E se fosse già troppo tardi?

«A chi pensa che morirà prima del punto di non ritorno e ritiene di non doversi preoccupare per le generazioni future, non ho niente da dire. È gente che ha dichiarato guerra all’umanità. Ignoreranno il benessere della gente del futuro così come ignorano le sofferenze di tanta gente di oggi».

James R. Flynn, Senza alibi. Il cambiamento climatico: impedire la catastrofe, Bollati Boringhieri, Torino 2015

Torno su un tema che da tempo mi appassiona: “Gli effetti del riscaldamento globale e la compatibilità dello sviluppo economico con le condizioni ambientali”[1], un tema che, grazie ai giovani di Friday for Future, sta mettendo a nudo i molti conflitti di interesse che tuttora impediscono ai governanti di molti paesi di prendere sul serio l’allarme clima lanciato ormai da tempo da numerosi scienziati.[2]

Basterebbe la lettura di Dove va la Terra? del fisico del clima Guido Visconti[3], che già nel titolo solleva un inquietante interrogativo, per fugare ogni dubbio a coloro che, ignorando gli accorati appelli del mondo scientifico, ancora negano l’esistenza del drammatico tema del riscaldamento globale, una prospettiva che getta un’ombra sul futuro dell’umanità, in un momento in cui, caso assai raro nella Storia in cui la Scienza e la Religione, storicamente così lontane, si esprimono quasi all’unisono. «Il clima – è la voce della Chiesa – è un bene comune, di tutti e per tutti. (…) Esiste un consenso scientifico molto consistente che indica che siamo in presenza di un preoccupante riscaldamento del sistema climatico».[4] Philip Alston, il giurista australiano relatore speciale delle Nazioni Unite sulla povertà estrema e i diritti umani, fa infatti eco alle parole di Papa Francesco: «Il cambiamento climatico minaccia di annullare gli ultimi 50 anni di progressi fatti nel contrasto alla povertà e nel miglioramento della salute globale. Inoltre potrebbe spingere oltre 120 milioni di persone in più in condizioni di povertà entro il 2030».[5]

C’è dunque poco da scherzare e da irridere i milioni di ragazzi che, pur con le loro contraddizioni, sono scesi in piazza per lanciare il loro grido di allarme. Ho scritto in altra sede che la semplice osservazione dei fatti è ingannevole, dal momento che nella loro interpretazione occorre disporre del linguaggio appropriato e di uno schema interpretativo utile a far emergere sia il nesso di causalità, sia le numerose concause che concorrono alla percezione del fatto stesso. [6] A mio avviso, il fatto più eclatante, ancorché sovente sottaciuto, benché evidenziato fin nei primi anni ’60 del secolo scorso da Carlo M. Cipolla (1922-2000), uno dei più autorevoli storici dei fatti economici, riguarda le conseguenze dell’impetuoso aumento della popolazione mondiale, che ha preso l’avvio con l’avvento della Rivoluzione Industriale, che ha subito una impressionante accelerazione nel corso degli anni ’70, per poi iniziare lentamente a rallentare negli anni successivi.[7]

Scriveva Cipolla: “Anche se si resiste al pensiero sconfortante che è già troppo tardi, difficilmente si può evitare la sgradevole sensazione che tutto ciò che possiamo prevedere per il prossimo futuro è un peggioramento della situazione generale”.[8] Ciò, dal momento che “ci si rende conto del fatto che la Rivoluzione Industriale ha consentito alla specie umana di accrescersi numericamente e di estendere il suo controllo sull’ambiente fino a un punto in cui gli equilibri su cui si fondava la vita nel nostro pianeta sono seriamente minacciati” (p. 126). Ora, non vi è alcun dubbio che l’industrializzazione abbia comportato un miglioramento straordinario nel livello materiale medio di vita, tuttavia egli giunge alla seguente conclusione: “Se l’umanità non farà uno sforzo enorme per autoeducarsi, non si può escludere completamente la possibilità che la Rivoluzione Industriale possa rivelarsi infine una calamità disastrosa per la specie umana” (p. 135).

Vi chiederete che cosa c’entri l’evoluzione demografica con il riscaldamento globale e annessi mutamenti climatici. Con una correlazione assai inquietante, l’andamento della popolazione mondiale si sovrappone infatti all’aumento dell’anidride carbonica, ritenuta la causa principale dell’innalzamento della temperatura del pianeta, immessa nell’atmosfera, aumento che si registra proprio a partire dai primi anni del Novecento. Ora, chi possiede una ben che minima nozione di statistica sa bene che l’esistenza di una correlazione non dice nulla sul nesso di causalità, ma stento a credere che l’aumento della temperatura terrestre possa avere influito sull’aumento della popolazione.

Basata sullo sfruttamento dell’energia prodotta dagli «schiavi meccanici» (le macchine) la Rivoluzione Industriale, che ha consentito all’umanità di migliorare le proprie condizioni di vita, ha contestualmente aperto il vaso di Pandora: «Maggiore era la quantità di energia prodotta – sostiene ancora Cipolla – e maggiore era l’energia necessaria. L’uomo si volse all’energia solare, a quella delle maree, del calore terrestre, dei geiser e dell’atmosfera. Poi, verso la metà del secolo ventesimo, scoprì che l’energia si poteva ottenere dagli atomi mediante un processo di fusione e di fissione» (p. 56). Questa forma di sfruttamento energetico possiede tuttavia due limiti: uno fisico e uno ecologico: il primo deriva dal fatto che il pianeta Terra è un sistema chiuso, il secondo dal fatto che, tranne l’energia solare e le fonti cosiddette «rinnovabili», le altre fonti energetiche tradizionali (i combustibili fossili) sono «non riproducibili» e come tali limitate nel tempo e nello spazio.

Il tema della finitezza delle risorse e, più in generale quello della compatibilità tra l’evoluzione demografica, lo sviluppo economico e le condizioni ambientali, è stato sollevato per la prima volta nel 1972 dal Rapporto del System Dynamic Group dell’MIT di Boston, divenuto noto come «Rapporto del Club di Roma».[9] Steso quando ancora non era stato percepito il problema del riscaldamento globale, le previsioni di quel Rapporto suscitarono reazioni controverse, ma solo oggi, a quasi mezzo secolo di distanza, siamo divenuti consapevoli dei rischi connessi ai «limiti dello sviluppo»! In quel Rapporto, a conclusione del paragrafo relativo alle risorse naturali non rinnovabili, veniva rivolto il seguente avvertimento: «Nonostante l’aumento dei prezzi provocato da una disponibilità decrescente, già adesso la domanda di platino, oro piombo e zinco è superiore all’offerta. Argento, uranio e stagno cominceranno a scarseggiare nel giro dei prossimi cento anni se il consumo continuerà a espandersi al tasso del 6% annuo, e per molti altri minerali si avrà un esaurimento delle riserve prima dell’anno 2050…».

In realtà, in meno di mezzo secolo, l’esaurimento delle risorse della Terra è stato anticipato di ben cinque mesi: stando ai dati diffusi sull’ Overshoot Day (il giorno del sovra-sfruttamento delle risorse), se nel 1970 le scorte si erano esaurite mercoledì 23 dicembre, trent’anni dopo il giorno del sovra-sfruttamento delle risorse cadeva mercoledì 4 ottobre, mentre il 29 luglio scorso l’uomo ha già utilizzato tutte le risorse naturali dell’intero 2019.

I risultati degli studi più recenti sui mutamenti climatici messi a disposizione dai Rapporti del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC)[10] sono concordi sul fatto che, per la prima volta nella storia dell’umanità, l’uomo, che ha sempre subito gli effetti del clima, con le sue attività sta influendo su di esso con effetti che potrebbero rivelarsi catastrofici.

Ora se è pur vero che la Terra appartiene ai sistemi che i fisici definiscono “complessi”, sistemi la cui evoluzione, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche, è impredicibile, è altrettanto vero che nella percezione del rischio sulle conseguenze del riscaldamento globale e dei mutamenti climatici c’è una sensibilità minore rispetto a pericoli considerati più vicini, come l’immigrazione, il terrorismo internazionale dello Stato Islamico e la diffusione del virus dell’ebola. Al tempo stesso, come sta a dimostrare il quasi totale fallimento dei vari Accordi internazionali sull’ambiente – a partire dal primo accordo non vincolante sulla riduzione delle emissioni di gas Serra del Vertice sulla Terra di Rio de Janeiro del 1992 per finire a quello della conferenza di Parigi sul clima dell’autunno del 2015 – interessi economici e politici, dotati di grandi risorse finanziarie e l’accesso ai mezzi di comunicazione limitano la percezione del rischio più importante: quello dell’estinzione della specie umana. Per noi, che siamo cresciuti ascoltando le canzoni d Guccini cantate dai Nomadi nell’ormai lontano 1966, “Noi non ci saremo”. Ma gli altri? E chi se ne frega!

di Bruno Soro

Piccola bibliografia

AA. VV., La Terra in pericolo. I mutamenti climatici e la salute del pianeta, le Scienze, Roma 2006

Acot P., Storia del clima, Donzelli editore, Roma 2004

Acot P., Catastrofi climatiche e disastri sociali, Donzelli Editore, Roma 2007

Carraro C. e A. Mazzai, Il clima che cambia. Non solo un problema ambientale. Il Mulino, Bologna 2015

Crutzen P. J., Benvenuti nell’Antropocene! L’uomo ha cambiato il clima. La Terra entra in una nuova era, Mondadori, Milano 2005

Eldredge N., La vita in bilico. Il pianeta Terra sull’orlo dell’estinzione, Einaudi, Torino 2000

Emanuel K., Piccola lezione sul clima, il Mulino, Bologna 2008

Fagan B., La lunga estate. Come le dinamiche climatiche hanno influenzato la civilizzazione, Codice Edizioni, Torino 2005

Gore A.A., La Terra in bilico, Bompiani, Milano 2007

Mercalli L., Clima bene comune, Bruno Mondadori, Milano 2013

Mercalli L., Non c’è più tempo. Come reagire agli allarmi ambientali, Einaudi, Torino 2018

Monbiot G., Calore!, Longanesi, Milano 2007

Pasini A., I cambiamenti climatici. Meteorologia e clima simulato, Bruno Mondadori, Milano 2003

Visconti G., Clima estremo. Un’introduzione al tempo che ci aspetta, Boroli Editore, Milano, 2005

Visconti G., Dove va la Terra?, Boroli Editore, Milano 2006

Walker G. – Sir D. King, Una questione scottante. Cosa possiamo fare contro il riscaldamento globale, Codice Edizioni, Torino 2008

Wilson E.O., Metà della Terra, Codice, 2016

  1. È questo il titolo della lezione che la prof. Paola Rivaro ed io abbiamo tenuto un anno fa all’UniTre di Novi, lezione della quale ho dato conto in un articolo apparso sul numero del 26 aprile scorso di Panorama di Novi: “L’emergenza clima e le migrazioni del Terzo Millennio”.
  2. Per coloro che ancora fossero scettici sui nefasti effetti che i cambiamenti climatici potrebbero avere sul futuro prossimo immediato (anche solo tra una decina di anni), fornisco una piccola bibliografia, all’interno della quale ognuno potrà scegliere, tra i numerosi libri che si sono accumulati sulla mia scrivania, il titolo che preferisce.
  3. L’autore, Guido Visconti, professore ordinario di Fisica dell’atmosfera e Oceanografia all’Università degli Studi dell’Aquila, ha studiato e fatto ricerca negli Stati Uniti, presso l’Università del Maryland, l’MIT e il National Center for Atmospheric Research di Boulder ed ha condotto le sue ricerche in collaborazione con la NASA e con l’Università di Harvard. Clima estremo è stato preceduto, dello stesso autore da un testo di più elevato livello, Fundamentals of phisics and chemistry of the atmosphere, Springer, 2001 (trad. it. Fondamenti di fisica e chimica dell’atmosfera, Cuen, 2002).
  4. Laudato si’. Sulla Cura della Casa Comune, Lettera enciclica del Santo Padre Francesco, Edizioni Paoline, Milano 2015.
  5. P. Alston, “L’apartheid climatico” minaccia i diritti umani. La denuncia delle Nazioni Unite”, Altraeconomia, 25 giugno 2019.
  6. Mi sia consentita l’auto-citazione dall’Introduzione di Capire i fatti. Saggi divulgativi di Politica economica e Società, Edizioni Epoké, Novi L. 2018.
  7. La popolazione mondiale è raddoppiata tre volte dall’inizio della Rivoluzione Industriale: era 1 miliardo nel 1804; ha raggiunto i 2 miliardi nel 1902, ha superato i 4 miliardi nel 1970 e, stando alle stime della Banca Mondiale, raggiungerà gli 8 miliardi nel 2023. Nei prossimi dieci anni 638 milioni di persone aspireranno ad uscire dalla loro condizione di povertà estrema (meno di due $ al giorno) e i 6,2 miliardi che vivono nei paesi a reddito medio e basso aspireranno ad avere accettabili condizioni di vita.
  8. C. M. Cipolla, Uomini, tecniche, economie, Feltrinelli, Milano 1966, pagine 125-126. Mi sono occupato di questo libro in uno scritto di qualche tempo fa ─ Rileggendo Cipolla: “The Economic History of World Population” cinquant’anni dopo, pubblicato su: “Italia, Europa, Mondo. Liber amicorum di Franco Praussello, a cura di L. Gandullia, D. Preda, G.B. Varnier, Franco Angeli, Milano 2013, pp. 158-176 ─ che metto a disposizione di chiunque me ne faccia richiesta (all’indirizzo di posta elettronica bruno.soro@unige.it).
  9. Meadows D.H., D.L. Meadows, J. Randers, W.W. Behrens III, I limiti dello sviluppo, Mondadori, Milano 1972.
  10. Creato nel 1988 dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale e dal Programma ambientale delle Nazioni Unite, l’IPCC non è un centro di ricerche, ma ha il compito di raccogliere e valutare le ricerche altrui. Al processo di elaborazione di ciascun Rapporto partecipano circa 2.500 scienziati da tutto il mondo.

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