rapporto allo scontro tra le correnti del PSIUP alessandrino e del PSIUP piemontese, scontro citato anche da Agosti. Si veda Livorsi, Franco, Dialogo sull’Italia repubblicana e sul PSIUP (II) – Il PSIUP in Piemonte: Alessandria e Torino, in “Città futura”, http://www.cittafutura.al.it/web/_pages/detail.aspx?GID=36&DOCID=16718, 19/9/2014, pagg. 3-4

22 Chi scrive rammenta le descrizioni di quei primi anni ricavate da conversazioni con Adriano Marchegiani. L’archivio delle tessere degli anni tra il 1967 e il 1969 è andato purtroppo perduto, mentre per gli anni successivi, a partire dal 1970, restano le schede manoscritte di Marchegiani, peraltro incomplete.

23 Agosti, cit., pag. 272

24I dati delle iscrizioni presentati al II Congresso della CGIL scuola, che si tenne ad Ariccia tra il 23 e 26 maggio 1974, mostrano l’avvenuta espansione delle adesioni a livello nazionale dalle 18.000 iniziali a 85.000

25 Foa, Vittorio, Il cavallo e la torre. Riflessioni su una vita, Torino, Einaudi, 1991, pag. 291

26 Ratti Marchegiani A., Ricci Oldano T., Nosengo P., “Libri di testo: il superamento del libro di testo unico come conseguenza che prende vita e sostanza da un processo innovativo in atto. Gli spazi offerti dalla legge 517”, in “Quaderno di scuola”, 1, n. 2, marzo-aprile 1978, pag. 25

27 ibidem

28 Gaballo, Graziella, “Il movimento femminista alessandrino negli anni Settanta: storia e riflessioni”, in Quaderno di storia contemporanea, 27, n. 40, (2006), pagg. 60-86

29 Ne restano gli articoli che furono pubblicati sulla rivista “Quaderno di scuola”, per circa un anno e mezzo, a partire dal n. 2, del marzo-aprile 1978.

30 Lussano, Fiamma, Il movimento femminista in Italia. Esperienze, storie, memorie, Roma, Carocci, 2012, pag. 12

31 Aa.Vv., Donna: la fatica di star bene. Riflessioni di donne sulla salute, Alessandria, Edizioni Lotte Unitarie, 1981

32 Amadio, Giuseppe, Per operare nella scuola conoscendone la realtà, in “Quaderno di scuola”, anno 1, n. 1, gennaio –febbraio 1978, pag. 1

33 La corrispondenza, insieme a altri documenti citati qui, è parte dell’archivio del Sns-CGIL di Alessandria che sarà affidato all’Isral.

34 Si veda in proposito Vallauri, Carlo, Storia dei sindacati nella società italiana, Roma, Ediesse, 20082, pagg. 164-165

35 In seguito alla scelta di Andrea Foco di dedicarsi all’attività politica e alla sua nomina a Responsabile della Commissione scuola della Federazione provinciale del PCI, Marchegiani fu affiancato da Donata Amelotti, che dopo il 1987 lo sostituì nella carica di Segretaria territoriale fino al 2011.

36 E’ interessante osservare che tale prassi si mantenne anche dopo la catastrofe socialista del periodo di Mani pulite e persino dopo lo scioglimento del PCI e la sua trasformazione in PDS e poi DS.

37 Il fatto è citato in una lettera datata 4 gennaio 1086, scritta da Adriano Marchegiani ai presenti alla riunione di componente comunista tenutasi a Torino il 2 gennaio 1986 e ai componenti comunisti della Segreteria della CdL Alessandria

38 ivi

39 Tale data compare in un documento della componente socialista di Alessandria, datato 2 luglio 1987, mentre il giornale “Il Novese”, in un articolo del 16 luglio cita il 29 giugno e un documento del settembre successivo della componente comunista del sindacato scuola menziona il 26 giugno

40 Come rammenta il documento di risposta della componente comunista della Segreteria, si trattava di tre comunisti (che sappiamo essere, in base alle firme apposte in calce al documento, Adriano Marchegiani, Donata Amelotti ed Ermanno Ricci), un socialista (al posto di Luigi Amisano, ormai pensionato, era stata eletta Paola Giordano Bruno) e un indipendente (Paolo Modena, che rappresentava l’ala sinistra del sindacato). Cfr. Lettera su carta intestata del Sindacato provinciale della scuola, in data 6 luglio 1987, firmata Marchegiani, Amelotti e Ricci.

41 Rossi, Luisella, Spaccatura nella CGIL scuola, in “Il Novese”, 16 luglio 1987

42 Le lettere e i documenti di cui si fa menzione fanno parte del costituendo archivio del sindacato scuola CGIL di Alessandria e sono al momento affidati a chi scrive.

43 Lettera manoscritta, datata 11/4/1995

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