Following

“Il gioco sta tutto qui: interrompere la vita di qualcuno, mettergli sotto gli occhi quello che dava per scontato, e quando dovrà elencare per l’assicurazione le cose sottratte da quello scaffale si chiederà, per la prima volta dopo tanto tempo: ‘Come mai le ho conservate? A che scopo?’. Quando sottrai gli mostri quello che aveva”.

Si possono dire tante cose sul cinema di Christopher Nolan, se ne possono apprezzare i pregi come se ne possono criticare i limiti, ma c’è una cosa che non si può assolutamente negare: guardando la sua filmografia in ordine cronologico non si può fare a meno di notare una coerenza interna impressionante, un fil rouge talvolta addirittura doppio che lega tra loro le varie opere nonostante gli anni, la maggiore esperienza e l’aumentare del budget e degli incassi.

Al giorno d’oggi conosciuto come uno dei più affermati registi hollywoodiani e non solo, Christopher Nolan, classe 1970, è capace di mescolare gli ingredienti del cinema di cassetta con una grandissima personalità tecnica e stilistica inconfondibile, spaziando dal cinecomic al sci-fi movie, dal thriller alla guerra con “Dunkirk”, cruda e realistica rappresentazione della Seconda Guerra mondiale realizzata con una perizia registica impressionante.

Prima di diventare uno dei registi più pagati della storia del cinema (20 milioni per l’ultima sua fatica più un’ampia percentuale sugli incassi) potendosi permettere una libertà creativa quasi totale, grazie alla Warner Bros. che – come ai tempi di Stanley Kubrick (possibile paragone?) – gli lascia carta bianca in ambito produttivo, Christopher Nolan ha esordito nel mondo del cinema solo una ventina di anni fa con un proprio progetto indipendente: FOLLOWING.

Questa mini produzione cinematografica, presentata al Festival di Rotterdam nel 1999 in cui vinse la Tigre d’oro, pur essendo un vero e proprio “banco di prova” (un esperimento per l’allora giovane regista britannico), presenta già numerose caratteristiche e peculiarità che sono poi state riproposte nelle sue pellicole successive, divenendo l’elemento distintivo del suo stile non solo nelle riprese ma soprattutto nella trattazione della vicenda e nello svolgimento dell’intreccio principale – il suo marchio di fabbrica, insomma.

“Following” è un film auto-prodotto da Nolan, dunque con un budget molto ridotto, tanto che per risparmiare venne girato in bianco e nero su una pellicola 16mm  (decisione che paradossalmente risultò calare a pennello sull’atmosfera fredda e distaccata del film). Il regista non si occupò oltretutto solo delle riprese e della sceneggiatura ma curò anche fotografia, montaggio e post-produzione, cercando di ridurre all’osso le spese che gravavano sul suo stipendio confezionando alla fine un prodotto della modesta durata di 69 minuti. Following nella sua semplicità colpisce e spiazza lo spettatore rivelando le doti di un maestro della settima arte del XXI secolo, che nel bene e nel male sta trasformando la concezione di cinema contemporaneo.

Following narra le vicende di un aspirante scrittore, che un po’ per noia e un po’ per trovare la giusta ispirazione, inizia per “hobby” a seguire e spiare casualmente alcune persone finché non si imbatte nel misterioso Cobb (nome tra l’altro che Nolan riutilizzerà per il personaggio protagonista di “Inception”, interpretato da Leonardo DiCaprio) – ma questa è un’altra storia. Questi è un ladro di professione, con un’ideologia tutta (forse fin troppo) particolare che lo coinvolge nel mestiere. Ovviamente la trama prenderà una piega inaspettata, in particolare in seguito all’entrata in scena di una donna (dall’identità altrettanto oscura) della quale il protagonista si invaghisce.

Nolan costruisce un film apparentemente lineare, ingannando come oramai di consueto lo spettatore e lo stesso personaggio principale attraverso una serie di equivoci, di “non detto”, e prestando molta attenzione ad alcuni dettagli insignificanti che si riveleranno cruciali. Anche in questo caso la successione degli eventi viene stravolta sempre ai fini di confondere la reale dinamica delle situazioni, che si rivelerà solo in tutta la sua crudeltà a fine pellicola.

Nolan sceglie una regia scarna, prediligendo i primi piani del protagonista e introducendo lo spettatore in un vortice di continue riprese delle medesime scenografie che diventano come un labirinto e una trappola verso la quale lo scrittore viene attirato man mano, fino a cadere completamente nell’inganno del nemico. Sicuramente date le scarse basi economiche non è possibile soffermarsi troppo sul lato tecnico, ma è in ogni caso interessante notare come indipendentemente dall’importanza della produzione questo regista sia riuscito a mantenere nel corso degli anni il proprio tocco personale, la propria originalità nel realizzare film non convenzionali e mai banali (attraverso il raggiungimento di un equilibrio tra il prodotto commerciale, il blockbuster e il cinema d’autore).

Certo molte volte, come si è spesso sentito dire, Christopher Nolan pecca un po’ di presunzione nel voler proporre un cinema ardito, sperimentale e anche elitario in alcune scelte stilistiche. Ma non possiamo non riconoscere la volontà e il coraggio di difendere strenuamente il cinema come esperienza unica nel suo essere (e non trasferibile allo schermo di un pc), cercando in tutti i modi di attivare una risposta visiva ed emotiva nei propri lavori, nonché una riflessione e un dibattito che egli stesso alimenta attraverso i numerosi finali aperti.

Basti pensare al suo secondo film “Memento” (2000), che attraverso una serie di flashback, un montaggio serrato e incalzante, ci trascina dalla fine all’inizio permettendoci di scoprire alla pari del protagonista (affetto da amnesia) il reale svolgimento dei fatti.

Ma di questo parleremo la prossima volta.

Riccardo Coloris

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*