Elisabetta I, Elisabetta II

Con Elisabetta I l’Inghilterra inizia a scalare il potere in Europa e successivamente nel mondo.

La vicenda personale della figlia di Anna Bolena, oltre a rappresentare un momento drammatico in quest’isola che Enrico VIII Tudor ha portato ad una forte autonomia politica e religiosa, simboleggia la difficile vita in un momento in cui la Riforma porta ad una sostanziale differenziazione in molti paesi del Nord, che si allontanano da Roma.

Come al solito, l’Inghilterra cercherà una sua via fra Chiesa Romana e Chiesa Luterana, trovando nella Chiesa Anglicana una parziale soluzione ai problemi che la Riforma aveva posto.

L’insularità dell’Inghilterra è ancora una volta salva.

Ma qual è la particolarità di Elisabetta I?

Quella di aver voluto rinsaldare il potere dello Stato, in ciò imitando il padre, allacciare relazioni diplomatiche con le potenze europee di allora, resistere in modo convincente all’Impero Spagnolo, che voleva punire l’Inghilterra sia per il suo scisma religioso che per voler portare avanti una politica propria.

Dalle blandizie di Filippo II, che aveva intravisto la possibilità di sposare Elisabetta, allo stato di guerra del 1588, quando la Invincibile Armada fu distrutta più dagli elementi naturali che dalla flotta avversaria, che pur dimostrò nell’occasione le classiche capacità marinare degli Inglesi (con i famosi brulotti).

Quindi, un regno tormentato quello di Elisabetta I, in cui lei dimostrò di saper sopportare le persecuzioni di Maria la Sanguinaria e di avere un comportamento duro, cinico, intransigente quando decretò la morte della cugina Maria Stuarda, sua ospite forzata a Londra.

Un regno in cui lei seppe sfruttare le capacità dei suoi famosi corsari, fra cui Francis Drake, che riportarono in Inghilterra i tesori letteralmente rapinati dai galeoni spagnoli, che trasportavano nella penisola iberica quanto dalla Spagna estorto alle popolazioni indigene del Centro-Sud America.

Ma il periodo elisabettiano fu anche quello dei grandi drammaturghi, da Webster a Marlowe e soprattutto Shakespeare.

Elisabetta II: cosa si può dire del suo regno, se non che si tratta di un grave momento di declino per la Gran Bretagna?

Mentre le contee dell’Ulster tendono irresistibilmente all’unione con l’Eire, e la Scozia, nel bene e nel male, cerca di raggiungere una propria separazione/indipendenza dall’Inghilterra, cosa rimane del vecchio Regno Unito?

Probabilmente solo il Galles, che da sempre ha un rapporto di odio/amore con il fratello maggiore, nel senso che non lo ama particolarmente, ma non riesce a staccarsene.

Questa è dunque l’eredità territoriale di Elisabetta II.

L’Inghilterra vincitrice della Seconda Guerra Mondiale passa inevitabilmente in secondo rango e, perso il suo leader storico Winston Churchill, cerca disperatamente di parare i colpi che la Storia le assesta.

Finita l’avventura in India negli anni ’40, negli anni ’50 non riesce a farsi rispettare in Egitto, e poi, nei primi anni ’60, si staccano tutte le parti della Corona, che si erano composte faticosamente durante il regno di Vittoria.

Sì, c’è il colpo di coda delle Falkland, ma si tratta più che altro di uno show, di una rappresentazione per turisti americani.

Ricorderemo di questi periodi l’azzeccato 007, banale trionfo dello sciovinismo inglese, le grandi band degli anni ’60, quelle, sì, veramente godibili ed importanti per tutto il pianeta.

Qualche importante scrittore, da Graham Green a Ian McEwan, poi i registi della New Wave, tutti emigrati in seguito a Hollywood, mentre rimane solida, e più intelligente che mai, una roccia come Ken Loach.

Ma possiamo dire veramente che a persone acculturate possano interessare le vicende della Casa reale inglese, che ci annoiano da oltre quaranta anni, in cui sembra che la regina, sinceramente, abbia commesso non poche gaffes?

Noi non siamo Inglesi, quindi possiamo tranquillamente criticare una monarchia che ci sembra antistorica, ipercostosa e contrastante, in un certo senso, con il classico pragmatismo degli Inglesi.

Very expensive teatime, with sweets…

A questo punto, non sarebbe meglio far ascendere al trono il povero Carlo, così criticato da tutti, e che forse potrebbe rivelare qualche piacevole sorpresa, come sovente accaduto nella Storia della Corona inglese…

Per favore, basta con il trapassato remoto, via libera al futuro, anche se il Delfino è un ragazzino di settantaquattro anni.

Giorgio Penzo

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