Il Vice

Il vice-presidente e ministro intervenendo al question time al senato della Repubblica Italiana nei giorni scorsi, ha spiegato che i destinatari del Reddito di Cittadinanza saranno : “ solo le persone perbene e chi si comporta onestamente…..abbiamo inserito in questa norma anche una serie di misure che contrastano i furbi. Se imbrogliano si beccano fino a sei anni di galera per dichiarazioni non conformi alla legge” per aggiungere poi:” non sarà dato un solo euro a chi sta sul divano,perché avranno tutta la giornata impegnata per la formazione e lavori di pubblica utilità…Non ci sarà neppure il tempo di lavorare in nero.”

Così parlò Luigi Di Maio, vice-presidente del Consiglio e ministro dello Sviluppo Economico, del Lavoro e delle Politiche Sociali, leader del Movimento 5 Stelle, nato ad Avellino nel 1986, cresciuto e formatosi a Pomigliano d’Arco, figlio di un’insegnante e di un imprenditore edile, anche il papà era attivo in ambito politico essendo stato dirigente del MSI prima e di An poi. Sempre su Wikipedia leggiamo che ha frequentato il liceo classico che si è iscritto alla facoltà di Giurisprudenza all’Università di Napoli senza conseguire la laurea, ma è giornalista pubblicista e ha lavorato come webmaster e anche come steward allo stadio  San Paolo di Napoli.

Ho accennato alla biografia personale del vice-presidente perché credo che abbia poca dimestichezza sulle tematiche che differenziano l’assistenza e la previdenza sociale, il loro sviluppo storico nazionale ed europeo e le loro funzioni. Il ministro se avesse studiato la storia delle politiche sociali in Europa, avrebbe potuto inserire  come esempi esplicativi nelle sue risposte al senato anche l’istituzione delle Workhouses ( case di lavoro)  con la supervisione  degli Overseers of poor istituiti quest’ultimi dalla Poor Law del 1601 promulgata  da Elisabetta I d’Inghilterra.

Sempre al vice-presidente e ministro forse è sfuggito che fra le caratteristiche del rapporto di produzione capitalistico c’è anche la “tendenza” ad estromettere un certo numero di lavoratori dal processo produttivo.

Tutti sanno che il Paese Italia è uno dei Paesi più vecchi al mondo e lo diventerà ancora di più nei prossimi anni. Nel 2014 la spesa sociale complessiva nel nostro Paese è stata pari al 29,9% in rapporto al PIL, percentuale superiore alla spesa europea che si attestava al 28%. Si tratta di dati che smentiscono il luogo comune secondo cui in Italia, per il Welfare, si spende meno che negli altri paesi. La verità è che si spende male e si erogano in particolare contributi economici a scapito dei servizi, o se preferite il nostro è ancora un sistema categoriale, assistenziale e centrato sui trasferimenti economici.

Le funzioni pubbliche in materia dei servizi sociali ( come anche sanitari e socio-sanitari) hanno subito vari cambiamenti nella seconda metà del XX secolo e  anche in questi ultimi anni , ma ancora non si è pervenuti alla definizione di misure che, perseguendo la ricomposizione degli interventi sulle persone e famiglie in maggiore difficoltà, costituiscano realmente azioni efficaci sui bisogni,garantiscano l’equità distributiva e siano efficienti nell’uso delle risorse.

Ci sono stati studi e proposte fatte in questi anni da autorevoli centri studi ( come es. IRS) o di studiosi o di movimenti, cito per ultimo l’Alleanza contro la povertà, e da tutti sono emerse proposte ragionevoli e compatibili economicamente, peccato che il livello politico abbia dimostrato poca attenzione nel merito.

Se potessi rivolgermi direttamente al ministro Di Maio gli chiederei se ha per caso letto “Emilio o dell’Educazione “il cui autore Jean-Jacques Rousseau è anche l’autore del “Il Contratto Sociale” opera notoriamente ispiratrice del movimento 5 Stelle la cui frase famosa iniziale è :” L’uomo è nato libero e ovunque si trova in catene”. E gli chiederei anche come se la immagina una madre sola con minori a Pomigliano d’Arco o a Cortina d’Ampezzo mentre si scapicolla tra un corso di formazione ed un lavoro di pubblica utilità senza potersi sedere sul divano una mezz’ora e senza la possibilità di comprare un Kinder per i suoi bambini. Ma forse il ministro ha solo letto il titolo di un’altra opera fondamentale:” Sorvegliare e Punire”.

Ma una domanda sorge spontanea:il PD cosa farà da solo o insieme a quei pezzi di sinistra che siedono in Parlamento durante la discussione sul decreto dignità?

Ad esempio potrebbe proporre un approccio più rispettoso delle sofferenze e bisogni dei poveri definendo le politiche sociali in modo universalistico con selettività ISEE volte ad integrare redditi insufficienti.

Proporre un reddito di inserimento ed un assegno per i figli minori o studenti fino ai 25 anni che sostituisca le detrazioni per i figli a carico, assumendo sempre l’ISSE come misura della condizione economica per realizzare la selettività. E poi ancora si potrebbe proporre una c.d. “ dote di cura” che assicuri un sostegno economico a tutte le famiglie con non autosufficienti o disabili di entità rapportata all’intensità del fabbisogno assistenziale che potrebbe sostituire l’assegno di accompagnamento e  parametrarsi sul bisogno assistenziale.

Questi sono solo alcuni esempi che nascono da positive sperimentazioni o leggi regionali e proprio per questo vanno rivalutate ed estese rafforzando i servizi e le professionalità che operano in essi.

Ed infine forse parlando con chi lavora ogni giorno sui territori e affronta quotidianamente le situazioni di bisogno, disagio e povertà si potrebbe lavorare con maggiore capacità propositiva e realizzativa avendo come compagni in questo percorso gli operatori dei servizi ed i destinatari degli interventi con il rispetto dovuto al popolo.

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