La guerra dei trentanni

È chiaro il riferimento alla guerra che durò dal 1618 al 1648 e che sconvolse l’Europa, in particolare la Germania.

Perché questa entratura?

Poiché, in realtà, dal 1992 al 2022, la storia della Seconda Repubblica ci porta in un meandro di problemi, in una fitta rete di grandi difficoltà economiche e politiche.

Dobbiamo essere onesti con noi stessi: la Prima Repubblica, quella che va grosso modo dal 1948 al 1992, è stata sicuramente foriera di grandi cambiamenti in tutti i settori, dall’economia, ai rapporti inter-personali, a un possibile ascensore sociale per le donne, ad un boom che non è stato soltanto esterno, ma interno, etico nella visione del mondo.

Nel periodo post-bellico l’Italia è diventata un paese interessante in tutti i sensi, passando da una miseria politica, economica e morale ad un risorgimento che la poneva finalmente al livello dei paesi sviluppati; ricordiamo, ad esempio, che negli anni ’70 il Pil dell’Italia raggiungeva e superava quello del Regno Unito, fatto quasi incredibile.

Io stesso ho vissuto parte di quello straordinario boom, ormai nella fase calante, e devo dire che vedevo sorgere edifici, case ed industrie ad una velocità sorprendente, ma, come sappiamo, in tutte le cose c’è un apogeo e poi un lento declino. Così è stato anche per il boom italiano.

Nel 1992, alla fine tempestosa della Prima Repubblica, non c’era un programma chiaro di quello che si doveva fare o programmare, ma nasceva il bisogno del Leader.

Già Craxi era stato foriero di questa novità, ma Berlusconi doveva presentarsi come tale per il suo sviscerato amore verso l’Italia, che era poi Berlusconi stesso.

Berlusconi, il simbolo del liberalismo, dell’individualismo, della libertà (sic?).

E a Sinistra?

Da Occhetto in poi, una serie di magri figuri, che, attraverso varie metamorfosi, aventi come teatro perlopiù Roma, e quindi con connotazioni vampiresche, doveva far transitare olivi e margherite verso il PD, pronubo il verboso e pretesco Veltroni, che condusse lemme lemme il partito alle attuali disgrazie, avendo come osservatori avventurieri alla Renzi, personaggi alla Don Abbondio come Bersani, per finire nelle braccia del transfuga parigino Letta, di cui conosciamo le passioni catacombiche e l’assoluta mancanza di rapporti con il popolo che lo dovrebbe eleggere.

In poche parole, un disastro totale e non vorrei neppure dimenticare il Prof. Prodi, che, permettendo una trasformazione totalmente sbagliata da Lira ad Euro, ha provocato un terremoto nell’economia spicciola, come se di terremoti non ce ne fossero già abbastanza.

Poi l’atteggiamento elettorale dei votanti, dal 40,8% di Renzi alle elezioni del 2014, al 32,8 % del Movimento 5 Stelle nel 2018, movimento che io ho sempre considerato un fantasma inesistente, al 36% di Salvini nel 2019, sino all’ingiustificato 26% nel 2022 di Fratelli d’Italia, questo ondeggiare susciterebbe l’ilarità di un osservatore d’oltralpe, il quale sosterrebbe che l’Italia non fu, non è, non sarà mai un paese serio.

Forse io sono un San Giovanni Battista rinato? No sicuramente, ma trovo che un po’ di buon senso non guasterebbe.

Contro questo Stato, questo Governo, così prodigo verso i ricchi e così tirchio verso i poveri, io non vedo che una sola soluzione: ridare forza alle singole regioni che, esse sì, sono espressione di una democrazia dal basso, dai comuni, dalle province verso una effettiva risposta alle esigenze degli elettori, che sono completamente diverse al nord, al centro, al sud ed alle isole.

Contro chi strilla per il grande disequilibrio economico fra le regioni, io rispondo: che ci sono stati centocinquanta anni per ovviare a tale situazione e che, essendo comunque parte dell’Europa, non possiamo permetterci ulteriori distanziamenti da essa.

Per le regioni disagiate ci sono comunque fondi europei, i fondi del mercato mondiale che possono provenire da Stati Uniti, Cina, Giappone ed inoltre l’ausilio delle regioni italiane più agiate, ma è chiaro che la distribuzione di fondi a pioggia non può più essere accettata, bisogna che gli accordi fra i contraenti siano chiari, stringenti e che non sia più possibile far evaporare i prestiti come nel passato.

Chi mi viene in mente con questa soluzione? Avrete già capito che parlo di Carlo Cattaneo, un grande umanista-economista, che non a caso svolse la sua attività fra Lombardia ed alcuni cantoni della Svizzera.

Si ritorna là dove si era partiti, la fonte della democrazia e della libertà è locale, non è necessariamente qualcosa di cantato come la Marsigliese o Fratelli d’Italia (alludo al canto), ma è solidamente ancorato al “Genius Loci”, che ci parla di tante cose altrimenti incomprensibili.

Quindi non più un calderone in cui si butta dentro tutto pur di avere un ritorno minimo, ma qualcosa che sia saldamente legato alla terra, al mare, al cielo delle Regioni.

Viator

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*