Claudio Tugnoli: Il confine invisibile

Affiancare alla riflessione la poesia, accostare un testo saggistico a uno in versi; ecco ciò che ha proposto ai lettori Claudio Tugnoli con la pubblicazione de: Il confine invisibile (Edizioni del Faro). Si tratta infatti di un libro particolarmente felice giusto per questa sua duplice pedaliera espressiva: la prima parte essendo concepita all’insegna d’una poiesis molto peculiare: fatta da una silloge di brevi poesie in stile tanka (il componimento tradizionale giapponese, somigliante all’haiku, e composto da 5 versi di 5 e 7 sillabe), e la seconda all’insegna di una prosa filosofica puntuale, concisa e scorrevolissima. Tema comune il confine o forse meglio: i miti, i miraggi e la realtà di esso, giacché tale vocabolo può indicare una miriade di cose; talune concretissime e oggettive, altre fantasmatiche, illusorie o estremamente aleatorie.

Forse il primo confine a venir tracciato da mano umana fu a difesa d’un terreno ritenuto di proprio dominio/possesso. Così crede Rousseau, che vede in tale arbitraria demarcazione il fondamento dell’idea stessa di proprietà. Ne consegue ‒ nota Tugnoli ‒ che ogni confine risulta senza dubbio meramente convenzionale: “nel senso che non inerisce alla natura della realtà che delimita e suddivide”. In secondo luogo il confine si rivela esclusivo e discriminatorio, giacché esclude sempre “qualcosa” ritenuta esterna/altra rispetto al territorio interno ad esso. Ancora: il/ogni confine è così poco “autoevidente” che per difenderne la fragilità/precarietà è necessario fare uso di reticolati, muri, installazioni militari.

Potremmo anche sostenere, come fa il nostro studioso/poeta, che il confine sia: “l’immagine del non, della negazione”; nel senso che il limite volto a delimitare/separare non solo protegge e difende da temibili o poco gradite realtà aliene, ma rappresenta un argine nei confronti di tutto quanto non è conosciuto e/o non è familiare. Oltre quasi ogni frontiera, ad esempio, si parla un’altra lingua, si hanno altre consuetudini, mutano i costumi; in una parola: abita l’alterità. Ma pure all’interno d’una nazione, d’un paesello, d’una famiglia le cose non sono così semplici e vi troviamo ulteriori e più sottili (o meno evidenti) confini. Vedasi quello tra l’io e il tu, fra un uomo ed il suo prossimo, non certo sempre ritenuto tale nel senso evangelico del termine.

Eppure il confine visto quale limes-limite invalicabile è pur sempre indispensabile. Io non posso superare quello che separa la mia libertà da quella altrui, né mi è lecito penetrare, senza il suo consenso, l’intimità psico-fisica di una persona. D’altronde ‒ dice bene Tugnoli ‒ negare il limite vuol dire paradossalmente affermarlo, riconoscerne la necessità, così come oltrepassarlo non significa superare il limite in quanto tale, bensì la sua riconferma, la sua ineludibilità. Ma oggi l’insofferenza di fronte a qualsivoglia limite è assai diffusa. Infrangerlo senza troppi scrupoli appare a molti indice di scaltrezza/avvedutezza nell’arte del vivere. Si pensi solo alla facilità con cui nelle nostre città, in auto o a piedi, non ci si ferma davanti a un semaforo rosso. Perciò se, da un lato, tracciare un confine tra un territorio e un altro appare arbitrario (specie dopo aver vinto una guerra), da un diverso lato esso rappresenta un bisogno vitale, a scopo di legittima difesa: anche solo della propria abitazione delimitata da un recinto o da una porta d’ingresso, chiusi lecitamente a chiave.

Che comunque da sempre la nozione di confine sia ambivalente, problematica e irrisolta è un dato di fatto. E forse solo la poesia riesce a illuminare sia pure labilmente/fugacemente la sua complessità e il suo mistero. Come cercano di fare i versi di questo bel libro. Lasciando ai lettori la scoperta degli altri, ne citerò solo alcuni molto evocativi.

“Il vuoto nulla / non è lo stesso niente / di cui non si sa, /prima del nostro ingresso, / dopo la nostra morte.”

“Ogni poema / ha inizio e fine: / serra un uomo / che viene alla luce / e finisce nell’ombra”.

“Loda il mondo / la cicala mai stanca, / in ogni fronda / vede la stessa Luce / ascolta il suo canto”.

“Tra le due rive / il confine è vuoto, / un non pensato, / se vedi l’aldilà / mentre stai per saltare”.

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