Due volti di San Francisco

La mia non comune passione per il cinema mi fa “entrare” nei film che prediligo come deuteragonista.

Un paio di esempi:

VERTIGO: vi ricordate la memorabile scena in cui Kim Novak / Carlotta Valdes si getta nella baia di San Francisco accanto ad uno dei piloni del Golden Gate? James Stewart / Scotty si lancia nelle acque per salvarla. Ora, non si capisce bene se quello di Carlotta è un reale tentativo di suicidio oppure una sorta di provocazione, per indurre Scotty a salvarla.

Fatto sta che, come cinefilo, mi sono recato nella medesima posizione della macchina da presa, e, senza avere la bellezza eterea di Kim Novak o l’allampanata eleganza di James Stewart, mi sono immedesimato nella pellicola, ho partecipato, in un certo senso, al film.

Mi sono fermato in quel posto suggestivo non più di cinque minuti, guardando la prospettiva di quel bellissimo ponte.

Raggiunto il taxi che mi attendeva, nella via di ritorno verso Market Street, il tassista mi chiese cosa mi avesse portato in quel posto ed io gli risposi “memories” (ricordi).

FUGA DA ALCATRAZ: lo ricordiamo tutti, è un grande film di quello specialista che è Don Siegel, e il protagonista un sensazionale Clint Eastwood.

Soggiornando a San Francisco non potevo fare a meno di una fugace visita ad Alcatraz, l’isola / prigione fonte di tanti racconti e tanti film negli ultimi decenni.

Il modo migliore per visitare Alcatraz era l’elicottero e quindi mi preparai ad una visita organizzata. Mentre scendevamo al centro del vecchio cortile, notai che due turiste tedesche leggevano avidamente un libricino, una sorta di “Baedeker”, che le informava dettagliatamente.

Decisi senz’altro di seguire le due turiste, che parevano molto preparate alla visita. Per gli amanti del “giallo”, due erano le celle che dovevano essere individuate, quella di Al Capone, morto nel 1947, e quella di Frank Morris / Clint Eastwood, che aveva interpretato l’unico detenuto capace di sfuggire al terribile fortilizio.

Pur seguendo le agguerritissime turiste tedesche, non riuscimmo ad individuare la cella di Al Capone, forse distrutta per evitare imbarazzanti omaggi post mortem, ma fummo in grado di ritrovare la cella di Frank Morris, quella da cui partì il piano geniale per la fuga tentata e riuscita.

Certo, l’atmosfera non era sicuramente delle più allegre, anzi, ti veniva voglia di scappare via subito, non senza aver comprato, in un baracchino, la maglietta con il logo “Alcatraz”, che conservo tutt’oggi religiosamente.

Più tardi salii sull’elicottero, salutai le due turiste e me ne tornai a San Francisco, per i fatti miei.

Giorgio Penzo

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