Le direzioni di marcia del governo “giallo-verde”

Decrescita economica e livellamento verso il basso di stipendi e pensioni

Gli enormi progressi nella trasmissione delle informazioni resi possibili dallo sviluppo delle telecomunicazioni e dall’informatica, il calo dei costi di trasporto, la crescente integrazione dei mercati finanziari in un unico mercato mondiale, la sostanziale incontrollabilità dei flussi migratori portano a un confronto sempre più diretto di ciascun paese con il resto del mondo.

In un regime di non perfetta, ma sempre meno difficile trasferibilità delle tecnologie, la concorrenza dei sistemi economici a basso costo del lavoro esercita una pressione sempre più forte sulle condizioni dei lavoratori dei paesi sviluppati, all’inizio soprattutto dei lavoratori meno qualificati, ma gradualmente anche di quelli più qualificati, con una generale perdita di terreno anche delle classi medie. La stessa cosa vale per le normative ambientali e sulla sicurezza nei posti di lavoro, come per l’imposizione fiscale sulle imprese: la concorrenza internazionale comporta anche per questi aspetti un allineamento verso il basso.

Questo ci porta a richiamare il problema della globalizzazione

I problemi economici si intersecano in questo caso con quelli demografici, politici, sociali e culturali proponendo scelte difficili e riguardano l’assetto istituzionale dei diversi paesi e, più in generale, e le diverse forme di convivenza sociale.

Le soluzioni neoliberiste, sostanzialmente adottate nel decennio precedente sacrificano l’elemento della coesione sociale, oltre che a una distribuzione sufficientemente egualitaria del reddito, portando ad una crisi politica e sociale, ma anche economica di dimensioni mondiali, con la diffusione di movimenti populisti..

Bobbio sosteneva che la sostenibilità dello sviluppo economico richiede un sufficiente grado di coesione sociale che si fonda sul contenimento delle disuguaglianze e su una ben funzionante democrazia politica che tramite il confronto aperto tra i vari interessi e le varie concezioni del mondo garantisca una scelta di rotta – continuamente rivista – nell’interesse del bene comune.

L’economista Piketty, nel suo libro “Il Capitale del XXI secolo” dimostra come il 40% della ricchezza mondiale sia nelle mani nell’1% della popolazione.

Dahrendof, 1995, sottolinea che “il compito che incombe sul Primo Mondo (quello occidentale) nei decenni prossimi (quelli attuali)  è far quadrare il cerchio fra creazione di ricchezza, coesione sociale e libertà politica”.

Di fronte alla complessità di questi problemi epocali i movimenti sovranisti e populisti di cui Salvini e Di Maio sono in Italia, i massimi esponenti, propongono un ritorno al passato. Un arretramento storico con il rilancio degli Stati nazionali, delle vecchie monete, il ripristino delle vecchie frontiere, dei muri e dei dazi doganali come sta effettuando Trump negli USA.

La scelta non è, e non può essere la “decrescita”e tanto meno un arroccamento entro i confini nazionali con politiche distributive di tipo assistenziale.

Al contrario, dobbiamo accettare la sfida e puntare decisamente sullo sviluppo economico, investire sulla ricerca e sull’innovazione, sul potenziamento della scuola e sul rinnovamento delle nostre infrastrutture: strade e ferrovie. Siamo una delle nazioni più sviluppate del pianeta, disponiamo di un potenziale creativo, professionale e culturale che molti ci invidiano, dobbiamo puntare in avanti e non regredire verso il passato.

Non esiste la “decrescita felice”. Abbiamo bisogno di accrescere la ricchezza creando nuovi posti d lavoro. Il futuro dell’Italia non può essere individuato nella “decrescita” e tanto meno in una società basata sulla diffusa assistenza sociale, queste politiche accrescono la disoccupazione, portano all’isolamento sul piano internazionale e all’impoverimento progressivo del nostro paese.

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