Ennio l’alieno

Renato Minore e Francesca Pansa - Mondadori editore

Ci sono autori che rimangono nel cuore, e ci rimangono come un paletto conficcato che, in particolari momenti, si rigira dentro, risvegliando quella relazione fertile e sanguinante tra l’autore

e il lettore.

Ennio Flaiano è uno di questi autori e questo libro da poco editato da Mondadori: “ ennio l’alieno” muove prepotentemente, in chi l’ha amato e lo ama come me, l’invisibile paletto del cuore.

Francesca Pansa e Renato Minore, i due autori, si sono incontrati quarant’anni fa in una serata di Poesia a Villa Borghese.

Ora, insieme raccontano i giorni di Ennio Flaiano, e anche quelli di Rosetta, sua moglie, il dentro e il fuori di una storia affiorata negli anni come progetto di scrittura condivisa.

Con l’emozione di una particolare sera romana, quando ascoltarono i versi di un Flaiano dolente, tragico, ferito a morte, tanto diverso da quello più brillante, cinico, inesauribile affabulatore: la maschera che ancora lo nascondeva.

Ma chi non porta la maschera ? Chi crede di aggirarsi nei labirinti della vita in totale onestà, libero dalle sue ombre, libero da ogni verità acclamata e mai esperita?

Flaiano mi ha sempre dato l’immagine di un uomo che guarda e che conosce la differenza tra possibilità e realtà.

Uno sguardo che sa dove si ammucchiano tutte le nostre frustrazioni, i tradimenti patiti e inferti, gli amori ridicoli, i sogni mai realizzati, tutti quei malvagi rivoli che il quotidiano spesso ti propone e che impongono alla tua coscienza d’essere la differenza.

Questo libro non è una biografia, o meglio lo è solo in parte. E’ un flusso di memorie, di sogni, di sguardi, è un atto d’amore nei confronti di un personaggio difficilissimo da imbrigliare in una logica sequenza di fatti ed è per primo proprio Flaiano a mischiare le carte.

In queste pagine si incontrano nomi che hanno disegnato le nostre vite: flaneur, intellettuali, cineasti, registi, poeti, attori, scrittori, disegnatori, editori ; una lunga fila di volti e di nomi con lui capofila, eterno Don Chisciotte, un italiano che non vuole essere itagliano , di un uomo che strappa la risata dell’intelligenza e dentro si macera, di uno scrittore vero, tormentato come un soldato che conosce la gloria di una perpetua ritirata.

Chi lo ha davvero conosciuto, capito, amato ?

Amicizie, delusioni, solitudini, grandissimi dolori.

E’ proprio di questi dolori che mi si gira nel cuore quel paletto, un bambino solo, abbandonato dai grandi, l’ultimo dei molti fratelli, spedito come un pacchetto in collegio per non dar pensiero.

Ricordate in Otto e mezzo quel bambinetto in divisa con la mantellina nera ?

Lo sceneggiatore sceneggia i suoi ricordi e Flaiano è memorabile e crudo, come una massaia che spezza sapientemente il collo alla gallina prima di spennarla.

Ma c’è nel libro e nella sua vita Rosetta, sua moglie e madre di Lè-Lè, quella figlia tanto amata e tanto problematica . Non si possono dimenticare quegli amici, gli intellettuali che frequentano la casa di Fregene e spesso non rivolgono neppure un cenno di saluto alla figlia.

Distanti, imbarazzati , incapaci di un solo gesto, di una sola parola, estranei alla tragedia familiare che non li riguarda.

Un nome tra tutti, Federico Fellini. Non riesce neppure a guardarla in faccia, si gira dall’altra parte come infastidito, quando lui arriva spesso Lè-Lè scappa nella sua camera. Un giorno se ne esce con una frase : ma perchè non la rinchiudono ? Che ancor più ferisce Rosetta e Ennio.

E’ davvero eloquente nel libro il racconto di questa amicizia tra il regista e lo sceneggiatore, una serie di memorabili film, di serate al caffè, di camminate nella Roma notturna, di pensieri e parole, idee e schizzi, sogni e fantasie, un’amicizia finita male perchè gli egocentrismi sono guerrieri sempre affamati di sangue.

Rosetta, brillante neolaureata due volte, matematica e scienze statistiche, batteva le dita su quelle macchinette per i calcoli e Enrico Fermi, nell’Istituto di Fisica di via Panisperna, chiamava la piccola equipe di cui lei era l’unica ricercatrice, per un bicchiere di Chianti, quando un risultato sembrava promettere un progresso nella ricerca.

Si incontrarono al Caffè Greco Rosetta ed Ennio e s’incrociarono le loro vite con quella di Lè-Lè:

in un continuo nasconderci, perchè ci si scontrava con un muro di silenzio davanti al quale abbiamo anche rischiato di soccombere. Ci sentivamo dei complici in una colpa che il codice sociale ci attribuiva. Eravamo isolati.”

Non vi rivelo quel che Rosetta porterà in vita negli anni che gli rimangono dopo la morte del marito e della figlia e che il libro bene racconta: per tutti i disabili, per tutti quei figli i cui genitori hanno una sola enorme domanda: che fine farà quando io morirò?

Il dolore che Flaiano incontra da bambino lo ha accompagnato come un cane fedele tutta la vita, gli ha donato preziosi talenti e lunghe silenziose solitarie peregrinazioni.

Concludo questa mia con le ultime parole del libro:

Ennio Flaiano, nei giorni della Dolce vita, riscrive in chiave moderna la parabola biblica. Cristo torna sulla terra e, nella società dello spettacolo in cui è piombato, assalito da fotografi e cacciatori di autografi, sotto l’occhio della tv, fra provocatori, ruffiani, agenti del fisco, maniaci sessuali, giornalisti che lo inseguono, inizia la sua consueta catena dei miracoli. Sfama la folla con pani e pesci, sana vari nevrotici, converte un prete.

Poi un uomo gli si avvicina, ha in braccio una figlia malata, gli dice: “Non voglio che tu la guarisca, ma che tu la ami”.

Lascio ad ognuno di noi questa visione. Tutto quello di cui necessitiamo è di amare e di essere amati in ricambio.

di Patrizia Gioia

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