“Alla ricerca di Beatrice. Dante e Jung.” Di Adriana Mazzarella – Edra Editore

“Bertornata Beatrice”        

Senza dubbio esiste il dio dei libri da ristampare, che ogni tanto, stanco dei molti libruncoli senza sangue, instilla in qualche buon editore il desiderio di ristampare libri che di corpo e sangue e anima e spirito ce ne hanno ancora in abbondanza.

Ed eccomi qua, con questo ago infilato nella vena, pronta alla sua energetica trasfusione.

Si tratta della nuova edizione del bel tomo di Adriana Mazzarella, nata a Napoli nel 1925 e morta a Milano nel febbraio del 2015, città dove ha studiato e lavorato. Medico pediatra e psicoterapeuta junghiana nella sua ricerca si è appassionata della poesia di Dante ed ha condotto un profondo e innovativo lavoro di analisi simbolica della Divina Commedia, testo che ha suscitato grande interesse tra gli studiosi in Italia e all’estero.

E che, secondo me, dovrebbe destare altrettanto grande interesse in chi ha voglia di risvegliarsi dal contemporaneo sonno mortifero e mortificante che fece scrivere ad Epicuro: “i desti hanno un mondo in comune. Tra i dormienti ognuno ha il suo proprio”.

Il libro della Mazzarella ci aiuta a comprendere nelle profondità simboliche de La Commedia dantesca, il viaggio che ogni essere umano dovrebbe compiere dentro sé stesso, così da mettere poi fuori un’azione etica secondo Natura: innocente.  

Il viaggio è un’invariante umana, in ogni cultura e tradizione l’uomo ha da compiere questo necessario iter per trasformare sé stesso, e il viaggio di Dante, illustrato dalla Mazzarella, è un viaggio alla scoperta della complessità non soltanto della propria vita psichica personale, ma anche della complessità della psiche archetipica, universale, transpersonale.

Viaggio intrapreso da Enea, da Ulisse, da Gesù, viaggio che ha necessità di scendere agli inferi per poter risalire a rivedere le stelle.

“ L’uomo che ricerca – scrive la Mazzarella – dovrà prima discendere, passare dal basso per conoscere, valutare, confrontarsi e distaccarsi da quei meccanismi oscuri che scoprirà essere “ divini” ( le imprente dei cieli ).

Sono infatti gli istinti apparentemente ciechi della sfera vitale che mettono in moto l’energia psichica, ma che rischiano nel contempo di imprigionare l’uomo e renderlo determinato dalle cose. La funzione della ragione è quella di far emergere la coscienza del buio dove tutto è indifferenziato, per costruire un mondo di valori. Quindi l’uomo diventa creatore di un nuovo mondo e in questo senso è simile a Dio.

E’ la seconda cosmogonia di cui parla Jung:

“L’uomo è indispensabile al compimento della creazione; anzi egli è addirittura il secondo creatore del mondo, colui che solo ha dato al mondo un’esistenza obiettiva, senza la quale esso, non sentito, non visto, silenziosamente nutrendosi, dando nascita e morte per centinaia di anni, sarebbe precipitato nella profondissima notte del non essere verso una fine indistinta. La coscienza umana ha creato la coscienza obiettiva e il significato e così l’uomo ha trovato il suo posto indispensabile nel grande processo dell’essere “( Jung, Sogni, ricordi, riflessioni ). “

Rileggendo il libro mi sono venute alla mente la parole di Gesù: porto i vostri peccati.

Non è forse questo il senso del nostro viaggio?

Solo se sarò in grado di scendere agli inferi e guardare i miei peccati, la mia ombra, potrò portare – non sopportare ! – i peccati di ogni altro; sarò in grado cioè di non mettere fuori e sull’altro la colpa, ma di assumerla pienamente in me.

Sarò in grado di “non nuocere”, in primis a me stesso .

L’altro è l’altra parte di me, quella da incontrare e conoscere e trasformare.

Oggi invece che cosa rappresenta l’altro per noi?

E di me stesso che cosa veramente conosco ?

E’ necessario fare tabula rasa di ogni nostro preconcetto, mettersi in uno stato che dice :“io so di non sapere “, uno stato di abbandono confidente in attesa di qualcosa che dovrà apparire ( ricordate l’attesa di Simon Weil ? )

E allora sentiremo una voce che non ci farà più sentire soli:

 

Vien dietro a me, e lascia dir le genti !

Sta’ come torre ferma, che non crolla

già mai la cima per soffiar de’ venti !                   ( Pur.V, 13-15 )

 

Possiamo dire che il viaggio dantesco è una “road map” per ognuno di noi, quando ci perdiamo nella selva oscura, e oggi ci siamo drammaticamente e dannatamente persi in questa selva.

Ma sappiamo anche bene che è solo perdendoci che ci ri-troveremo uomini più in profondità, consapevoli non solo con la mente, ma anche col cuore.

Abbiamo gran bisogno di una “road map” che ci aiuti ad affrontare i difficili passaggi delle nostre esistenze personali e della vita della nostra cultura che – come scrive nella prefazione Robert Mercurio – è chiamata, come mai nel passato a misurarsi e a dialogare con le culture che ci circondano.

 

 

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