Fabrizio De Andre’ & Pfm: Il Concerto Ritrovato

 

Così bello da piangere.

Due mondi agli antipodi: Fabrizio De André e la PFM.

Il primo cantautore intellettuale “sempre in direzione ostinata e contraria”, che si ispirava a francesi come Georges Brassens o agli americani come Leonard Cohen e Bob Dylan, così ancora vivo nella memoria collettiva, così amato anche dalle nuove generazioni; i secondi una band rock progressivo che girava il mondo assorbendo numerose influenze che ancora oggi infiamma i palchi di tutta Italia. Quando la PFM (Premiata Forneria Marconi) propose a De André di fare un tour insieme, rielaborando musicalmente alcuni suoi brani, il cantautore accettò entusiasta: un’accoppiata che fece storcere il naso a molti perché troppo diversi tra di loro e troppo distanti i loro pubblici. Ma come spiega Dori Ghezzi nel documentario: “Tutto quello che era rischioso o improbabile per Fabrizio andava bene.” E storia fu.

3 gennaio 1979, Padiglione C della Fiera Internazionale di Genova. Una folla giovane, strabocchevole, per il concerto di Fabrizio De André accompagnato dalla PFM. È un De André trentanovenne quello che suona: bello, forte, con le stimmate del poeta maledetto, un santo anarchico, un affabulatore senza pari, giovane e già inventore di canzoni epocali. E gli arrangiamenti, le improvvisazioni e le divagazioni della PFM si sposano magistralmente e magnificamente con le parole deandreiane. Alla faccia di tutti coloro che storcevano il naso all’idea dell’insana alleanza fra due pianeti in apparenza (e soltanto in apparenza) inconciliabili.

E il miracolo avvenne.
Le immagini di quello storico concerto sono state recuperate da un nastro conservato dal regista di quell’evento Piero Frattari e sono divenute preziosissima testimonianza in questo nuovo docu-film diretto da Walter Veltroni “Fabrizio De André & PFM: Il concerto ritrovato”.
Un documentario che si apre con una sorta di lungo prologo durante il quale la PFM, Dori Ghezzi, David Riondino che apriva i concerti, Guido Harari fotografo ufficiale della tournée e altri testimoni si lasciano andare ai ricordi, alla memoria di un periodo magico, in lungo e largo per l’Italia, tra le contestazioni del pubblico – come succede a Roma e a Napoli – litigi, ubriacature e risate.

Franco Mussida, chitarrista e fondatore della PFM, nel silenzio quasi religioso del teatro parrocchiale dove facevano le prove, parla dell’alchimia, della simbiosi che si venne a creare tra quegli scatenati ragazzi e il cantautore italiano per antonomasia. Di Ciccio, Djivas, Riondino e Ghezzi, invece, su un trenino verso Genova si confrontano sugli episodi più significativi e gli aneddoti più divertenti: De André che prese quasi le difese di chi lo contestava a Roma, invitando gentilmente un piccolo gruppo di loro ad andare sul palco ed esporre le loro ragioni oppure lo stesso De André che per provocarli sostituisce “Arrivederci” con “Vaffanculo” in una strofa di Amico fragile; o addirittura De André che si “stordisce” prima di ogni concerto o sotto effetto di un acido somministratogli a tradimento da un ragazzo in un bar si mette a correre come un pazzo in mezzo a una campagna inseguito dalla PFM e Dori Ghezzi. Un viaggio nel tempo tra registrazioni audio delle interviste a De André e PFM, ritagli dei giornali dell’epoca e numerose foto di Harari, alcune iconiche con Fabrizio De André steso per terra attaccato a un termosifone perché infreddolito e con la febbre alta o quella ufficiale della tournée con la PFM e il cantautore che, incapaci di mettersi in posa, divertiti canzonavano il famoso fotografo. Altri vent’anni di vita avrebbe avuto Fabrizio e tanti altri superlativi pezzi avrebbe regalato al suo popolo e al mondo. È bellissimo immergersi in questo docu-film, che non è affatto una mera e astuta “operazione nostalgia”, bensì un documento di rara bellezza nonché la ricostruzione di anni che non erano solo di piombo, ma altamente fecondi e creativi, colmi di ideali da realizzare, grazie anche alle parole e alla musica di Fabrizio De André e della PFM.

Riccardo Coloris

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