Lo “scalo” di Alessandria. Un po’ di storia

 

L’idea di valorizzare il triangolo territoriale della provincia di Alessandria
compreso tra il capoluogo e i poli del novese e tortonese nasce nella seconda
metà degli anni ’90 su impulso della Giunta provinciale, allora guidata da
Fabrizio Palenzona.
L’inquadramento preliminare delle potenzialità e delle criticità di questo
disegno di sviluppo è affidato a uno studio indipendente rispetto alle
dinamiche locali: l’Istituto di ricerche economiche e sociali del Canton Ticino.
Sin dalle sue prime mosse, il processo di definizione degli obiettivi si fonda su
alcuni elementi oggettivi: il sostanziale sottoutilizzo dei porti di Savona-Vado
e Genova in rapporto alla loro possibilità di crescita determinate tanto dalla
prossimità delle ricche aree comprese tra la Pianura Padana e le Regioni
tedesche del Baden-Wurttenmberg e della Baviera, rese ancor più concrete
dal raddoppio di Suez; le problematicità di carattere orografico determinate
sugli ambiti direttamente portuali dalla prossimità dell’Appennino, che
comportano la necessità di immaginare nel basso Piemonte orientale la
collocazione di aree retroportuali adeguatamente attrezzate.
Su questi presupposti, dopo un periodo di gestazione contrassegnato da una
serie di accordi tra enti territoriali, enti camerali, autorità portuali e
associazioni imprenditoriali di entrambi i versanti, viene costituita la “Società
per la logistica dell’arco ligure-alessandrino”, in forma di srl. SLALA è il nome
che la compagine manterrà anche dopo la sua trasformazione in Fondazione.
Gli obiettivi di SLALA si precisano nella prima metà degli anni 2000, anche in
relazione al processo di progettazione del Terzo Valico, ma non solo. Essi
sono così riassumibili: a) intercettare sul territorio le opportunità di sviluppare
attività intermodali e, soprattutto, logistiche in grado di creare valore aggiunto
alle merci nelle ultime fasi di trattamento, precedenti le destinazioni di
mercato; b) recuperare dall’abbandono, rifunzionalizzare e valorizzare gli
impianti di Alessandria, Novi Ligure e potenziare le attività già presenti
nell’area di Rivalta Scrivia; c) perseguire l’obiettivo di riequilibrio modale dei
traffici, da gomma a ferro, in coerenza con le finalità di sostenibilità
ambientale e di decongestionamento della rete autostradale e stradale.
Nella seconda metà dello scorso decennio, in coincidenza da un lato con
l’approvazione da parte del CIPE del progetto definitivo del Terzo Valico nel
2006, dall’altro con il nuovo disegno di sviluppo del Porto di Genova, il piano
di lavoro si precisa nei suoi primi steps operativi. L’autorità portuale genovese istituisce una commissione tecnica che ha il compito di valutare, tra più di
dieci candidature piemontesi e lombarde, quale sia l’area retroportuale più
adatta per le proprie esigenze. La scelta, dopo i necessari approfondimenti
tecnici, cade sullo Scalo di Alessandria.
Da questa scelta, codificata nel masterplan redatto dalla Regione Piemonte
(che in questo stesso lasso di tempo entra nella compagine di SLALA,
attraverso Finpiemonte, così come fa la Regione Liguria con Filse),
discendono alcuni ulteriori passi. Si costituisce la “Società del retroporto srl”,
che ha per partners principali lo stesso Porto di Genova, la società del gruppo
Ferrovie dello Stato, FS Logistica, Finpiemonte Partecipazioni, SLALA in
rappresentanza degli enti locali minori.
Il piano operativo della neonata società prevede che la Regione investa una
prima tranche di 10 mln di euro per la realizzazione della strada di
collegamento tra lo Scalo e la tangenziale di Alessandria, e una seconda
successiva tranche di 20 mln di euro per l’adeguamento infrastrutturale;
l’intervento del Porto di Genova prevede invece ulteriori 20 milioni di euro per
l’attrezzaggio e le tecnologie necessarie al funzionamento delle attività. La
partecipazione della società FS Logistica è prevista invece nella forma del
conferimento delle aree di sua proprietà.
Su questa base, la Regione Piemonte stanzia dieci dei 12 milioni necessari
alla realizzazione della strada, affidandone alla Provincia la progettazione,
che arriva sino a un avanzato livello preliminare. E qui tutto si ferma. Un po’
perché arriva la crisi, che certo complica il quadro dei commerci e dei traffici.
Ma soprattutto perché gli indirizzi politici e amministrativi tanto della nuova
Giunta regionale guidata dal leghista Cota, quanto di quella comunale guidata
da Piercarlo Fabbio, mutano radicalmente.
Per ragioni che ancora oggi mi risultano misteriose, il Comune di Alessandria
abbandona l’idea di rilancio dello Scalo e riformula l’idea di sviluppo della
logistica orientandola su S.Michele (?). Mentre il novarese Cota decide di
mettere una pietra su Alessandria, vista come concorrente del Centro
Intermodale della sua città. Nell’immediato ciò comporta la cancellazione
delle risorse stanziate su Alessandria dalla precedente amministrazione
regionale di centrosinistra: analogamente a quanto avviene con la
cancellazione dei soldi già destinati all’elettrificazione della Casale-Vercelli.
Senza che, tanto nell’uno quanto nell’altro caso, la voce dei locali consiglieri
di centrodestra faccia almeno un sussurro di protesta.
Lasciata senza soldi e senza oggetto, la “Società del retroporto” viene sciolta.
E, va detto per onestà, lo Scalo di Alessandria entra in un cono d’ombra dal quale neppure gli anni di successivo governo regionale di centrosinistra sono
serviti a tirarla fuori. Personalmente, nel periodo in cui sono stato alla guida di
SLALA, ci ho provato ma senza successo. Vuoi per la “distrazione” del
governo nazionale, vuoi per la sorda ostilità dei principali gruppi locali del
settore.
Non mi pare che da un anno e più a questa parte ci sia qualche concreta
novità da registrare. Purtroppo. Il che non vuol certo dire che ci si debba
rassegnare.

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