La fine del neo-egualitarismo populista

Mio nonno era solito ripetermi che “la conoscenza rende l’uomo libero”. Il nonno probabilmente ignorava che quella massima null’altro è se non la cattiva traduzione della frase di Sant’Agostino “fac sapias et liber eris”, ovvero “fai in modo di sapere e sarai libero”.

La differenza tra la traduzione e la frase originaria sta nel fatto che nella versione autentica la conoscenza non è qualcosa di statico né si riceve supinamente, bensì essa si conquista con lo sforzo: fa in modo di sapere, studia, apprendi…. così sarai libero.

Il concetto espresso da Sant’Agostino, tuttavia, è ancora più profondo, perché se la fatica è la strada per la conoscenza, la libertà è il premio per la fatica. Conseguentemente, anche la libertà non è più qualcosa di automatico, di scontato, a cui si ha diritto per il semplice fatto di essere venuti al mondo o di appartenere ad una comunità, ma è la ricompensa per lo sforzo della conoscenza.

Mettendo la frase in negativo potremmo dire: “se non ti impegnerai nel ricercare la conoscenza resterai schiavo”, o ancora: “chi sceglie di restare ignorante non sarà mai libero”.

Oggi però l’ideologia populista propugna e diffonde un malinteso senso di egualitarismo la cui idea di fondo potrebbe riassumersi col concetto per cui “la mia ignoranza vale quanto la tua competenza”. Ed anzi la competenza, il possesso di un titolo di studi e le conoscenze sono da guardare con sospetto e diffidenza perché vi è l’intimo sospetto che colui che le possiede appartenga alla casta e comunque che le sfrutterà per trarne indebiti vantaggi con danno per la collettività, composta prevalentemente da onesti sprovveduti.

Acquisito come vero il principio per il quale “uno vale uno”, inteso in senso abdicativo alla meritocrazia e al valore della conoscenza, il neo-egualitarismo populista chiude il cerchio giungendo ad affermare che l’eletto, il rappresentante, l’appartenente alla classe dirigente non ha necessità di alcuna formazione specifica ed anzi egli sarà tanto più fedele alla sua base quanto meno sarà erudito. Ciò accadrebbe per un non meglio definito principio dell’appartenenza, per effetto del quale, tra l’altro, il rappresentato si sentirà maggiormente tutelato ben potendosi immedesimare nel rappresentante (che gli è culturalmente pari) e vice versa. Il trait d’union, legame indissolubile tra eletto ed elettore, sarebbero la semplicità di pensiero e di espressione che li accomuna.

In un paese come l’Italia, che detiene il primato tra i paesi OCSE quanto a percentuale di adulti in età lavorativa che possiedono appena la licenza media, il neo-egualitarismo ha trovato terreno fertile raccogliendo tanto consenso da permettere al partito che ne è espressione di giungere alla guida del Paese.

Tuttavia, le conseguenze ed i limiti della filosofia neo-egualitarista non si sono fatti attendere.

A nemmeno un anno e mezzo dalle elezioni il partito che ne è rappresentanza è stato praticamente fagocitato dal suo alleato di governo. Il Parlamento a trazione grillo-leghista si attesta tra i meno fecondi delle legislature repubblicane e anche l’esecutivo che ne è espressione non se l’è passata meglio.

Se si ha riguardo ai numeri emerge che nei primi otto mesi dal suo insediamento questa legislatura ha varato appena 19 leggi. Per comprendere quanto poco produttivo sia stato il Parlamento espressione della maggioranza grillo-leghista è sufficiente considerare che nei primi sei mesi del Governo Renzi il precedente Parlamento aveva varato ben 50 leggi, ed altrettante ne erano state approvate nei primi sei mesi di vita del governo Gentiloni. Il dato è ancora più impietoso se si considera che l’80% dei provvedimenti approvati nell’attuale legislatura sono di iniziativa dell’esecutivo.

Originariamente anti euro, anti NATO, anti TAP, anti TAV, no vax, no trivelle, no ILVA, assertori della assoluta inanità dello spread (di cui i pentastellati asserivano addirittura l’inesistenza in contrapposizione alle scie chimiche), i 5stelle hanno assunto gli incarichi di governo con la leggerezza e la spregiudicatezza tipiche di chi ignora la complessità dei problemi e la drammaticità delle conseguenze, salvo poi restare travolti dalla realtà.

In pochi mesi il Ministro Di Maio si è visto costretto a rassicurare tutti sulla permanenza dell’Italia nell’Europa, nell’euro e nella NATO.

Approvata una manovra che innalzava il rapporto defict/pil al 2,04% per tre anni – manovra che aveva l’ambizioso obbiettivo di abolire la povertà – nonostante già nell’agosto del 2018 lo spread toccasse i 280 punti, il capo politico grillino affermava: “noi non ci facciamo ricattare”, salvo poi dover ammettere, nel maggio del 2019, che lo spread non solo esiste ma conta eccome, tanto da indurlo a dichiarare, re melius perpensa, che: “il M5s non voterà mai una legge di bilancio per aumentare il debito pubblico”.

Nell’anno di governo i populisti hanno anche abbandonato ogni velleità contrappositiva verso l’Europa, versando regolarmente all’UE la quota di contributi posti a carico dell’Italia dei quali si era millantato il taglio.

Solo pochi mesi fa Beppe Grillo, ideatore e filosofo dell’ideologia neo-egualitarista da cui è scaturito il Movimento 5Stelle e sino ad allora convinto esponente no-vax, ha sottoscritto l’appello del prof. Burioni contenente un patto prov-vax a difesa della scienza da ciarlatani e false convinzioni. Lo stesso governo di emanazione grillo-leghista, dopo aver promesso l’abolizione della legge Lorenzin sull’obbligo vaccinale, ha emanato un provvedimento che contempla il cosiddetto “obbligo flessibile”, attraverso il quale si potrebbe giungere all’aumento del numero delle vaccinazioni qualora calassero le coperture.

Tra le promesse elettorali vi era anche la definitiva chiusura dell’ILVA di Taranto, al cui posto i Governo grillino avrebbe fatto realizzare un parco meraviglioso capace, per dimensione e splendore, di assorbire l’intera forza lavoro dell’acciaieria con tutto il suo indotto; un progetto talmente fantasioso da suscitare l’ilarità dei detrattori della teoria neo-egualitarista. Anche in questo caso l’impatto con la realtà è stato durissimo ed il 6 settembre 2018 il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Luigi di Maio si è visto costretto a sottoscrivere l’intesa con ArcelorMittal. L’ILVA è ancora li.

Altra amara sorpresa per gli elettori grillini fu la scoperta dei decreti con i quali il Governo Conte autorizzava nuove trivellazioni nel Mar Ionio, dopo che il Movimento aveva sostenuto il referendum sulle trivelle del 2016.

Poi c’è la TAP (Trans-Adriatic Pipeline), il gasdotto trans-adriatico. Alle scorse politiche, nell’area di Malendugno (Lecce), i grillini avevano ottenuto quasi il 40% delle preferenze schierandosi con quanti volevano fermare la realizzazione dell’opera. Ai tempi gli esponenti del Movimento5Stelle presidiavano la zona con grossi striscioni contenenti il logo del partito e la scritta “Malendugno Libera. Lo stato difenda i Cittadini”. Il 2 aprile 2017, nel corso di un comizio, Di Battista prometteva solennemente che qualora fossero andati a governare avrebbero fermato la realizzazione dell’opera. Nei giorni immediatamente successivi all’insediamento del governo Conte, all’esito di un vertice del consiglio dei ministri, il Governo affermava che non vi sarebbe stata alcuna interruzione nella realizzazione dell’opera. Il Ministro per il Sud, Barbara Lezzi, la stessa che aveva collegato la crescita del Pil all’aumento delle temperature e quindi dall’uso dei condizionatori, affermava “Non abbiamo nulla di cui vergognarci, non avevamo a nostra disposizione una serie di dati che forniremo pubblicamente. (…) Oggi abbiamo le mani legate, c’è un costo troppo alto che dovremmo far pagare al Paese e per senso di responsabilità non possiamo permettercelo”.

Gli esponenti 5Stelle hanno certamente raccontato molte menzogne ai loro elettori, più di quante siano soliti raccontarne i politici in campagna elettorale. Ma molte delle cose dette, molte delle proposte fatte, sono frutto dell’ignoranza e dalla superficialità.

La prova più consistente dell’ingenua faciloneria grillina si è avuta in questi ultimi giorni. Già da un po’ il Governo appariva allo sbando e se ne percepiva la fine imminente. Il Movimento5Stelle avrebbe avuto più convenienza a staccare la spina, invece ha atteso che lo facesse la Lega dopo l’approvazione del decreto sicurezza bis e della TAV, invisa ai 5Stelle.

La realtà è stata tanto dirompente che è presumibile si possa archiviare quest’esperienza e con essa la teoria neo-egualitarista. Il Movimento 5Stelle sopravvivrà, ma è molto difficile che riesca a conservare un bacino di voti superiore al 15%. Tuttavia, prima che il Paese torni alla realtà ci vorrà ancora qualche tempo, quello che occorre perché si palesi il fallimento del prossimo governo sovranista.

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