Lavoratori della sanità al collasso. Serve una svolta

Su segnalazione di Renzo Penna pubblichia l'articolo comparso su "Collettiva"

Il monito di Cgil e Fp: “La situazione nel settore è sempre più critica, il personale è stanco e disilluso. Mancano infermieri e operatori socio-sanitari. Le scelte del governo vanno in direzione del privato. Bisogna intervenire subito, alziamo il livello di mobilitazione”

I lavoratori della sanità italiana sono stremati: serve subito una svolta. A quasi due anni dallo scoppio della pandemia, nel pieno di una ulteriore ondata di contagi, l’organizzazione del servizio sanitario nazionale messa in campo da moltissime Regioni mostra ancora molte problematiche già presenti prima del Covid, aggravate dagli esiti dei ventidue mesi che abbiamo alle spalle. Inizia così la nota congiunta di Cgil nazionale e Fp Cgil, che lanciano l’allarme.

Il sindacato quindi spiega: “Non è purtroppo necessario guardare al cambio di colore al quale nuovamente si stanno approssimando molte regioni per avere contezza della situazione reale. Le scene che si stanno ripresentando in questi giorni – infatti -, con pronto soccorso in cui sono assenti percorsi dedicati al trattamento esclusivo dei pazienti Covid e file di ambulanze fuori dalle strutture, danno dimostrazione di come alcuni insegnamenti siano stati ignorati”.

Così come sono, sostengono confederazione e categoria, “il continuo convertire e riconvertire strutture, il frequente depotenziamento delle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) laddove costituite, la permanente difficoltà della medicina generale attestano come si sia guardato alla pandemia come a un evento di forte impatto ma di breve periodo, cosa evidentemente smentita dai fatti, con il risultato che sono evidenti i danni derivanti dal mancato svolgimento delle attività ordinarie”.

“A tutto questo – sottolinea – è chiamato ancora una volta a far fronte un personale oramai stremato e disilluso, in quantità colpevolmente insufficiente anche a causa delle scelte effettuate dalle Regioni, che non sempre hanno assunto nelle quantità consentite loro dai provvedimenti emergenziali e che fino a pochi giorni fa non si sono fatte scrupoli a non rinnovare contratti precari che stavano scadendo. In questo quadro, in cui nonostante le norme dedicate i precari non si assumono, assistiamo sempre più di frequente a lavoratori a tempo determinato che scelgono di licenziarsi”.

“Mancano i professionisti, in particolare infermieri e operatori socio-sanitari. Per i primi – secondo Cgil e Fp – continuiamo a pensare sia necessario prevedere una sospensione del numero chiuso per l’accesso alle facoltà universitarie, ma forse è giunto il momento di pensare a misure straordinarie simili a quelle che sono state adottate per favorire, data l’emergenza, l’ingresso dei medici specializzandi nelle strutture”.

Per quanto riguarda gli OSS, invece, “è impensabile che si arrivi alla necessaria revisione della figura, nel silenzio della Conferenza delle Regioni, attraverso i ripetuti tentativi di questa o quella regione di adottare provvedimenti che pensano di supplire alla carenza infermieristica semplicemente trasferendo competenze agli OSS. Un modo, in assenza di un disegno nazionale organico, per abbassare i costi a scapito dell’assistenza agendo sul costo del lavoro”.

“A fronte di tutto ciò – si legge ancora nella nota – le misure adottate con gli ultimi provvedimenti dal governo continuano a postare ingenti quantità di denaro pubblico in direzione di un privato che, anche in questa occasione, pare rispondere meno del dovuto alle necessità del Paese, e quando lo fa, basti vedere l’indegna speculazione delle farmacie sul costo delle mascherine Ffp2 prima e dei tamponi ora, pare rispondere ad altre logiche”.

“È forte la preoccupazione che le scelte reali che si stanno via via adottando, anche in previsione della traduzione operativa dei progetti del Pnrr, possano portare, con la condivisione di buona parte della politica e di tante rappresentanze lobbistiche, a una progressiva cessione di quote rilevanti di gestione del servizio sanitario nazionale in direzione di chi dimostra di considerare la salute dei cittadini come una variabile da declinare in funzione dei margini di profitto che se ne possono ricavare. Uno scenario avverso – conclude la nota – che rende indispensabile innalzare ulteriormente il livello di presidio e di mobilitazione”.

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