Uscendo dalla barriera alpina, anche solo di un pochino, è possibile rendersi conto di quanto pesi poco l’Italia, di quanto il nostro vociare, il nostro stesso “trasformismo” interessino poco. Solo “bla, bla, bla” di personaggi più o meno ordinari, legati a riti e a parole del passato. Nel giro di un mese, e di un mese infuocato come quello che ha visto come protagonisti i principali leaders politici italiani, nei telegiornali tedeschi, sia nei canali ufficiali, sia nelle reti private, di “fatti italiani” c’era ben poco. Giusto qualche accenno al Presidente Conte che “er suchte” “cercava” nuovi equilibri e alle due “macchiette” di turno: l’amante delle spiagge Salvini e l’eterno inaffidabile Di Maio. Ma niente di speciale…giusto una spruzzata di informazioni, niente di più. A constatare quanto poco siamo considerati non possono non venire in mente le parole sferzanti di Salvemini in riferimento ad una classe politica incolore e approssimativa e, di rimando, a formazioni partitiche che sono poco più di bocciofile o, peggio, consorterie di furbi. Dopo cento anni le cose non sono cambiate. E, soprattutto, non sono cambiate nella componente più delicata, quella della maturazione di uno spirito critico, di un civismo generalizzato…. Infatti “Gobetti, come Salvemini, diffida dei partiti. Uno dei temi costanti della sua battaglia politica è la polemica contro i partiti. Il suo libro Rivoluzione liberale, è una rassegna critica dei partiti presenti in quegli anni sulla scena politica italiana. Come il suo maestro Salvemini, egli ritiene preliminare un’opera di educazione politica, in un paese come l’Italia la cui tradizione politica è il trasformismo. Lo scopo principale della rivista “La rivoluzione liberale”, che nasce nel febbraio 1922, quando il fascismo è ormai alle porte, è, come si legge nel “Manifesto”, di mettere in evidenza “la mancanza di una classe dirigente come classe politica”, e, in altre parole, la necessaria formazione di una nuova classe dirigente, e prima di tutto di intellettuali e tecnici, che sopperiscano alla tradizionale mancanza “di una coscienza e di un diretto esercizio della libertà””. (Franco Livorsi su “CittaFutura” – http://www.cittafutura.al.it/sito/intervista-norberto-bobbio-sul-liberalsocialismo/ ; – “Intervista a Norberto Bobbio sul liberalsocialismo” del 2 settembre 2019).
Una incapacità a vivere la politica nella sua pienezza che ci porta ad avere bisogno di un gregge a cui aggregarsi, di un “capo” a cui fare riferimento (e a cui delegare movimenti e strategie), di qualcuno / qualcosa su cui scaricare le colpe, tutte, nessuna esclusa. Destinati – per sempre – a “servire Franza o Spagna”. Il precedente governo aveva intenzione di invertire la condizione di marginalità cronica con una serie di provvedimenti che prevedevano spese con coperture risicate. Il tutto con una superficialità ed un bagaglio tecnico-giuridico approssimativo che non poteva che crollare come un castello di carte al primo scossone. E il colpo finale è venuto dall’interno stesso della struttura: quando sedicenti potentati e presunti rappresentanti di veneto e Lombardia si sono accorti che nemmeno Salvini poteva fare la magia di utilizzare tutti (e soltanto) i soldi delle relative produzioni lombardo-venete ad uso esclusivo dei locali…hanno forzato la mano. Ma la Lega era già diventata altro, un partito di destra classico, con tanto di difesa di patria, bandiera, crocefisso e tonache. Un simil Movimento Sociale che non avrebbe risolto nulla. E che – piano piano – si stava adeguando, non avrebbe potuto fare altro, alle indicazioni di Bruxelles. A quel punto si è provato il colpo, complice la canicola e la debolezza del PD. Obiettivo elezioni. Ma qualcosa è andato storto….
Di lì l’ “operazione Von der Leyen” con un primo timido approccio congruente fra centrosinistra italiano e movimento Cinque Stelle, definito ancora nell’ultima edizione del “Die Welt” come partito anti-Sistema (in originale in italiano), di lì – presumibilmente – tutta una serie di telefonate fra Grillo, Renzi, Gentiloni, Zingaretti, la Beghin e chissà quanti altri con un unico obiettivo: fermare la Lega e, soprattutto, arginare Salvini. Attenzione!…niente di più di un primo passo verso una definizione migliore di strategie ed obiettivi, comunque rilevante, per l’Italia e per l’Europa. Soluzioni attese nel contenimento delle spese, nelle riforme strutturali e, soprattutto, nel recupero del debito pubblico astronomico. E di questo qualcuno in Germania se ne è accorto, almeno nella “carta stampata”.
Per esempio il “Frankfurter Allgemeine Zeitung” che ha manfestato in queste ultime settimane più di un segno di soddisfazione; pur mantenendo interrogativi e sospetti che la stampa – correttamente – si incarica di rappresentare. Sarà forse per l’impressione di modestia e azzardo (sic) che ha dato la nomina al delicato ruolo di ministro degli Esteri di un inesperto Luigi Di Maio, che si conquista il titolo centrale sulla prima pagina della Frankfurter Allgemeine Zeitung, con tanto di appellativo di” populista di sinistra”. Oppure per quel programma di governo che, per quanto vago, sembra prevedere sempre nuove uscite nella speranza che questa volta Bruxelles (e Berlino e Parigi) chiudano benevolmente un occhio. “L’Italia resta un partner difficile”, afferma senza problemi Tobias Piller: “Il principio di base dalla fondazione della moneta unica è semplice, i debiti non devono crescere più delle entrate. In Italia è invece da attendersi proprio una tale evoluzione, che potrebbe destabilizzare l’intera eurozona”. Non nascondiamoci dietro un dito, anche con il nuovo governo l’Italia – per gli altri – resta un partner difficile, con molte promesse, pronta al conflitto e con poca voglia di fare riforme strutturali. E anche il giorno dopo (esattamente l’8 settembre) , la Faz non fa sconti: “È evidente che i punti di scontro che logorano i rapporti fra Italia e Ue non scompariranno, perché si basano su motivi materiali come l’insoddisfacente sviluppo economico e lo stato delle finanze” (1) , è scritto in un breve editoriale di due giorni fa. Un passo in avanti sarà però costituito dalla fine dell’animosità nei rapporti: “Salvini divulgava la favola che Germania e Francia desideravano un’Italia debole, perché in questo modo poteva innalzarsi a vendicatore dell’orgoglio italiano”, conclude la Faz, “mentre è vero il contrario, Berlino e Parigi vogliono un’Italia che possa dare un forte contributo all’Europa”.
Non molto diverso l’approccio del “Die Welt” che segnala con forza che a Berlino non si prende alcuna responsabilità (o merito, a seconda dei punti di vista) sui cambiamenti intervenuti in Italia. “Il sensazionale asse fra gli antipolitici disubbidienti e i tanto odiati professionisti del governo è stato forse ideato già da tempo più a Bruxelles che a Roma”, riferendosi al voto congiunto dei due nuovi partner di governo per Ursula von der Leyen. “Sembrerebbe che, da quel momento, il primo ministro Conte si sia messo alla ricerca di alleati in vista di un ammorbidimento dei toni con l’Ue”, prosegue la ricostruzione del quotidiano conservatore, “e mentre Salvini irrigidiva le sue dichiarazioni e partiva per un tour elettorale in costume da bagno, i pentastellati si accordavano per un cambio di cavallo con la benedizione del fondatore Beppe Grillo” (2)
Molti quotidiani, fra cui la Süddeutsche Zeitung, prendono spunto dalle prime mosse sul tema degli immigrati per mettere in luce la rottura più evidente del Conte due, quella del ministro degli Interni. Attenzione… stiamo sempre facendo riferimento ai giornali, alla carta stampata e alle edizioni web, totalmente libere in Germania (con tanto di traduzione in inglese e francese); per le TV e le radio il discorso è diverso e, purtroppo, si ha come l’impressione che stia avanzando anche in Germania una operazione di massificazione e di “reductio ad unum”, ma – questa volta – non si tratta dei testi sacri ma delle tendenze fornite dagli/dalle influencer. Comunque è proprio la Süddeutsche a mettere in evidenza la figura di un funzionario prefettizio, dirigente di lungo corso del Viminale, definito “spitzentechniker” quella Luciana Lamorgese che è stata eletta ad anti-Salvini e – di conseguenza – il quotidiano di orientamento socialdemocratico di Monaco si attende che “normalizzi e depoliticizzi l’approccio nei confronti dell’immigrazione”. Nel commento del 9 settembre sul nuovo governo, il giudizio della Süddeutsche è più ottimista, a partire dal titolo: “Un segnale di speranza”. Stefan Ulrich che lo firma indugia nella prima parte su alcuni eterni cliché italiani: “Un paese sostanzialmente conservatore, individualista”, nel quale “il bene della famiglia e forse della propria comunità stretta” è più importante di quello comune nazionale e ove vige “troppa corruzione, nepotismo, faziosità e continui litigi per le cariche”. Questo Paese, suggerisce la Süddeutsche, può ritrovare il suo potenziale economico “se gli italiani intraprenderanno un difficile processo di riforma, cosa a cui non si sono dimostrati preparati negli anni scorsi”. Salvemini gli darebbe ragione ma è proprio questo costante sentirsi “inadeguati” a giustificare l’isolazionismo infantile di buona parte degli italiani.
È probabile che le concessioni sugli obblighi di bilancio il nuovo governo di Conte le possa trovare a Bruxelles più che a Berlino, anche se probabilmente saranno commisurate alle strategie del piano di Ursula von der Leyen, le cui anticipazioni sembrerebbero andare più incontro alle necessità dell’industria francese e tedesca che a quelle dei bilanci italiani. La nomina del già Primo ministro Gentiloni sembra andare in tal senso, con una ricerca di coinvolgimento, – comunque- del meglio del personale politico in questa delicata fase. Da parte tedesca il mantra resta sempre lo stesso e il ministro Olaf Scholz lo ha ripetuto ieri a un convegno sulle banche a Francoforte. A una domanda sui suggerimenti degli economisti a indebitarsi per affrontare il rallentamento dell’economia, il ministro ha risposto: “I debiti restano debiti e prima o poi devono essere ripagati. Dobbiamo perseguire una politica di bilancio solida e vedere quali sono le esigenze finanziarie”. La Germania resterà prudente verso politiche espansive e lo resterà anche nei confronti di quelle degli altri (3).
Comunque la situazione è talmente incancrenita e “seduta” su stereotipi che l’Handelsblatt, il quotidiano economico che interpreta gli umori del mondo economico e finanziario tedesco, regala al nuovo governo Conte due articoletti striminziti (i paginoni se li prendono Boris Johnson e la Brexit). Già i titoli dicono tutto: “Nuovo governo, vecchi problemi” è intitolato l’articolo di cronaca, “Nessun periodo di grazia” è quello di commento. “Tutte buone notizie…. eppure resta un senso di disagio se si pensa al futuro dell’Italia”, scrive la corrispondente dell’Handelsblatt Regina Krieger, “il programma economico della nuova coalizione è vago e non impegnativo (…) e una sola cosa è certa, nei prossimi anni ci sarà un bilancio espansivo che non pregiudicherà la stabilità delle finanze pubbliche”. Il quotidiano di Düsseldorf riporta le promesse di neutralizzare l’aumento dell’IVA, di ridurre le tasse e di introdurre un salario minimo: “Quel che manca è l’indicazione delle coperture” (4). Manca anche una visione e una strategia per un Paese fortemente indebitato, da anni incapace di crescere, prosegue l’Handelsblatt e indica una serie di punti che avrebbero potuto dare concretezza alle ambizioni del governo e che invece non ci sono: riforme, industria 4.0, innovazione, digitalizzazione, ricerca, messa in rete delle realtà universitarie. “L’incubo euroscettico è finito ma non c’è alcun periodo di grazia per questo governo”, è la conclusione di Krieger.
E come darle torto… E’ vero hanno (anzi, “abbiamo”) tre anni di tempo per invertire concezioni poco favorevoli ma il lavoro da fare è tanto. Ci sentiamo di indicare tre percorsi sicuri su cui intraprendere un cammino accidentato ma necessario: il lavoro prima di tutto, il più sicuro e continuo possibile, il meglio retribuito e il più inclusivo rispetto a tutti, ma proprio tutti. Parole? Può essere… i politici sono lì apposta per trovare soluzioni…Le trovino. Lo studio / la cultura: una Nazione che è al penultimo posto su 27 nel rapporto spesa per la cultura/istruzione vs spese generali non solo deve cambiare registro, deve assolutamente usare le leve della cultura per arrivare dove la mafia, il malaffare, l’emarginazione – da sempre – bloccano aspirazioni e vite di giovani e meno giovani. Per ultima, ma non meno importante, l’attenzione ai servizi ai cittadini, ai trasporti, alla sanità, al passaggio alla digitalizzazione, alla pulizia, al decoro delle città, al miglioramento dei trasporti tra aree urbane, campagna, collina e montagna. Anche qui il lavoro da fare sarà molto…ma solo con risultati concreti, visibili e ben veicolati si uscirà da quella linea d’ombra che caratterizza rassegnazione, insensibilità e rancore.
https://www.sueddeutsche.de/politik/bundestag-haushalt-scholz-1.4594583 (3)
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