Il governo di Pedro e Pablo

foto da Il Messaggero

Vado un po’ controcorrente. In Spagna si è (finalmente, dopo vari tentativi) insediato un governo di sinistra moderata, non certo lo spauracchio agitato dalla destra spagnola, né un governo che metterà seriamente in discussione gli equilibri europei, anzi la Spagna di Sanchez punta a giocare il ruolo del bravo scolaretto al posto dell’Italia (certo niente a che vedere con PD e M5S che sono due caricature politiche per essere gentili). Vedendo i programmi, i propositi e i trascorsi, che sono più che condivisibili ma che mancano di una seria contestazione dell’austerità. Bisogna quindi notare che finora gli unici veri oppositori dell’austerità, il progetto politico neoliberale, sono stati fatti fuori violentemente dal potere: prima Varoufakis e poi Corbyn. Osteggiati dall’establishment e dalla sinistra medesima. Personaggi in diverso modo coerenti che tendono a privilegiare la verità che non l’attaccamento alla poltrona (è giusto anche ricordare Melenchon in Francia). Gli unici che hanno presentato programmi che non erano certo estremistici, ma piuttosto organici e strutturati, con una visione di insieme e per questo visti con grande ostilità. Rimangono ammessi, pur con riserva, alle stanze del potere i loro simulacri moderati, come Syriza e il Psoe, che sono in certa misura tollerati perché si limitano a pur apprezzabili politiche redistributive, ma tendono alla demagogia e non mettono in discussione l’architettura del sistema, che è il nostro vero problema. Quindi buon lavoro al governo di Pedro e Pablo, specialmente nella risoluzione della spinosissima questione catalana, ma… non prendiamo lucciole per lanterne! Quello che ci serve è un piano contro l’austerità e quindi riprendere il filo di programmi più coraggiosi di quelli considerati “ammissibili” nel contesto dell’UE deflazionaria o della Gran Bretagna che si riallinea sempre più velocemente agli USA.

Filippo Boatti

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