Los von Rom

E’ una frase che si sentiva molto durante la Prima Guerra Mondiale e che si è ripetuta sovente negli anni ’60 del secolo scorso, quando alcuni terroristi del Sud Tirolo facevano saltare i tralicci della corrente elettrica.
Dal Kursaal di Merano si sentivano distintamente le esplosioni provocate da Georg Klotz, il famoso “martellatore della Val Passiria”.
Il testo è chiarissimo: “via da Roma”.

Senza fare collusioni con le ideologie di Georg Klotz, in tutta onestà bisogna dire che ci sono due Roma: l’una è quella imperiale, piena di monumenti antichi ed eterni, e assieme ad essa quella papale, ricca di arte e storia millenaria, poi quella dei monumenti tardo-barocchi che creano ammirazione in tutti i turisti, infine certi luoghi molto caratteristici e tipici che ti danno un senso di intimità e di calore; l’altra, come se Roma stessa fosse una sorta di Giano Bifronte, è quella sporca, inefficiente, piena di buche e di buchi nell’amministrazione pubblica, nella quale certe affermazioni del Municipio ti fanno cadere le braccia per la loro sostanziale dichiarazione di impotenza.
La parola inglese “inconsistency” definisce bene questa condizione di assoluta e totale inefficienza.
Mentre la prima Roma è meravigliosa, la seconda non è in grado di rappresentare neppure se stessa, e, quindi, come potrebbe rappresentare l’Italia?
Gli scandali, le malefatte, la voragine dei debiti (che assomma a 15 Miliardi di Euro), le finanze allegre, chi le pagherà se non appunto tutti gli Italiani?
Un regalino ben confezionato.
Storicamente questa Roma non ha la valenza che Parigi ha per la Francia o Londra per la Gran Bretagna: è stata surrettiziamente nominata “capitale d’Italia” perché centrale geograficamente rispetto al nuovo stato creato nel 1861.
Incidentalmente ricordiamo che Parigi sta molto a Nord nel corpo della Francia e Londra è posta all’estremo Sud, vicino alla Manica, nel Regno Unito: eppure nessuno dubita lontanamente che Parigi o Londra abbiano il diritto di definirsi capitali.
Roma non è la capitale economica né finanziaria né industriale dell’Italia: lo è soltanto per quanto riguarda la (bassa) politica, ammesso che possa definirsi tale.

L’ipotesi di un’Italia centralizzata con capitale Roma è chiaramente fallita e, a quasi 150 anni dall’annessione dello Stato Pontificio, che permise la creazione di Roma capitale, bisogna sempre più rivolgere il proprio pensiero a quello illuminante di Carlo Cattaneo, che, nella stessa epoca, aveva ben compreso come questo paese dovesse basarsi su una realtà federativa di regioni, così consona alla realtà degli Stati Uniti e della vicina Germania, appunto, Federale.
La creazione di Länder largamente autonomi permetterebbe un diretto dialogo fra differenti Regioni, ad esempio fra quelle del Nord e quelle del Sud, senza l’intermediazione e l’intromissione di una Roma, che ha dimostrato di essere incapace di una distribuzione delle risorse adeguate alle regioni più in difficoltà (vedi Cassa del Mezzogiorno lo scorso secolo).
Questa mia affermazione non vuole essere una critica leghista, ma una constatazione di due fatti.
Se l’Europa occidentale va dalla Sicilia alla Scandinavia e diamo per scontato che l’asse centrale europeo sia quello carolingio, cioè fra le attuali Francia e Germania, è chiaro che Roma è molto spostata a Sud, e quindi corrobora le tesi di chi dichiara che essa è una città sostanzialmente levantina.
Inoltre c’è un altro fattore importante: le realtà regionali, che sono indiscutibili in Italia.
Per un piemontese la capitale è Torino, per un lombardo Milano, per un veneto Venezia; e così via via, scendendo la penisola da Nord al Centro (come poter dimenticare Firenze, centro linguistico ed artistico formidabile?) e poi, oltre Roma, Napoli, storica capitale non solo della Campania, ma anche del Sud, e quindi Palermo per la Sicilia.

Un esempio brillante della realtà e della solidità del sistema regionale ce lo dà ad esempio la Baviera in Germania: la Baviera, che era una regione di coltivatori ed allevatori di bestiame, è diventata in pochi decenni un grande Land industriale e postindustriale, tanto che rappresenta oggi la forza traente della Germania e, non dimentichiamolo, la Baviera da sola rappresenta 1/5 del territorio tedesco e quasi 1/4 di quello italiano.
Per fare uno sfoggio di cultura, ma anche un’affermazione storica, non dimentichiamo che Enrico il Leone (i cui monumenti sono onnipresenti) era potente quanto e più di Federico Barbarossa, suo cugino ed imperatore: parliamo di circa mille anni fa.
Per questo noi possiamo cinicamente vedere in Roma una sorta di grande imbuto, in cui tutte le altre regioni riversano fiumi di denaro e dalla quale ne ricevono rigagnoli.
E’ un’immagine un po’ forte, ma reale.
Avrei una modesta proposta: perché non spostare la capitale a Zurigo?
Sicuramente il paese Italia ne guadagnerebbe in efficienza ed organizzazione.
Negli ultimi tempi ho fatto dei sogni a colori e in bianco e nero.
In quello a colori vedo una serie di dignitari, coperti di medaglie e uniformi un po’ stantie, che partecipano rigidamente a cerimonie Ancient Régime, tutti rigorosamente con emolumenti di oltre duecentomila Euro all’anno, ma probabilmente molto, ma molto di più, e sinceramente mi sembra una schiera di pinguini imperiali, che aspettano di sfornare il loro uovo.
La foto in bianco e nero, un po’ sbiadita, vede dei partigiani laceri, emaciati, che salgono con i loro Sten inglesi il costone di una montagna, pronti ad affrontare gli attacchi e le rappresaglie dei nazifascisti.
Quale delle due immagini rappresenta meglio l’Italia Repubblicana?
Io non ho dubbi, come non ho dubbi che da quell’Italia del 1943-’45 è nata la nuova Italia, e quella democrazia è la stessa che verrà rinsanguata, da studenti e operai, nel corso del biennio 1968-’69 (per dirla con Mario Capanna, “formidabili quegli anni”).
Bisogna quindi respingere la banalità, la superficialità, l’incapacità di dare un giudizio critico alle cose e ritornare allo spirito essenziale di quei bienni, così lontani nel tempo, ma così vicini al cuore di chi li ha vissuti o amati.

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