Ballata per uomini buoni

Ci sono Uomini che illuminano la strada verso l’umano. Uomini che hanno un cuore collegato al cervello e alla mano. Artisti, nel sacro senso di questa parola: co-creatori di questa avventura radicale che è la Vita. Mi piace ricordare che l’essere umano è : corpo-anima-spirito-polis- cosmos.

Uno di questi “Uomini buoni ” è

 

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Romain Rolland, scrittore francese ( Clamecy 1866- Vezelay 1944). Autore di molte opere di storia e di critica muscale, oltre che drammaturgo, ha legato la sua fama soprattutto al romanzo ciclico Jean -Christophe( 1904-12) , un grande affresco dell’Europa tra Otto e Novecento, in cui, unendo motivi autobiografici a spunti tratti dalla vita di Beethoven, narrò le vicende di un giovane musicista in lotta contro una tradizione soffocante. Pacifista , fu tra le poche persone che si allinearono con Hermann Hesse contro ogni guerra,ed Hesse diede segno della sua gratitudine dedicandogli la prima parte del Siddharta. Fu insignito nel 1915 del  premio Nobel per la letteratura.

Oggi più che mai necessitiamo di Maestri, uomini che prima di noi hanno fatto esperienza dell’Invisibile, così che le loro parole possano risvegliare in noi quello che siamo, riconducendoci alla profondità dell’Essere dove la dignità, la tenacia, il coraggio, l’umiltà,  la Conoscenza ci possano nuovamente fare ritrovare le comuni radici che tutto intrecciano indissolubilmente formando la vera Cultura.
Il 24 giugno 2020 è morto Marc Fumaroli,
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storico della letteratura, saggista e professore universitario francese.
Grazie al bell’articolo di Luca Doninelli,  apparso su Il giornale nel giorno della sua morte, ecco il suo illuminato pensiero: ”  L’europa è questo: non politica, non economia, non finanza e nemmeno religione. Novalis sbagliava ad identificarla con la cristianità. L’Europa è cultura, e la cultura è qualcosa di abissale, a dispetto della leggerezza gestionale con la quale intendiamo questa parola….La cultura è un corpo, non soltanto un’idea, e il suo corpo va conosciuto.
Nella sua opera più conosciuta “Lo stato culturale ” ( Adelphi ,1993)  questo gigante del nostro tempo documenta lo svilimento della stessa idea di cultura ad opera del potere pubblico, che trasformando in liturgia civile un’azione personale come quella di leggere un libro  o guardare un quadro, rende sempre più arduo quello che è il senso vero della cultura , quella strada ardua e gloriosa che, imponendo all’uomo l’umiltà e il sacrificio, lo aiuta a cogliere il suo vero traguardo : non quello di essere ricco o famoso, ma di essere quello che è.

E vi lascio in loro compagnia.

Voglio dimostrare che chi agisce bene e nobilmente può, per ciò solo, sopportare le sventure“. (Beethoven, Alla municipalità di Vienna, 1 febbraio 1819)
Dalla prefazione di Romanin Rolland:
Intorno a noi l’aria è afosa. La vecchia Europa si intorpidisce in un’atmosfera pesante e viziata. Un materialismo senza grandezza grava sul pensiero e intralcia l’azione dei governi e degli individui: il mondo muore di asfissia nel suo egoismo prudente e vile, il mondo soffoca. Riapriamo dunque le finestre! Facciamo entrare l’aria libera! Respiriamo il soffio degli eroi!
 
La vita è dura. Per coloro che non si rassegnano alla mediocrità dell’animo, è un incessante battaglia, una triste battaglia, quasi sempre senza grandezza, senza felicità, combattuta nella solitudine e nel silenzio. Oppressi dalla povertà, dalle aspre preoccupazioni familiari, dalle fatiche stupide e schiacchianti dove si perdono inutilmente le forze, senza speranza e senza un raggio di gioia, la maggior parte degli infelici sono divisi gli uni dagli altri e non hanno neppure la consolazione di stringere la mano dei loro fratelli, quei fratelli che ignorano e da cui sono ignorati. Devono contare solamente su se stessi, e ci sono momenti in cui anche i più forti cedono, sotto l’assalto del dolore, e invocano un sostegno, un amico.
 
È appunto per aiutarli che voglio riunire attorno ad essi degli amici eroici, delle grandi anime che soffrirono per il bene. Le mie biografie di uomini illustri* non si rivolgono all’orgoglio degli ambiziosi: sono dedicate agli infelici. E chi, in fondo, non è infelice? A quelli che soffrono, offriamo il balsamo della sacra sofferenza. Non siamo più soli nella lotta: la notte del mondo è rischiarata da luci divine. Anche ora, vicino a noi, abbiamo visto brillare due purissime fiamme, quella della Giustizia e quella della Libertà: il colonnello Picquart e il popolo dei boeri. Se essi non sono riusciti a oltrepassare le spesse tenebre, ci hanno però mostrato la strada, in un lampo. Marciamo nella loro scia, seguendo tutti quelli che si sono battiti come loro, isolati, disseminati nei Paesi e nei secoli: abbattiamo le barriere del tempo, resuscitiamo il popolo degli eroi.
 
Non chiamo eroi coloro che hanno trionfato col pensiero e con la forza; chiamo eroi soltanto coloro che furono grandi col cuore. Come ha detto uno dei più illustri fra questi, lo stesso di cui racconteremo la vita: «Non conosco altro segno di eccellenza che la bontà». Se il carattere non è grande, non c’è nessun grande uomo; non c’è neppure un grande artista né un grande uomo d’azione; non c’è che un idolo vuoto per la moltitudine vile: il tempo li distruggerà entrambi. Poco importa il successo: si tratta di essere grandi, non di apparire tali.
 
La vita degli uomini di cui cercheremo di tracciare la storia fu quasi sempre un lungo martirio. Sia che un tragico destino abbia voluto forgiare la loro anima sull’incudine del dolore fisico e morale, della miseria e della malattia, sia che la loro vita sia stata sconvolta e il loro cuore straziato dalla visione delle sofferenze e delle vergogne senza nome che torturavano i loro fratelli, essi hanno mangiato il pane quotidiano delle esperienze dolorose cosicché, se furono grandi per l’energia, lo furono anche per le sventure. Dunque, che gli sventurati non si lamentino troppo! I migliori dell’umanità sono con loro. Nutriamoci della loro virtù e, se siamo troppo deboli, riposiamoci un istante appoggiando il capo sulle loro ginocchia. Ci consoleranno. Scorre infatti dalle loro sacre anime un torrente di forza serena e di potente bontà. Senza bisogno di interrogare le loro opere e di ascoltare le loro voci, leggeremo nei loro occhi e nella storia della loro vita che la vita non è mai tanto grande, tanto feconda – e tanto felice – quanto lo è nelle pene. In testa a questa eroica legione pongo, prima di tutti, il forte e puro Beethoven. Egli stesso sperava, in mezzo alle sue sofferenze, che il suo esempio potesse risultare utile ad altri miserabili, «e che gli sventurati si consolassero trovandone uno come loro che, malgrado gli ostacoli della natura, aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per diventare un uomo degno di questo nome». Vinte, dopo anni di sforzi e di lotte sovrumane, le proprie sofferenze e raggiunto l’obiettivo di «instillare un po’ di coraggio nella povera umanità», questo Prometeo vincitore rispose così a un amico che invocava Dio: «Uomo, aiutati da solo!».
 
Seguiamo dunque le sue fiere parole, risvegliamo, secondo il suo esempio, la fede dell’uomo nella vita e nell’uomo!
 
P.S. Altre biografie di Rolland, oltre a quella di Beethoven: Michelangelo, Tolstoi e Gandhi .
L’immagine di lancio è tratta dalla raccolta di illustrazioni “Yum Tov; la felicità nei dettagli” di Moshe Agudot

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