Il difficile trasloco di Leone Segre.

Il 6 marzo 1943 Leone Segre scrisse al Questore di Alessandria chiedendo di poter tornare con la moglie Lidia Todros all’Albergo Rosa Rossa da cui era già stato allontanato per far posto ad ufficiali dell’Esercito 1). Nella richiesta ricorda che era sfollato 4 mesi prima da Torino a causa dei bombardamenti aerei inglesi che ne avevano danneggiato la casa. I mobili della casa torinese erano in deposito presso un magazzino a Casale Monferrato. Dopo il suo allontanamento dall’Albergo i coniugi si erano sistemati presso un’abitazione privata in Via S.Evasio 2).  Ora non era più possibile rimanere nella casa privata perché la famiglia ospitante doveva accogliere parenti provenienti dall’Africa Orientale. La moglie, Lina Todros, era in cattivo stato di salute, e Segre per l’appunto intendeva ritornare nell’Albergo nell’attesa di una nuova sistemazione.

Il Commissario di P.S. di Casale espresse parere negativo proprio in considerazione della situazione degli ufficiali sfollati che non gradivano la presenza di ebrei negli Alberghi.

Segre Leone era in precedenza incappato in una incidente politico che ne aveva gravemente compromesso la posizione. A seguito dei bombardamenti aerei di Torino l’abitazione della famiglia Segre era stata danneggiata e venne deciso di trasferirsi a Casale Monferrato, città di origine di Segre. Vennero presi accordi per il tramite dello zio Sanson Segre con un’azienda di trasporti di Casale e per la somma di 5.000 lire si stabilirono le modalità e la data del trasloco. L’accordo in particolare prevedeva che il mobilio e le masserizie fossero trasportate con un rimorchio.

Il 23 novembre 1942, giorno del trasloco, i due austisti della Ditta casalese si presentarono invece solo con la motrice. Durante il viaggio vi fu una discussione accesa fra Segre e la Todoos per le modalità affrettate e per la mancata presenza del rimorchio. Segre espresse alla moglie la necessità comunque di andarsene il più presto possibile da Torino e “per tacitarla si esprimeva con parole improntate ad illogico pessimismo nei confronti dell’andamento della guerra e sulla necessità di sgomberare dalle città”. I due autisti presenti nella cabina di guida controbatterono  vivacemente alle parole di Segre ed in tal modo si concluse la discussione a quattro.

All’arrivo in Casale Monferrato Segre si rifiutò di pagare l’addetto che era stato  incaricato dall’azienda l’intero dovuto lamentandosi della mancanza del rimorchio, come pattuito in origine, e che l’utilizzo della sola  trattrice aveva costretto la famiglia ad abbandonare parte del mobilio in Torino. Ed inoltre nel suo successivo interrogatorio da parte della polizia, Segre face notare la scomparsa di una coperta grande di lana e di un lenzuolo. Con ciò si poteva chiudere una vicenda triste come quella di un trasloco forzato per causa di guerra e di una contestazione relativa ad un compenso, ma, purtroppo la questione si complicò per causa dei due autisti che si recarono presso il fascio locale ed evidentemente riportarono gli elementi principali delle frasi disfattiste ascoltate durante il viaggio da Torino. Negli interrogatori successivi sappiamo che gli autisti- facchini precisarono che Segre sosteneva la necessità di allontanarsi in ogni caso e più rapidamente possibile da Torino poiché gli inglesi avevano concesso 100 ore all’Italia per uscire dalla guerra pena la completa distruzione delle città.  Segre ovviamente negò in modo categorico tale testimonianza e, ma comunque non recedette completamente dalle sue opinioni  limitandosi a ripetere che “gli inglesi non ce l’avrebbero mai perdonata”.

La mattina del 13 dicembre 1942 Segre venne invitato a presentarsi presso la sede del fascio di Casale e, dopo avergli rinfacciato le affermazioni disfattiste, gli scrissero sulla fronte – VINCEREMO. Così sfregiato e ridicolizzato lo rimandarono in Albergo dando preciso ordine di rimanere a capo scoperto.

Così ricostruisce la vicenda un promemoria riservato del 19 dicembre 1942 redatto dal Tenete Colonnello Fusco , comandante del Gruppo di Alessandria che concludeva : “Il gesto suaccennato ha prodotto nella popolazione commenti nel complesso non del tutto favorevoli”.  In ogni caso il 1° febbraio 1943 il Commissario di P.S. di Casale Monferrato diffidava formalmente Segre a “ tenere per l’avvenire un linguaggio ed un contegno che non sia in contrasto colla situazione politica locale e con le vicende attuali internazionali e ciò a scanso di ulteriori e più gravi provvedimenti di polizia.”

La Diffida venne scelta dal Questore di Alessandria come provvedimento adeguato  dopo aver inviato l’intero fascicolo relativo alla vicenda al Ministero degli Interni per un parere. La forma relativamente modesta era dovuta al fatto che Leone Segre non aveva a suo carico alcuna segnalazione negativa: era stato commerciante all’ingrosso di pelli, cuoio e acciai e ora viveva di rendita, l’unico figlio viveva in Messico. Senza alcun precedente il giudizio e la valutazione era di  non pericolosità del soggetto. Forse l’opinione della Polizia era di una politicizzazione di un contrasto di tipo economico e di tentativo di coprire un furto con la diffamazione del derubato. Certo è che il carattere spontaneo ed informale della criminalità politica del fascismo provinciale che questo episodio minore, contenuto nel fascicolo personale di Segre, continua ad emergere con prepotenza. Probabilmente vicende di chiaro stampo squadristico e criminale, botte e minacce,  come quella di Segre o quella ricostruita recentemente da Alberto  Ballerino nel caso del Tesoro di Marengo, e altre su cui si sta lavorando, gettano una luce sinistra sulla nozione storiografica di “consenso passivo al fascismo” che sembrava ormai affermata. La violenza fascista degli squadristi è sempre stata pronta a sopire i contrasti e a garantire una effettiva condotta gangsteristica dei gruppi fascisti durante il regime. Non si deve scambiare il silenzio della società con una condizione di quiete nella legalità e nella sicurezza personale ed economica, Tale modo di vedere il passato è frutto della nostra  anche quella, ma pure la paura e il pericolo rappresentato dalla minaccia costante della violenza fascista.

A buon intendere comunque Segre Leone nato a Casale Monferrato il 20.06.1885,  il 7.12.1943 si rese irreperibile ed al Questore di Alessandria non rimase che redigere il modello ad personam per il fermo di polizia.

I due coniugi riuscirono a sfuggire alla deportazione, ma lo zio Sanson Segre, nato nel 1858 fu rastrellato nella Casa di Riposo di Casale Monferrato il 13.04.1944, verrà ucciso all’arrivo del convoglio 10  in Auschwitz il 23.05.194. Sanson Segre è  una delle vittime più anziane della persecuzione nazifascista.

  • Archivio di Stato di Alessandria, Ebrei alessandrini, A.8bis, ad nomen.
  • Tutti nomi propri e quelli aziendali sono omessi.
  • La particolare età di Sanson Segre era già stata notata da Manganelli, Mantelli, Antifascisti, partigiani, ebrei. La deportati alessandrini nei campi stermino (1943-1945). MilanoFranco Angeli, 1991.   

1 Commento

  1. I signori Lidia Todros e Leone Segre sono stati nascosti ad Imperia in casa di mia nonna e poi a Viozene sino a fine guerra. Se volete qualche informazione in più sono a disposizione.

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