Milano. Da romantica a scapigliata – (mostra al Castello di Novara)

Una mostra da gustare come un piatto da grande cuoco, da assaporare poco per volta, ruminando come mucche il nutriente cibo, al fine di trattenere i sapori e i colori per i giorni magri, che verranno.

Chi ama Milano e i suoi protagonisti non può mancare di andare al Castello di Novara per ritrovare in questa mostra pezzi della propria vita, visi antichi che hanno i nostri tratti, mani affusolate che compongono, con una grazia dimenticata, mazzi di fiori dai colori luminosi come gli occhi dei bambini colpiti dalla miseria o dalla nobiltà.

Qui c’è in mostra la trasformazione continua della Vita e noi che ci affanniamo a volere tutto fermo e sicuro, vediamo invece il tempo scorrere inesorabile, le tante primavere e i tanti inverni, ma soprattutto l’infinita follia umana della guerra, continua, sotterranea, imperterrita: nonostante.

Nonostante le ferite, le morti, le disperazioni che si accalcano su sagrati e piazze e noi, mai contenti, mai esausti di tanta tracotanza umana.  Le divise rosse di sangue, le disarmanti bocche aperte ad un Mistero che l’essere umano non sa accettare, lo sguardo che ti fissa dalla tela interrogante e mai ascoltato.

Una città culturalmente vivace, frequentata e amata dai viaggiatori stranieri, abitata da un facoltoso ceto borghese, ma anche un luogo in cui le differenze sociali si fanno via via sempre più marcate e nella quale gran parte della popolazione viveva in povertà.

Mi chiedo sempre come anche la povertà si trasformi, e quella che ieri era fatta di scarpe rotte e freddi giacigli e poco pane, è oggi diventata povertà di sogni e di ideali.  In quei letti freddi ci si amava e si sognava insieme. Oggi ci si divora tra genitori e figli, una competizione disumana distrugge quel tessuto che i nostri nonni avevano ricucito per noi, con sacrifici, con speranze, con tenacia.

Guardando questi quadri, gli umili interni domestici della gente comune, dove i cani e i gatti erano felici, i drammi e le difficoltà di quei tempi estrememente difficili, le loro piccole gioie, non puoi non sentirti in dismisura, oggi che hai tutto, senti che sei più povero del più povero di allora, se non saprai risvegliare quella dimensione religiosa e sacra che hai esiliato e che porta alla Vita i veri beni da custodire e distribuire, come i pani e i pesci di quel Vangelo che non sai più far parlare.

Forse oggi occorre un nuovo linguaggio scapigliato, nella trasformazione antropologica in atto occorre ancora un Cremona che sciolga tutti gli incancreniti nostri tratti, occorre ancora un Medardo Rosso che scaldi nuovamente nella cera la nostra disumana forma per rimettere in vita un umano risorto, degno della sua umana divinità.

E’ sempre un viaggio la nostra vita, che queste 70 opere appartenenti a collezioni private e pubbliche, sanno ripercorrere tra le vie , le piazze, lungo i Navigli di una Milano che rappresenta ogni città che nasconde un cuore malato solo perchè i suoi abitanti hanno scordato di avere un cuore.

Milano | Storia: la città ottocentesca di Angelo Inganni - Urbanfile BlogAngelo Inganni Veduta della piazza del Duomo con il Coperto dei Figini, 1838, olio su tela, collezione privata A - Urbanfile BlogANGELO INGANNI ( 1807 – 1880 ) : NELLE SUE VEDUTE CI FA VEDERE LA MILANO DELL'OTTOCENTO… pittore suggerito dal facebook di claudio mussolini | Nel delirio non ero mai sola

    di Patrizia Gioia

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